13 Marzo 2022, 08.10
Blog - Maestro John

Il mio canto libero

di John Comini

Abbiamo sempre cantato canzoni di pace. Ora sotto le bombe c’è chi canta per vincere la paura. E tanti accolgono gente che ha perso tutto. Infine, uno spiedo solidale


Quante canzoni all’oratorio, in chiesa, in colonia, al campeggio intorno al fuoco. Canzoni di fratellanza, di rispetto della natura, di pace. Durante le funzioni religiose si cantava la versione italiana di “Blowin’ in the Wind” di Bob Dylan:

“Quante le strade che un uomo farà
e quando fermarsi potrà?...
Quando tutta la gente del mondo riavrà
per sempre la sua libertà?
Risposta non c’è, o forse chissà,
caduta nel vento sarà.”


A scuola era tutto un fiorire di canzoni patriottiche. Da “La leggenda del Piave” a “Monte Grappa”, che venivano suonate dalla banda musicale nelle piazze.
Sui banchi dei negozi c’erano le scatoline con l’immagine di un bambino africano: “Offerte per le missioni”. E accanto al negozio di biciclette del Mario Rizzi c’era l’altoparlante del Gruppo Missionario che continuava a ripetere: “Ogni giorno nel mondo migliaia di bambini muoiono di fame… ”.

Raoul Follereau aveva chiesto a USA e URSS di dedicare il costo di un bombardiere per vincere la lebbra. Le due grandi potenze rinunciarono, e ora i bombardieri sono abbandonati nella polvere, ormai obsoleti.

Si parlava di pace basata sulle bombe nucleari: una guerra avrebbe significato la sparizione dell’umanità. Il complesso dei “Giganti” cantava “Noi non abbiamo paura della bomba atomica”, e “Mettete dei fiori nei vostri cannoni”, la canzone che cantavo con gli amici Deni Giustacchini alla batteria, Paolo Goffi (ora don a Rezzato) al tamburello ed il caro Teddy eccelso chitarrista.

A Messa si cantava “Evenu shalom alehem”, basata su una canzone popolare ebraica e con strofe in varie lingue:

“Diciamo pace al mondo,
cantiamo pace al mondo
la nostra vita sia gioiosa,
e il mio saluto – pace - giunga fino a voi.”


Non c’era ancora il dramma dei migranti, e all’oratorio ci stupivamo che in America ci fosse il razzismo e che i neri non potessero salire sugli autobus dei bianchi.
Cantavamo “Di che colore è la pelle di Dio” e “Anche tu sei mio fratello” (anche se in dialetto si dice “Amùr de fradèi, amur de coltèi”…).

Lontane da noi c’erano tante guerre, come quella del Vietnam. Gianni Morandi cantava “C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones”. E pensare che la canzone venne censurata dalla RAI…

Imparavamo le canzoni dei cantautori al jukebox dell’oratorio: “La guerra di Piero”, “Generale”, “Canzone del bambino nel vento (Auschwitz)”. In questo mondo di tristezze e di cattiverie, la musica ti apre la mente, ti dona emozioni profonde.
Ci fu la dittatura in Cile: ricordo gli Inti-Illimani in concerto al campo sportivo di Salò, e lo slogan: «El pueblo unido jamás será vencido».

Gli amici del Coro La Faita hanno cantato le struggenti storie del sacrificio dei nostri alpini durante la ritirata di Russia. Le tragedie di questi giorni avvengono in quelle stesse pianure del Don. E quando si parla di Chernobyl, mi viene in mente il caro Bruno Filippini, anima dell’Associazione “Gavardo Insieme per voi”, che grazie alla generosità di alcune famiglie ha accolto in Valle Sabbia bambini e ragazzi vittime del disastro della centrale nucleare.

Dall’Ucraina attraverso i video giungono immagini commoventi.
Come Irina, pianista ucraina professionista, che, dopo averlo pulito dai detriti, suona per l’ultima volta il pianoforte per dire addio alla casa bombardata.

Come Amelia, la bambina che canta “Let it go”, la canzone del film Frozen, in un rifugio antiaereo di Kiev. Appena ha iniziato a cantare, nel bunker stipato di famiglie coi bambini è sceso un completo silenzio. Tutti sono rimasti incantati ad ascoltarla. Nemmeno gli uomini sono riusciti a trattenere le lacrime. La bambina cantava felice, con gli occhi chiusi, portando un raggio di luce nel buio della guerra.

“La neve cade bianca sulla montagna stanotte
non si vede nemmeno l’impronta di un piede
un reame di isolamento, e sembra che io sia la Regina.”


Quando noi grandi smetteremo di ucciderci?
Quando ascolteremo la voce dei bambini?

In questi giorni vari Comuni e associazioni, condividendo le informazioni di ATS e della Prefettura sull’accoglienza dei cittadini in fuga dall’Ucraina, si stanno organizzando per accogliere nel miglior modo possibile i profughi. Come canta Renato Zero: “Stringimi forte che nessuna notte è infinita... ".
 
Infine, ricordo che domenica 20 marzo dalle ore 12 presso l’oratorio di Gavardo ci sarà un gustoso spiedo da asporto per aiutare i bambini del Saharawi di cui si occupa l’associazione Rio de oro. Portare contenitori propri per spiedo, patatine e per l’intingolo (mhm che fàm!). Prenotarsi entro giovedì via whatsapp o messaggio al numero 349.7532581 Eleonora oppure 392.6453865 Mahfud.

Ci sentiamo la settimana prossima, a Dio piacendo. W il Chiese! W la Pace!

Maestro John

Nelle foto:
1) Angiolino Goffi e Cesare Polvara (futuro monsignore) bravi chitarristi
2) Il gruppo dei musicisti all’incontro annuale con i “vecchi” curati a Limone
3) Amelia canta felice nel bunker
4) Bambini del Saharawi e amici dell’associazione Rio de oro




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