26 Dicembre 2020, 07.04
Blog - Circolo Scrittori Instabili

Voce

di Barbara Favaro

Lo ascoltava pronunciare i nomi di perfetti sconosciuti, come fosse un semplice appello, ma era una cerimonia di consegna diplomi. Non era la sua cerimonia, lei era già lontana, proprio un altro pianeta. Con sollievo.


Ammetteva a sé stessa: enorme sollievo.

Però quella voce. Quella stramaledetta voce.

Ripercorrendo tutto e riguardando dove ancora, forse, non aveva guardato, c’erano dei nervi scoperti che scoppiettavano.

Il trapano del dentista quando tocca la polpa dentale. Quel dolore lì. Ti partirebbe volentieri un pugno se non fosse che quel trapano è dentro la tua bocca e finirebbe in un disastro per te.

Stessa identica cosa. Colpisci quella maledetta voce e qualcosa dentro di te si trasforma in un disastro. Come si fa?

Non aveva voglia di altri disastri, ne aveva avuti abbastanza. Pensava soltanto che anche da milioni di secondi di distanza e chilometri e vicissitudini varie, quella stramaledetta voce aveva ancora il suo stramaledetto potere. E si domandava perché ancora quel dolore.

Prese l’ennesima stupida decisione: “… mi avvicinerò di nuovo”. Da lontano, ma farà un passo. D’ascolto soprattutto, in quasi totale anonimato, ma ascoltare le aveva sempre fatto bene.

Quindi l’ennesima stupida decisione poteva essere giustificata. In modo contorto, come sempre, ma la logica non le era mai mancata. Poteva raccontarsela bene perché era quello in cui si era specializzata nel tempo. Sempre meglio, ma in piena verità.

Quindi i nomi continuavano a sfilare tra un’orecchia e l’altra e lei non si staccava, sapeva che prima o poi la litania sarebbe terminata e lui avrebbe ringraziato e salutato tutti.

Voleva essere tra quei tutti salutati, perché era la giornata di stupidità che si era voluta concedere ed era intenzionata ad andare fino in fondo. Sentirsi stupida fino in fondo. Proprio fino in fondo. Cos’altro c’è di meglio? Quasi niente.

La voce incrinata da un sorriso mesto e una battuta arguta, da una sorta di gioia della festa, da un divertito feedback della platea, da qualcosa che si muoveva dentro di lui e che lei poteva soltanto intuire raccontandosi che conosceva quel qualcosa, ed era quello che li legava.

Certo con uno stramaledetto elastico, certo, seghettato, certo, ma questo era.

Se con un elastico, spesso, puoi risolvere la situazione, con uno seghettato potresti lasciarci la pelle. Ecco, il Dilemma.

Non poteva negare l’enorme gratitudine che provava per quella voce, non poteva neppure negare l’immensa frustrazione del disastro conseguente alla sua scelta di allontanarsi da tutto. Fosse scelta obbligata, non cambiava nulla.

Erano state tutte scelte consapevoli. Senza alcun controllo possibile, come la vita ti impone. Senza alcun senso evidente, come la vita ti impone. Senza alcuna speranza, come la vita ti insegna.

Ascoltava la voce arrivare – di nome in nome – alla fine dell’elenco, sempre dolorosamente bella nonostante gli anni. Si fece salutare in quel tutti che non le apparteneva, o forse sì, un pezzo sì, e chiuse il libro. Niente più voce, solo riverbero.

Quello lo poteva controllare, si era sempre accontentata di quello e non c’era motivo per cui ora le cose dovessero cambiare.

Toccò con il culo il fondo della sua stupidità, rimbalzò nelle sue profondità e si diede una bella spinta con le gambe per risalire.

Lentamente. Con calma. Non c’era nessuna fretta, il giorno doveva ancora compiersi. Mica voleva rischiare un’embolia!

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Per gentile concessione del Circolo Scrittori Instabili, blog sul quale si sperimentano gli appassionati che hanno frequentato i corsi di scrittura creativa tenuti da Barbara Favaro.





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