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domenica, 7 aprile 2024 Aggiornato alle 08:00Blog - Genitori e figli

Indifferenza. Il peggiore dei sentimenti

di Giuseppe Maiolo
Ho già detto dell’indifferenza parlando di adolescenti. Ma la parola “indifferenza” non appartiene solo alla condizione giovanile, è un modo di essere di tutti

È la distanza emotiva che ti fa assistere a due che si accoltellano senza partecipazione come pure vedere popolazioni che si massacrano e bambini uccisi ogni giorno con uno sguardo distante e senza vera indignazione per l’aumento delle spese militari e l’invio di armi.

E l’indifferenza, che in psicoanalisi è il \diniego\ cioè il negare, e il rifiutare qualcosa che non vuoi vedere, ti tiene lontano da tutto e prima di ogni cosa è individuale e poi collettiva.

Però si diffonde, si imita, si coltiva e noi abbiamo imparato a costruire muri esterni perché prima di tutto ci sono quelli interni che dovrebbero servirci per stare distanti dalle seccature altrui, non vedere la sofferenza e camminare indisturbati.

Un comportamento che spesso coincide con il narcisismo diffuso della nostra epoca che insieme alla cultura dell’individualismo annulla empatia e condivisione. L’altro è importante fin tanto che ci dà benessere e ci assicura felicità, altrimenti non lo sentiamo “utile”, anzi diventa pericoloso perché diverso da quello che si voleva.

Così chiudiamo il contatto emozionale, azzeriamo la partecipazione affettiva e proviamo freddezza e distacco, come spesso accade online.  Del resto la tecnologia annulla la distanza fisica ma aumenta quella emotiva.

Però ci è stata insegnata l’indifferenza, con martellanti inviti fin da piccoli a “non ti curar di lor ma guarda e passa” rivedendo un verso di Dante sugli ignavi, gli indifferenti. Ma l’abbiamo imparata presto questa distanza affettiva come protezione da ciò che è diverso, difficile da capire o faticoso da accettare. E allora, come genitori. insegnanti o educatori, insegniamo a non prendere posizione e a non immischiarsi negli affari degli altri.

Di certo l’indifferenza è una scelta consapevole per evitare le frustrazioni. È noncuranza, distacco, apatia, silenzio, vuoto di pensieri condivisi. È avvilente scoprire che di fronte a un accoltellamento tra ragazzi, in famiglia non si discuta e a scuola non si commenti. Spente le luci della cronaca, tutto torna come prima.

Però produce solitudine e isolamento come dice lo psicologo Ugo Morelli (“Indifferenza. Crisi di legame sociale, nuove solitudini e possibilità creative” Castelvecchi 2023) che la vede connessa alle grandi crisi sociali che stiamo attraversando.

Ma quell’essere convinti che non vi sia nulla che ci riguardi degli altri, alla fine ci rende complici del male e al contempo ci priva di domande per capire cosa accade attorno a noi. L’indifferenza è un rifugio e una negazione dei legami sociali, più di tutto il rischio di non avere strumenti per riconoscere gli orrori della violenza, perché la percepiamo come normale e la giustifichiamo come facciamo con le guerre divenendo incapaci di dialogo e mediazioni.

L’indifferenza anestetizza, azzera la comunicazione, impedisce l’empatia e, come diceva Elie Wiesel, scrittore e premio Nobel per la pace, va considerata il peggiore dei mali. Aggiungeva che “Il contrario dell’amore non è l’odio, ma l’indifferenza; il contrario della vita non è la morte ma l’indifferenza. È contro di essa che bisogna combattere con tutte le proprie forze.

E per farlo un’arma esiste: l’educazione.”

Giuseppe Maiolo
psicoanalista
Università di Trento
Docente di psicologia delle età della vita
www.iovivobene.it