15 Maggio 2023, 08.00
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Terzo settore, realtà da non penalizzare

di Valerio Corradi

Il Terzo settore produce servizi, attività e iniziative fondamentali per il benessere delle nostre comunità locali


L’esperienza degli ultimi anni
restituisce il ruolo cruciale del Terzo settore nel rispondere a bisogni semplici e complessi, soprattutto quelli connessi alle nuove forme di povertà, disagio e di sofferenza.

I molti soggetti che compongono questo variegato mondo, altrimenti definito “privato sociale” o “non-profit”, hanno contribuito a far crescere in termini ideali, organizzativi e progettuali la cosiddetta società civile organizzata che oggi deve fare i conti con lo strutturale indebolimento dei legami comunitari e con la perdita di fiducia nel futuro.

È un fatto ormai acquisito
che nell’architettura del nuovo welfare, accanto alle istituzioni pubbliche, un ruolo chiave debba essere svolto da soggetti quali fondazioni, cooperative, associazioni e organizzazioni di volontariato.

Essi sono contesti di produzione e scambio di beni e servizi secondo una logica di mutualità e reciprocità e come espressione dello spirito solidale delle comunità territoriali.

Gli scorsi mesi
sono stati importanti per questo comparto per l’emanazione di numerosi decreti finalizzati all’attuazione della nuova legislazione stabilita dalla riforma del 2017 che tuttavia sembra lontana dall’essere completata in tempi brevi.

Sul piano delle ricadute operative è di cruciale importanza il riconoscimento del Terzo settore come espressione ma anche come risorsa per il territorio.

Da qui il doveroso impegno a mettere le realtà che lo compongono nelle migliori condizioni per progettare servizi, rispondere a bisogni e per creare valore per le stesse comunità.

Gli attuali problemi sociali, economici e ambientali richiedono di stabilire nuove sinergie tra tutti gli attori in gioco sul territorio e quindi tra enti di privato sociale, realtà pubbliche e soggetti di mercato.

Queste relazioni, nel tempo e nei vari contesti locali, hanno assunto forme diverse, a volte anche problematiche, ma sono indispensabili per il benessere sociale e come tali vanno sostenute.

Non è casuale che la stessa Riforma insista sull’esigenza di ridefinire i rapporti tra gli enti sulla base del principio di collaborazione auspicando il superamento dell’insensata concorrenza tra assistenza pubblica e “privata” così come dell’idea che gli enti di Terzo settore siano solo dei fornitori di beni e servizi per la pubblica amministrazione.

Sull’altro versante, è altrettanto chiaro che dalla sola economia di mercato possono arrivare solo risposte parziali e che molte di queste rischiano di far diventare i bisogni dei cittadini e i diritti, un terreno di contesa e di competizione.

Ecco allora
che coltivare virtuose sinergie tra Terzo settore, enti pubblici e realtà “for profit” può rilanciare un modo responsabile di operare che liberi risorse a beneficio dell’interesse collettivo.

La portata dei problemi attuali richiede dunque una nuova logica di azione di tipo collaborativo a più livelli all’interno di un clima culturale nel quale essa appare tutt’altro che scontata.

In un volume di alcuni anni fa il sociologo Richard Sennett, nel rilevare la necessità impellente per i cittadini di tornare a imparare l’arte della collaborazione, notava che la tendenza dell'essere umano a cooperare su progetti concreti, avesse conosciuto un notevole arretramento con l’avvento della società digitale portatrice di relazioni smaterializzate e individualizzate.

Le ripetute crisi degli ultimi anni non hanno attenuato questa tendenza, ma hanno fatto crescere forme di isolamento, di distacco e di narcisismo certamente non prodromiche alla costruzione di relazioni comunitarie autentiche.

In questo quadro remare contro o mettere in discussione lo status identitario del Terzo settore rischia di indebolire irreparabilmente la capacità di fornire risposte ad alcuni impellenti bisogni delle nostre comunità e di sminuire il messaggio culturale sul concreto valore della cooperazione di cui queste realtà sono testimoni e senza il quale i nostri territori sarebbero socialmente ed economicamente più poveri.

(tratto dal Giornale di Brescia)



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