21 Marzo 2011, 10.02
Pillole di Psicologia

Codipendenza

di red.

Puň capitare di lasciarsi coinvolgere dai problemi altrui al punto da non pensare ad altro e non occuparsi piů dei propri.

In gergo tecnico, con la parola "co-dipendente" si definisce il  comportamento di chi è legato fortemente ad una persona che mostra chiara una patologia. Può essere il partner, un figlio o semplicemente un amico.
Può sembrare facile definire le persone che vivono questo problema come smidollate, ma è meglio non saltare a conclusioni affrettate: essere co-dipendenti è fonte di grande sofferenza.
 
La  prima Conferenza Nazionale sulla Codipendenza si tenne negli U.S.A. nel 1989 e da allora il termine "co-dipendenza" ha assunto molteplici significati.
Gli addetti ai lavori di questo primo incontro di specialisti sul tema, la definirono come "un insieme di comportamenti tipici, caratteristici di partner/familiari di soggetti affetti da dipendenze, da altri disturbi psichiatrici, disturbi compulsivi o di personalitĂ " o ancora "un modello di dolorosa dipendenza da comportamenti compulsivi e dall'approvazione altrui allo scopo di trovare sicurezza, autostima ed identitĂ ".

A chi si lega essenzialmente il co-dipendente?
Le problematiche a cui questo termine viene piĂą spesso abbinato sono innanzitutto il disturbo borderline di personalitĂ  e gli altri disturbi analoghi, la tossicodipendenza, l'alcolismo, la dipendenza da sesso o da gioco d'azzardo e in generale a tutti i disagi psicologici che spingono i familiari, il partner, un amico, un figlio, ad annullare se stessi per dedicarsi completamente all'altro.
In alcuni casi, il disturbo del partner non è stato necessariamente diagnosticato e non risulta evidente a tutti, fattore che peggiora la condizione del co-dipendente, poichè vive un disagio non compreso dagli altri e talvolta nemmeno da se stessi. 
 
Cosa accade nella vita di un co-dipendente?
La persona perde in qualche modo la propria identitĂ  e si centra completamente sull'altro, polarizzandovi i propri pensieri, le proprie risorse economiche, il proprio tempo, la propria vita sociale e investendo una quantitĂ  di energia tale da annullare qualsiasi spazio per se stessi.
Ovviamente la persistenza di questo stato provoca col tempo un alternarsi di sentimenti ambivalenti verso il "carnefice" che vanno dalla rabbia per la mancata gratitudine, al senso di colpa che segue immediatamente questo rabbia, in un circolo vizioso molto difficile da estinguere.
 
Questa condizione di schiavitù emotiva può raggiungere stati patologici, con il manifestarsi di sintomi ansiosi, depressivi, somatizzazioni, alterazioni dell'alimentazione e del sonno.
Nei casi piĂą gravi, possono verificarsi anche idee suicidarie e ideazioni paranoidi che possono spingere a gesti inconsulti.
 
Tutti possono diventare co-dipendenti?
In linea generale sì, anche se alcune strutture di personalità sono più predisposte ad incorrere in questo tipo di simbiosi.
Alcune persone sembrano avere una naturale tendenza ad impegnarsi sempre in relazioni in cui vengono prevaricate e vessate, definendosi poi sfortunate.
In realtà, anche se in modo inconsapevole, queste persone possono scegliere senza rendersene conto partner problematici. Questo può accadere perchè hanno avuto modelli di relazione (vedi mamma e papà) di questo genere, o perchè possono sentirsi bene con se stessi solo annullandosi in un altro, anche per evitare di fare i conti con le proprie personali difficoltà.   
 
Cosa fare?
Uscire da una relazione di co-dipendenza è un'impresa molto complicata.
Il primo passo da fare è sicuramente quello di riconoscere la proprio condizione di schiavitù emotiva.
Anche se ci fa i conti, non è sicuramente facile per un co-dipendente ipotizzare di lasciare il partner, anzi talvolta non è nemmeno auspicabile, perchè se non si affronta il problema, non si farà che ricadere in situazioni analoghe.
Meglio una psicoterapia di coppia, che aiuta sè, il partner e la relazione
 
da www.psicocafe.it


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