04 Marzo 2024, 09.41
Blog - Genitori e figli

Selfie, una mania comune

di Giuseppe Maiolo

Il selfie sembra diventato una “mania”, intesa non come disturbo mentale ma come comportamento comune, di tendenza


La tecnologia ci aiuta o ci condanna. Qualche volta entrambi, ma tutto dipende da noi. Grazie alla tecnologia abbiamo “inventato” il selfie, l’autoscatto che già c’era e mandato in soffitta la parola italiana, non il gesto. Anzi il selfie sembra diventato una “mania”, intesa non come disturbo mentale ma come comportamento comune, di tendenza.  È un riprendersi ovunque, da soli o con altri, un po’ moda giovanile e po’ impulso che spinge a fotografarsi e poi mostrarsi all’universo mondo.

Qualcuno ha coniato anche il termine “Selfite” per dire che può essere una specie di disturbo ma, personalmente lo trovo eccessivo. È un mettersi in mostra che può far parte del bisogno di avere conferme e apprezzamenti da cui trarre appagamento.

Il selfie se gesto ripetuto, può avvicinarsi alla ricerca spasmodica di un’immagine perfetta da offrire agli altri, oppure bisogno di un’identità che definisca quel “chi sei” mutevole, articolato e fluido che viviamo nel quotidiano.

Qualche anno fa “Selfie mania” è stato un film a episodi diretto da quattro registi tra cui F. Colangelo, che indugiava più sulla dipendenza dallo smartphone che sul motivo che spinge un po’ tutti a fotografarsi in continuazione. Autoriprendersi dappertutto, in mille pose diverse, è di solito un comportamento adolescenziale che segnala l’insistente necessità di esserci agli occhi degli altri e allude a un’identità in costruzione. Ma non solo.

Lo fanno anche gli adulti, gli anziani, le famiglie intere i cui membri si mostrano sorridenti e felici. Più che agli altri quell’esibizionismo serve ai protagonisti per esorcizzare i volti problematici che abbiamo, le difficoltà di tenere insieme le nostre varie parti e convivere con altri sotto lo stesso tetto. Può essere lo spauracchio del conflitto o dell’incomprensione, ma pure il terrore della solitudine. Oltre a questo nei selfie c’è il bisogno di condividere il nostro modo di essere social che ai tempi dell’autoscatto mancava.

Selfie come pratica di moda, ma anche traccia di vanità a costo zero. Non tanto un punto nero o negativo ma nemmeno un peccato mortale. Forse veniale perché esprime il bisogno di dare spazio al proprio “Narciso” interiore, cioè il “piacere di piacere”. Che è un narcisismo utile allo sviluppo in adolescenza e può aiutare a perdere la paura di essere guardati, l’imbarazzo e la vergogna del corpo o il terrore di quei vertiginosi cambiamenti che attraversano quella decisiva fase della vita.

Se tralasciamo la sindrome da selfie, che ci può stare ma ha bisogno ancora di ricerche psicologico-psichiatriche, il moderno strumento dell’autoscatto, può servire ad evidenziare il piccolo sé che ci accompagna e ci consente, prima di tutto, di far crescere l’autostima. Non è un male, anzi. Perché per diventar grandi e sviluppare il vero sé creativo, abbiamo bisogno di credere in noi stessi. A patto però che in questa “Modernità liquida” ( Z. Bauman, Laterza, 2017) si sappia contenere con le nuove tecnologie il culto spropositato dell’immagine e quel diffuso esibizionismo per nulla costruttivo a livello relazionale.

Giuseppe Maiolo
psicoanalista
Università di Trento
Docente di psicologia delle età della vita
www.iovivobene.it


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