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sabato, 10 dicembre 2022 Aggiornato alle 08:06La riflessione

What is a woman?

di Marzia Sellini
 “Cos’è una donna?”. Un documentarista, tale Matt Wals, in un suo recente filmato, che sta facendo scalpore in America, ha posto la domanda ad intellettuali e scienziati...

 Una domanda tanto semplice, elementare e banale quanto complessa pare esser diventata, in questi nostri tempi la risposta, nessuno degli intervistati infatti è stato in grado di replicare in modo esauriente e tempestivo alla sua istanza.

Tentiamo qui di offrire una breve mappa orientativa.
Innanzitutto riconosciamo che così posta essa richiede una definizione. E che è una definizione? Una definizione è un’asserzione linguistica volta a descrivere con precise parole “cosa è” e “cosa non è” quella certa “cosa”. Vale a dire, si tratta di un’affermazione volta a stabilire l'eguaglianza di un oggetto rispetto a sé stesso.
Per cui, a partire dalla logica aristotelica, secondo il principio di non contraddizione, si stabilisce, per esempio, che “una donna”, non è e non può essere “una non donna” e seguendo il principio d’identità, soggetto - predicato, non aristotelico, “una donna è una donna”.
Ne deriva che una donna non è un uomo.

Ma una donna può essere ritenuta una cosa?
Nasce qui l’antica disputa relativa al rapporto tra il pensiero e la cosa ed il nome e la cosa. Disputa antica questa, nota anche come controversia sugli universali, che originò nel Medioevo, proprio intorno al quesito se i generi e le specie fossero solo realtà mentali, oppure avessero una realtà oggettiva al di fuori della mente, e, in questo ultimo caso, se fossero realtà corporee o incorporee, se esistessero separate o solo nelle cose sensibili.

La formulazione del problema, sorta dalla lettura alle Categorie di Aristotele, si trova nelle prime righe del testo “Isagoge” di Porfirio, il quale, ahimè non fornisce alcuna soluzione. Rinvio il lettore interessato alla lettura dei miei articoli scientifici.

Se prendiamo come riferimento le cosiddette scienze dure, possiamo oggettivizzare quell’organismo e fare quindi delle affermazioni con un alto grado di validità (cosi si esprime la scienza). Per esempio, per la genetica è ovvio accertare le differenze, tra maschi e femmine, in quanto diverso è il loro patrimonio genetico.

La femmina(1)  è quell’essere vivente, appartenente alla specie umana che ha un patrimonio genetico specifico, riporta i cromosomi XX, e si differenzia da quello maschile che invece ha come cromosomi XY.
Anche per la biologia il riconoscimento può risultare piuttosto semplice poiché, ha come caratteristica discriminante il sesso, ovvero quel complesso di caratteri anatomici, morfologici, fisiologici, che determina e permette di distinguere le femmine, dai maschi.

Peraltro, l’origine etimologica latina del termine “sesso”, vuol dire appunto “diviso” o “separato.

L’osservazione degli attributi primari e secondari sessuali(2), permette di stabilire, con certezza chi è maschio da chi è femmina.
Eppure vi sono, anche nella specie umana, individui che presentano sia caratteri sessuali secondari maschili, che femminili, questa particolare condizione viene definita storicamente ermafroditismo, recentemente intersessuale.

Arriviamo alla definizione “donna”, in questo caso ci si riferisce all’organismo adulto della specie umana, che può riprodursi mediante l’accoppiamento sessuale e nel quale, a partire dalla pubertà, s’è compiuto il processo di differenziazione dei caratteri sessuali primari e secondari (parliamo di dimorfismo sessuale).
Quindi possiamo a questo punto concludere che uomini e donne non ci si nasce, si diventa.

Una donna in effetti non è mera materia organica, non è una “cosa” oggettivabile, trattabile come un soprammobile, un bene di consumo, o un orpello pari a una cravatta … Non credete?
Alcune intellettuali sostengono che sia un’assunzione della mentalità mafiosa - fenomeno che interessa la società intera in quanto avanguardia capitalistica - quella che commercia e usa l'umano come "cosa".

