La rigenerazione urbana è rinascita

La moltiplicazione degli spazi dismessi e sottoutilizzati nei grandi e nei piccoli centri è un processo che si è aggravato nel corso dei duri mesi dell’emergenza pandemica, nei quali si è assistito al ritiro dalla vita sociale a favore degli spazi privati e alla dolorosa chiusura (a volte definitiva) di alcuni esercizi pubblici.

Oggi ci accorgiamo, anche su questo fronte, quanto la ripartenza sia difficile, che insieme alle risorse economiche servono nuove motivazioni e progettualità, e quanto sia basilare ricostruire un’idea di bene comune che è andata erodendosi proprio come le facciate di molti edifici lasciate a sé stesse o come le aree verdi di cui nessuno si occupa più.

Una possibile svolta viene dalla crescente entità dei contributi destinati ai comuni per investimenti in progetti di rigenerazione urbana. In prospettiva, le politiche di rigenerazione sono una leva importante per il contrasto di specifici fenomeni di degrado urbano e sociale e un concreta occasione per la ripresa dell’economia oltre che per la crescita delle comunità locali in termini di sostenibilità.

La moltiplicazione dei finanziamenti e dei provvedimenti di indirizzo sulla rigenerazione urbana (si pensi su scala lombarda alla legge regionale 18/2019, sul piano nazionale al DPCM del 21 gennaio 2021 e all’ipotizzato rifinanziamento di tali interventi con le risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) mostra quanto sia importante tornare ad occuparsi dei processi rigenerativi che riguardano la città vissuta e la cosiddetta “città di pietra” (fatta di edifici e infrastrutture) che va sottoposta a una riqualificazione soprattutto nelle componenti che la pandemia ha contributo a spegnere o ad atrofizzare.

Si tratta degli spazi che sono stati chiusi a causa della cessazione di attività commerciali o per l’interruzione delle iniziative aggregative oppure luoghi pubblici che anche in fase di ripresa rimangono sottoutilizzati (es. cortili, piazze, centri sociali) e che richiedono di essere riattivati in una nuova prospettiva.

Si badi bene che le politiche di “rigenerazione” non sono di pertinenza esclusiva dei maggiori centri urbani ma chiamano in causa anche i comuni più piccoli. A tal proposito va condivisa e sostenuta la proposta avanzata dall’Associazione Nazionale Comuni (Anci) che invita a mettere a disposizione le risorse previste dal DPCM del 21 gennaio 2021 anche dei comuni (singoli o in forma aggregata) con popolazione sotto i 15mila abitanti.

Anche in questi centri, infatti, si sono moltiplicate le aree dismesse, gli edifici inutilizzati e in alcuni casi l’obsolescenza di alloggi pubblici e privati creando situazioni che col tempo hanno intaccato la vivibilità delle aree in cui sono collocati. La rigenerazione urbana post-pandemia richiede un mix tra attenzione alle funzioni svolte dagli spazi, riavvio delle relazioni nei (e con) i luoghi e recupero di un senso delle bellezza (segno di attenzione e di civiltà) che purtroppo molte zone hanno perso nel tempo a causa dell’incuria.

Non sappiamo se questo potrà bastare a far ripartire i luoghi che prima della pandemia brulicavano di vita, ma possiamo dire che attraverso i luoghi, contro particolarismi e privatismi, va ricostruito un interesse per i beni comuni e per il bene comune, indispensabile per garantire una democrazia solidale.

(tratto da Giornale di Brescia, 24 luglio 2021)     

Foto archivio

Invia ad un amico Visualizza per la stampa

Tag

Vedi anche