02 Novembre 2015, 06.50
Racconti del lunedì

Potenza di una virgola

di Ezio Gamberini

Che bello camminare tra le vie del paese. E’ sabato mattina e non sono ancora le otto, con una giornata che si annuncia meravigliosa e limpida...


Per adesso, però, la nebbia avvolge ancora le montagne e si può soltanto immaginare l’esplosione di luce che avrà luogo fra un’oretta.
Ho lasciato la macchina dal gommista, e il ritorno a casa si rivela una piacevole e rilassante passeggiata, anche se devo rialzare il bavero del giaccone a causa dell’aria frizzante.

Grazia proprio in quel momento sta “smontando” il letto per far prendere aria a lenzuola e coperte.

Mi guarda:

“Mhhh, tornato a piedi?”.


“No, stamattina pensavo di ripresentarmi volando, ma la visibilità non era perfetta…”.

“Spiritoso… Non hai incontrato qualche bella bionda per ricondurti a casa?”.


No, soltanto more, una marea di more – ed esponendo il concetto le mostro le mani, aprendole e richiudendole ritmicamente -  ma di mora ci sei già tu, e allora…”.

Insomma, caro lettore, quando pensi che per scrivere racconti sia necessario possedere una fervida e sopraffina fantasia, ti sbagli di grosso. E’ sufficiente raccontare la realtà.

Come quella volta in cui diluviava e la pioggia scendeva rabbiosa…
Siamo in macchina e voglio essere gentile. Dico a Grazia:

“Prima che tu scenda, dal baule prendo l’ombrello”.

“Perché devo scendere dal baule?”,
mi risponde incredula.

Allora le ribatto, infuriato:

“Prima che tu scenda VIRGOLA dal baule prendo l’ombrello, e non: ‘Prima che tu scenda dal baule VIRGOLA prendo l’ombrello’!

Potenza di una virgola.

P.S.
Sabato 24 ottobre, dopo aver fatto il “pieno” di Parmigiano e Culatello, abbiamo trascorso il pomeriggio nell’archivio di Giovannino Guareschi, a Roncole Verdi.
Per più di un’ora (poi sono arrivate altre persone) nel Centro Studi ci siamo trovati soltanto Grazia ed io, oltre al figlio dello scrittore, Alberto, e all’archivista Cristiano, che ci hanno mostrato documenti, lettere e bozzetti eccezionali: i disegni originali che hanno accompagnato i racconti di Peppone e Don Camillo, il libretto autografo della “Favola di Natale”, compilato durante la prigionia e rappresentata nel campo di concentramento la notte di Natale del 1944 (con la partecipazione del compagno di prigionia Gianrico Tedeschi, divenuto in seguito apprezzato attore), il diario della prigionia, scritto con caratteri minuscoli e intervallato da numerose “fffffff” che significavano freddo e fame, oltre alla nostalgia, e poi lettere straordinarie e curiose (ad esempio una di Giancarlo Pajetta, che non gli serba rancore per il suo anticomunismo, mentre in un’altra si legge: “Caro Guareschi, sono la Mina…” firmata Mina Mazzini).

Quel pomeriggio non c’era la sorella Carlotta, la mitica “Pasionaria” dei racconti guareschiani.
Negli anni in cui l’abbiamo conosciuta, chissà perché, ha sempre riservato a Grazia e a me una particolare cordialità.

Il giorno successivo, 25 ottobre 2015, alle 12 e 48, Alberto Guareschi spedisce a tutti i soci del Club dei Ventitrè la seguente missiva:

Oggi ha concluso serenamente il suo percorso terreno mia sorella Carlotta riunendosi in cielo ai nostri genitori. Sposa, madre e nonna ammirevole, ha dedicato tutta la sua vita alla famiglia, alle persone che la circondavano e alla cura della memoria di nostro padre. Sono certo che la “Pasionaria” sia già tra le braccia di Giovannino e Margherita.

Alberto Guareschi
Roncole Verdi, 25 ottobre 2015

Alberto ti si presenta oggi come un signore di settantacinque anni, ma per noi e per tutti gli appassionati dello scrittore della “bassa”, è sempre il bimbo timido e riservato del “Corrierino delle famiglie”, accanto all’impertinente e scanzonata “Pasionaria”, e protagonista della “Favola di Natale”.

Ora tutto il peso per conservarne la memoria rimane esclusivamente sulle sue spalle; che lo conforti e lo sproni l’indomito spirito di suo padre.
Per Carlotta e i suoi famigliari, un caro ricordo e una preghiera.




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