Disagio. La zona grigia del malessere giovanile che aumenta
Sappiamo che la parola disagio sta a indicare il contrario dell’agio ed è condizione di sofferenza o stato globale di malessere.
Il disagio giovanile, che ci sembra di conoscere bene, sovente è un’etichetta generica che ci serve per di spiegare il comportamento adolescenziale difficile da accettare e che, in ogni epoca, sottolinea il passaggio generazionale.
“La gioventù di oggi è corrotta nell’anima, malvagia …Non potrà mai essere ciò che era la gioventù di una volta e non potrà mai conservare la nostra cultura” dice un’iscrizione trovata su una tavoletta assiro-babilonese di circa mille anni prima di Cristo!
Nel tempo complesso che viviamo oggi però, ci sfugge il fatto che gli adolescenti, privati del futuro, impauriti e assaliti dal panico per la precarietà dell’esistenza, faticano a gestire le loro emozioni.
O a dire il vero, noi presi dal dovere di proteggerli oltre misura, forse abbiamo trascurato di aiutarli a riconoscere gli stati d’animo problematici che attraversano l’esistenza e costruire nei primi anni di vita le necessarie mappe emotive.
Li abbiamo invece resi analfabeti sul piano emozionale al punto tale la generazione Alpha ora fatica a costruire relazioni affettive, valide e durature e appare in difficoltà onlife nella loro gestione.
Gli adolescenti hanno attraversato la tempesta delle sofferenze scatenata dalla pandemia e non hanno acquisito la capacità di gestire ciò che provano. Impastano la fatica fisiologica dello sviluppo affettivo, relazionale e sociale con la mancanza di strumenti psicologici e razionali. Ma non sono malati di mente o portatori di una deviazione patologica dalla norma, perché la normalità non esiste. Sono a disagio perché mancano degli strumenti che servono per dare senso a ciò che accade.
Le neuroscienze, ci confermano da tempo che una parte del cervello, il cosiddetto lobo frontale della corteccia in cui vengono elaborati i pensieri, è una zona intricata di connessioni neuronali con cui si esercita la gestione e il controllo delle emozioni che arriva a maturazione tardi, non prima dei 20-21 anni.
Ritardo o tempo lungo e fisiologico dell’immaturità, regolato non da noi ma da leggi biologiche che la nostra civiltà vorrebbe controllare, ma che produce disagio in un mondo in cui tutto corre velocemente e accade presto, troppo precocemente, facendo sembrare che l’attesa sia un tempo sprecato o inutile.
La vita “accellerata” che abbiamo dato a noi stessi e imposto a bambini e giovani, sta impoverendo gli adolescenti dei mezzi necessari per stare nel mondo. Poi la distanza o la trascuratezza materiale e affettiva delle figure di riferimento, sta creando nuove povertà relazionali in adolescenza e oltre.
Aumenta la mancanza di tolleranza alle frustrazioni e l’incapacità di leggere i sentimenti propri e altrui e contribuisce alla costruzione di personalità rigide e ostinate che non sanno dare un significato a quello che vivono, anzi aumenta quella zona grigia del disagio che prima di essere patologia dell’umore o depressione, è fuga dal mondo, ritiro sociale, attacco al corpo, rifiuto del cibo o autolesionismo non suicidario. Per nulla da trascurare.
Giuseppe Maiolo
psicoanalista
Università di Trento
Docente di psicologia delle età della vita
www.iovivobene.it