18 Settembre 2017, 06.19
RAcconti del Lunedì

Padre Enzo

di Ezio Gamberini

L’ultimo incontro con Padre Enzo avvenne una quindicina di anni fa. Rivederlo oggi ci ha procurato un’emozione immensa!


Padre Enzo (Lorenzo) Franzoni, missionario appartenente alla congregazione della Sacra Famiglia di Nazareth fondata da San Giovanni Battista Piamarta, come il più giovane fratello Battista, pure lui missionario dal 1980, il 23 dicembre 2017 festeggerà il sessantesimo anniversario della sua permanenza in Brasile, a São Bento, nel Maranhão.

Ordinato sacerdote, fu inviato alla Cecchina, nel Lazio, e poco dopo gli fu chiesto di partire missionario.
Fu una tenerissima e decisiva lettera della mamma a fargli decidere senza esitazione.
Partì nell’ottobre del 1957, imbarcandosi su una nave insieme a due confratelli e un fratello laico, con una scatola di cartone piena di poche cose e una montagna di speranze, e per due mesi girovagò con i confratelli tra le missioni del luogo, prima di approdare a São Bento.

Sessant’anni in Brasile…

Dopo averlo abbracciato con trasporto, possiamo finalmente ascoltarlo attentamente mentre siamo seduti a tavola, dopo cena, a casa di Pierenzo, il nostro amato amico e nipote suo, con Sandra e Grazia.
Fra qualche giorno ritornerà in Brasile, e volevamo assolutamente salutarlo.
Le nostre famiglie da generazioni sono amiche, e ricordo i miei che, sin da bambino, ogni volta che si parlava di loro (dei Franzoni, intendo) esclamavano con trasporto:

“Quella è una famiglia santa, una famiglia santa!”.

E ringraziamo il cielo per godere ancora oggi della loro amicizia.

Ne avevo la sensazione, ma questa si trasforma in certezza soltanto il giorno dopo: nell’ora trascorsa da Piere, siamo stati al cospetto di un “gigante” di ottantotto anni, alto un metro e sessantacinque che forse non raggiunge neppure i sessanta chili, dalle folte sopracciglia e dai capelli bianchissimi, con gli occhi che parlano e una delicatezza infinita.

Quando, a un certo punto, porge una carezza a Sandra, provo una tenerezza che mi commuove.

Racconta, Padre Enzo, con un acume, una lucidità e una finezza straordinarie, e staremmo ad ascoltarlo per ore. Parla delle difficoltà incontrate per seguire ragazzi e giovani, aprire scuole dove s’insegnano anche dei mestieri, allestire e mantenere un centro per disabili, degli attriti con politici o rappresentanti dell’ordine pubblico soltanto per aver voluto sostenere sempre e comunque i diritti degli ultimi.

Sorride nel descrivere le scimmiette che gli fregano le banane appese in soffitta a maturare, o il “serpentello” di tre metri che gli tiene lontano pipistrelli e roditori.
Ringrazia la Provvidenza per avergli permesso di trascorrere tutti questi anni in quel continente meraviglioso ma complicato, e si chiede a bassa voce che prete sarebbe stato se fosse restato in Italia, lui che negli ultimi trentacinque anni l’ha vista soltanto due volte.

Vorrei rispondergli che il suo essere prete fino in fondo l’avrebbe conservato ed espresso in qualunque luogo, anche su Marte.

“La grandezza di una vita non si misura dalla grandezza del luogo in cui si è svolta, ma da tutt’altre cose. E neanche le possibilità di fare del bene si misurano dal numero dei parrocchiani”.

Così scriveva don Lorenzo Milani a sua madre dal “priorato” di Barbiana, sulle colline toscane del Mugello.
Ah, questa citazione sarà particolarmente apprezzata dal mio amico John Comini.

“Il mio amico John Comini?”.

Non conosco personalmente il Maestro John, ma dopo aver apprezzato e gustato le avventure della “Sciura Maria”, di cui è autore, mirabilmente rappresentate in tutta la provincia dalla bravissima Paola Rizzi, aver letto con infinito gradimento i suoi pezzi sapidi e gustosissimi pubblicati su questo sito, e aver appreso nell’ultimo articolo che i suoi scrittori preferiti sono Mario Lodi e don Lorenzo Milani, non posso che considerarlo amico.
Sono certo che se c’incontrassimo, ci comporteremmo come se ci conoscessimo e fossimo amici da sempre.

Quando, una montagna di anni fa, lessi per la prima volta “Il paese sbagliato” di Mario Lodi, rimasi davvero folgorato dalle sue intuizioni e la sua novità.
Per don Lorenzo Milani, invece, il discorso è diverso perché, dopo Giovannino Guareschi e Dino Buzzati, che colloco in cima alle mie preferenze, è sicuramente la figura che più mi ha influenzato e affascinato; credo di aver letto gran parte di ciò che ha scritto e buona parte di ciò che è stato scritto su di lui (l’ultimo, in ordine cronologico, “Don Lorenzo Milani – L’esilio di Barbiana” di Michele Gesualdi, uno dei suoi primi sei ragazzi ospitati alla scuola di Barbiana).

Quasi ogni giorno, trovandomi al lavoro, per tornare in ufficio percorro la via Anime del Purgatorio, a Salò, e m’imbatto nella via don Lorenzo Milani, che si estende in direzione del lago a ferro di cavallo per due-trecento metri; così quotidianamente il mio pensiero, per qualche istante, è rivolto a lui e a ciò che ha fatto, e associo la sua figura a quella dei missionari che conosco e ho conosciuto: padre Enzo, suo fratello padre Battista, don Gianfranco Cadenelli, don Tonino Zatti, don Aldo Zanni, don Gustavo Bertelli, don Fernando Menegolli, don Giuliano Moretti, don Pedro Vazzoler, don Lorenzo Tosatto…

Quando il lunedì vedo che non è pubblicato un tuo racconto, ci rimango male – mi dice padre Enzo – e come mi piace quando narri della ‘tua’ Grazia!”.

Attento a come parli zio, altrimenti ti ritrovi pubblicato su ValleSabbiaNews quel che dici, con questo qui”, esclama divertito Piere indicandomi col dito, mentre sorridiamo tutti di gusto.

“Piere – gli rispondo, volutamente facendomi sentire da Padre Enzo, che non riesce a soffocare una risata – tuo zio ci mette tutti quanti nel sacco!”.

E’ ora di andare.

Un abbraccio, un bacio e via.

Non so quando ci rivedremo, Padre Enzo.

Sicuramente in Paradiso, un giorno, che tu raggiungerai, esalato l’ultimo respiro, con la velocità di una palla da schioppo, per avere donato la tua vita ai poveri, ai derelitti, agli ultimi; noi, invece, dopo aver atteso ben bene che “i panni siano risciacquati in Arno”, certi di questa verità soltanto perché confidiamo nell’infinita misericordia di Dio, immensamente più grande delle nostre miserie.

Devo ammettere di amare e aver amato più voi, mia moglie Grazia, i miei figli, i miei famigliari e i miei amici, sopra ogni altra cosa.
Anche qui chiedo soccorso a don Lorenzo Milani, quando in punto di morte disse ai suoi ragazzi:

Ho voluto più bene a voi che a Dio, ma spero che lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia iscritto tutto a suo favore”.
 


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