Possiamo riconoscere il fatto che gli esseri umani
non sono fermi ed immobili come dei vegetali, nemmeno mossi da istinti come accade agli animali, ai primati e alla categoria dei mammiferi, gli esseri umani pensano, sentono, agiscono e comunicano.
Se prendiamo come riferimento gli studi umanistici (filosofia, pedagogia, sociologia, antropologia, psicologia, letteratura,  storia, la storia dell'arte, la filologia, semiotica, le arti visive, le arti performative), abbiamo una vastità di accezioni, visioni e letture che da tale termine scaturiscono. In tal caso il parametro di riferimento non è il “sesso”, ovvero il referente biologico, bensì il “genere”, costrutto che permette di includere molte componenti della persona, quali per esempio l’immagine corporea, le sue ragioni di vita, i suoi ideali, i suoi vissuti emotivi, i suoi sentimenti, il suo modo di rappresentarsi, la sua cultura, la sua condizione socio-economica, il suo status, la sua storia di vita, etc.  A punto dovremmo passare dalla domanda, “Cosa è una donna?” alla domanda: “Come si comporta una donna?” ed aggiungere l’avverbio di tempo: “oggi”.

Breve parentesi: perché ci si sta ponendo questa domanda proprio in questi tempi? Oggi?”
Tento di fornire quindi un quadro che include alcune ragioni:

a) in primo luogo perché proprio nell’alveo della medicina sono state apportate significative modifiche nelle sue pratiche, consentendo il raddoppiamento del tempo di vita e mutamenti somatici una volta inimmaginabili;

b) inoltre, poiché la legge oggi è cambiata, sulla scorta della pressione di alcuni movimenti, così è stato legittimato in Italia con la Legge 14 aprile 1982, n. 164, che le persone, alle quali viene certificata una diagnosi di “disturbo dell’identità di genere” possono, con adeguati interventi medico-chirurgici, modificare i loro caratteri sessuali in corrispondenza a quelli del sesso al quale il soggetto sente di appartenere o, quanto meno, secondo cui ruoli socialmente definiti intende vivere (3). 

Se pensiamo alla chirurgia ricostruttiva, abbiamo operazioni delicatissime ed invasive come gli interventi di conversione, la metoidioplastica; ed ancora, poiché la letteratura comincia a riferire casi di bambini che “cambiano genere” a 5 anni e di alcuni di loro che poi si pentono dei mutamenti apportati al corpo, di genitori che finiscono sotto processo perché si oppongono alle loro istanze, di fiumi di denaro che corrono di pari passo al fiume ideologico che scorre nel tanto declamato Occidente. E’ chiaro che in tutto questo scenario di mutamenti i genitori oggi hanno nuove preoccupazioni, temono che i loro figli possano soffrire o avanzare richieste per loro difficili da accettare o sostenere;

c) a tutto ciò vi è da aggiungere che, se nella società contadina e in quella industriale, il nucleo fondante la società era la famiglia, oggi, nella cosiddetta società postindustriale o della comunicazione il nucleo centrale su cui si costruisce la vita sociale sono gli individui, i singoli, un vero e proprio ribaltamento culturale.
Secondo una recente ricerca condotta dall’Istat, infatti, i cosiddetti single, soggetti liberi che non hanno impegni ufficiali sentimentali o soggetti separati o divorziati che vivono per loro conto (33%) hanno superato, in termini numerici, in Italia, quello delle coppie che hanno figli (31,2%). La situazione però è circoscrivibile all’Italia, perché in altri Paesi le cose non stanno proprio così;

d) infine perché in una società globalizzata, multiculturale, postindustriale, liquida come quella attuale i dibattiti su come ci si debba rappresentare, oggi, per essere riconosciute come donne, si sono ampliati molto(4).
Ora le rappresentazioni delle donne nella cultura africana divergono da quella araba, da quella cinese, da quella americana e da quella europea. Esistono allora delle caratteristiche di personalità che possono aiutare a riconoscere una donna?

La ricerca mostra che si riconoscono e attendono dalle donne tipicamente certuni atteggiamenti, per cui si vengono a creare stereotipi ed attribuiscono al femminile attributi quali, per esempio quelli di: amorevole, fresca, piagnucolona, attenta, umile, interessata, attraente, emotiva, prudente, capricciosa, eccitabile, sognatrice, affascinante, bassa, sentimentale, incantatrice, delicata, compiaciuta, frivola, sofisticata, nervosa, loquace, dipendente, perseverante.

