05 Gennaio 2021, 07.08
Blog - Circolo Scrittori Instabili

Natale! No, Dario

di Bianca Patrizi

Mi accendo una sigaretta appoggiata alla ringhiera del balcone di casa. Maura, spaparanzata nella poltroncina di vimini fuma qualcosa di più pesante...


«Ringrazia il cielo di non doverti sottoporre alle analisi anti-doping!», commento acida.

«Senti l’esperta!», sghignazza lei, «Il doping è proprio la tua specialità». Capisce che non ho capito e precisa: «Sai, quella pratica anglosassone di rimandare a più tardi… ».

La mando a quel paese con un gesto della mano. Spero che smaltisca l’effetto della maria prima dell’arrivo dei miei vetusti commensali, perché i suoi giochi di parole potrebbero provocare qualche sconquasso. Ad andar bene, perché con Maura è sempre così. L’ultimo suo sms recitava:

«Ciao tesoro. Abbiamo un problema e dobbiamo PORCI rimedio. Parlavo col salame in frigo e mi ha dichiarato che si rifiuta di farsi affettare se non ci sei tu».

La mia risposta era stata automatica: «Rimedio: ACCETTA salame e situazione».

Penso con orrore a quello che potrebbe accadere a pranzo, perché lo so che le sue provocazioni sono come le vignette che Barbara Favaro invia sul gruppo degli Scrittori Instabili: irresistibili. So già che sarà un fuoco di fila di battute e controbattute, di sussulti e trasalimenti che metteranno a dura prova la già precaria senilità di alcuni invitati. E io nel mezzo a cercare di arginare l’inarginabile. Sudo.

Il gruppo è eterogeneo: la mamma a un passo dai novanta, sorda, fragile come cristallo e acuta come un triangolo isoscele; lo zio con la moglie logopedista, irreprensibili; il cugino di lei, un don traballante e balbuziente; una lontana parente suora, ingenua e serafica; la vicina extracomunitaria, vedova bianca con due pargoli curiosi e turbolenti; il matematico in odor di omosessualità, che rifugge il coming-out con indignata testardaggine; il benzinaio di colore, laureato in ingegneria che ha attraversato il Mediterraneo su un gommone affollato; mio fratello e mia cognata con i figli e… lei, Maura.

Dal balcone li vedo arrivare tutti in lenta processione: i più in gamba che sorreggono i più malandati. Spengo la sigaretta nel portacenere e guardo in alto, in una muta implorazione all’Universo, poi entro in sala da pranzo per dare un’ultima occhiata al tavolo più addobbato dell’albero. Anche lo stereo è sull’attenti pronto a far partire il CD con la raccolta di musiche natalizie per creare l’atmosfera.

«Ben arrivati», sorrido a zio e logopedista, «Come siete stati in montagna? Cervino, vero?»

«Siete stati a Roma?», s’informa Maura cortese prendendo i loro cappotti e tutti e tre ci blocchiamo un attimo perplessi. Eppure è forte in geografia. «Non è la domanda dei clienti all’oste romano?», chiede.

«Ringraziando il Signore ce l’abbiamo fatta», sospira la suorina entrando, «la Madre Superiora è stata ricoverata in ospedale e temevo di non poter partecipare».

«Cosa le è successo?», domando contrita e partecipe togliendole dalle spalle il cappotto logoro.

«Un attacco di appendicite.»

«È giusto qui in corridoio», precisa Maura sfilandomelo dalle mani, «l’attaccapanni per scimmie», prendendo il don sotto braccio.

«A-avete se-sentito l’omelia del Pa-papa?», domanda il prelato, «A-affollata fino all-all’inverosimile, la Ba-basilica».

«Non a caso è la chiesa più aromatica!», sorride Maura guardandolo con affettuosa comprensione.

«Guarda! Guarda cosa mi hanno regalato!», esulta il figlio della vicina fiondandosi in casa, «Una cerbottana!».

«Fa’ vedere!», Maura si china e la esamina con ammirazione, «Un cervo femmina di facili costumi, eh?»

«E a me una balestra!», grida suo fratello saltellandoci intorno.

«Una sala ginnica per gente di colore, vuoi dire?», chiede conferma Maura e l’ingegnere del Senegal che è appena entrato la guarda ridendo.

«Razzista?», le chiede già contagiato.

«Sai com’è, il mondo è pieno di fabbricanti di razzi!», e ridono all’unisono.

«Tieni», mi sussurra mia nipote facendomi scivolare furtivamente qualcosa in tasca, «la nonna l’aveva ancora nei capelli».

Guardo l’oggetto misterioso e mi stupisco: «Un bigodino?»

«Data l’età cosa ti aspettavi?», chiede l’onnipresente Maura, «Un doppio orgasmo piccolino mi pare più che sufficiente».

«Mamma! Mamma!», gridano in coro i due figli della vicina extracomunitaria sventolando un quaderno, «Cosa vuol dire addendo?»

Il professore di matematica prende fiato, ma l’ingegnere del Senegal è già partito in quarta: «È l’urlo della folla quando a Nairobi, stai per calpestare una merda».

Guardo mia madre e tremo. Questa è una delle due parole che in sua presenza è vietato pronunciare. Affannata, dribblo, rivolgendomi a mio fratello.

«E il vostro scoiattolo?», chiedo, «Ancora intento a rosicchiare noci?»

«Più che mai!», mi sorride grato; anche lui è in ansia per l’aritmia di mammina che ultimamente ci ha dato qualche preoccupazione.

«Ma lo sai, zia», annuncia festoso mio nipote, «adesso abbiamo anche un culo».

Ecco, penso, questa è l’altra parola vietata.

«Un cuculo», lo corregge paziente mio fratello.

«Un gay balbuziente?», chiede Maura e il gelo che scende sui commensali è ormai palpabile.

«La balbuzie si può curare facilmente al giorno d’oggi», commenta la logopedista catalizzando l’attenzione e io sospiro di sollievo per il diversivo, «una terapia psicologica o un corso di dizione danno ottimi risultati. Ne avevi seguito uno anche tu tempo fa, mi pare».

«È vero, al San Clemente a Brescia», confermo con la speranza che parlar di Santi sia di aiuto, «fonetica e dizione. Con un‘ottima insegnante».

«Fonetica?», si stupisce Maura, «Ho sempre pensato che fosse una disciplina che regola il comportamento degli asciugacapelli». Poi sorridendo porge il piatto degli antipasti a mia madre: “Due calamari? Anche se sarebbe meglio portarli a Venezia quando c’è l’acqua alta, secondo me. Sono i molluschi migliori per provocare la bassa marea».

«Venezia?», fa eco mia madre, «Chi è andato a Venezia?»

«Un pezzo di focaccia?», Maura si china verso mio fratello, indicandomi con un cenno della testa, «Sostiene di essere un’animalista convinta, poi mette in tavola una foca selvaggia. Sempre detto io, che predica bene e razzola male».

«Per te scorfano», la minaccio.

«Scordatelo», ribadisce lei, «non riuscirai a farmi mangiare un povero pesce che ha perso i genitori».

«Maura, ti prego. Sei un medico. Se continui così ti farai radiare!», sibilo a denti stretti.

«Ma chi vuoi che mi colpisca usando una radio?»

Ho un cedimento improvviso e nascondo il volto nelle mani. Sento sussurrare qualcosa sul curare gli stati d’ansia e su quanto sia molto meglio prevenire…

«Nel senso di soffrire di eiaculazione precoce?», si informa Maura cortese e il sangue mi monta alla testa.

«Sei mostruosamente colta, lo sappiamo tutti e sei spiritosa, ma in quanto a savoir-faire e bon ton, scusami, ma non conosci nemmeno l’abbecedario… », ringhio.

«Ah beh, se c’è Dario… è figo, almeno?», chiede lei con candore.

«Dario?», si stupisce mia madre che è sì sorda, ma a volte ci sente benissimo. «Ma non stavi con Luigi?».

«Ma andate tutti quanti a darlo via!», sbotto traboccando veleno, «voi e il vostro Natale del cazzo!», perché quando mi ci metto, tra savoir-faire e bon ton, non mi batte nessuno «Se tutte le mie fatiche devono culminare…”

«Nooooo! Dove le trovi le supposte esplosive?”, si stupisce Maura interrompendomi. Qualcuno ha fatto partire il CD in un estremo tentativo di salvare quello che so non essere più salvabile. La suorina ascolta rapita la voce vellutata di Bing Crosby che intona White Christmas e sussurra estasiata: «Che melodia!»

E Maura angelica, apre le braccia e sollevando gli occhi al cielo, implora:

«Signore, ti supplico, esaudisci la preghiera di una vergine!»

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Per gentile concessione del Circolo Scrittori Instabili, blog sul quale si sperimentano gli appassionati che hanno frequentato i corsi di scrittura creativa tenuti da Barbara Favaro.





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