Ciò vuol dire che abbiamo a che fare con tratti stabili, caratteriali o di personalità?
No, non sono essenze intrinseche agli individui differenziate in base al genere, piuttosto sono il prodotto di apprendimenti, in relazione al ruolo che viene loro assegnato, in quel contesto, in quella comunità, in quel particolare gruppo culturale o in quel particolare periodo storico.

Nelle culture matrilineari, per esempio, la figura che prevale non è soltanto la donna, ma lo zio materno che svolge una funzione «giuridica» prendendo per i nipoti decisioni importanti.
Il padre biologico, pur convivendo e avendo rapporti affettivi coi figli, ha un ruolo secondario. Ciò spiega il «complesso avuncolare» del quale parla Bronisław Malinowski a proposito dei trobriandesi, secondo il quale, essendo la relazione più importante quella tra zio e nipote, non si verificano nelle famiglie quella concentrazione di funzioni nella figura del padre che portavano al complesso di Edipo, vale a dire alla ostilità del figlio verso il padre. Per cui, di fatto, i figli nati da un matrimonio non escono mai dal gruppo della donna.

Avviandoci verso la conclusione di questo breve saggio
possiamo asserire che si vengono a definire le diverse qualitas del “femminile” e del “maschile”, dal punto di vista psicologico, ovvero di proprietà che caratterizzano quella persona, come specifico modo di comportarsi, soprattutto in relazione a particolari aspetti, condizioni, attività, funzioni e utilizzazioni estetiche, intellettuali, morali.
Ora, questi modi caratteristici di agire, sentire e comunicare da chi stono stabiliti? Nel caso dei contesti istituzionali (casa, scuola, chiesa, ospedale), condotte e comportamenti sono stabiliti dalle normative e dalle consuetudini o regolamenti interni. Nel caso invece delle organizzazioni spetta a quella particolare società definire il piano d’azione ed i giudizi di valore per la condotta. Ciononostante le qualitas del maschile e femminile possono coabitare, in quantità diverse, in ciascun individuo.

Dott.ssa Marzia Sellini (psicologa, psicoterapeuta)

note:
1  Attenzione non parliamo di donna, costrutto più complesso che non si limita a considerare il mero campo organico.

2  Per caratteri sessuali primari s’intendono le gonadi maschile e femminile (testicolo, ovario); mentre i caratteri sessuali secondari sono, gli organi copulatori e i particolari adattamenti morfologici e fisiologici che possono influenzare il successo riproduttivo individuale.

3  L’intervento deve essere autorizzato con sentenza del tribunale, emessa su domanda dell’interessato e deve essere considerato la tappa finale di un lungo iter, condotto secondo protocolli ben definiti, finalizzato all’elaborazione delle complesse componenti di una condizione esistenziale che si è andata radicando, creando un profondo malessere.
È per questo motivo che il soggetto deve giungere agli interventi chirurgici attraverso un percorso che assicuri, oltre una corretta diagnosi differenziale, l’assunzione di responsabilità di una scelta effettivamente consapevole.
Lo scopo dell’intervento di conversione è armonizzare l’aspetto esteriore del corpo al vissuto d’identità della persona, operando quelle trasformazioni morfologiche consentite dalle attuali tecniche chirurgiche, con l’obiettivo di ottenere una migliore qualità di vita della persona.

4  Si calcola che, se parliamo in termini di etnie, quella cinese sia salita a 1,412 miliardi di anime nel 2020, rispetto a 1,339 miliardi del 2010, quando si era tenuto l'ultimo censimento.
Oggi gli Arabi sono circa 450 milioni, la maggior parte dei quali vive nei paesi aderenti alla Lega araba, e costituiscono di fatto il secondo gruppo etnico al mondo per dimensione dopo i cinesi Han.
La popolazione africana è oggi di circa 1,4 miliardi di persone, di queste, il 60% ha meno di 24 anni. Un continente colmo di bambini e ragazzi, costretti per lo più a vivere sotto la soglia di povertà.
Nel 2050 avrà raggiunto i 2,5 miliardi. Insomma in progressione sappiamo che aumenterà a dismisura e si assesterà, alla fine del secolo, a circa 4,3 miliardi di persone. Quasi la metà della popolazione terrestre sarà quindi africana.


 

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