05 Ottobre 2015, 06.09
Racconti del lunedì

La mia vecchia maestra

di Ezio Gamberini

Indossa un tailleurino verde con il colletto bianco di pizzo lavorato all’uncinetto, scarpe a mezzo tacco, un filo leggerissimo di trucco le abbellisce il viso, già impreziosito da un paio di graziosi orecchini, e con gesto elegante cinge la borsetta al braccio...


I riccioli ben cotonati fanno risaltare più intensamente i due occhi vispi che lampeggiano circospetti: è la mia maestra!

Ma che ci fa, ferma sul cancello di casa? Vado ad aprirle e le sorrido, ricambiato, ma non apre bocca e si avvia verso il portone di entrata.

La mia maestra… Ho terminato la quinta elementare quarantacinque anni fa, e quello fu anche il suo ultimo anno d’insegnamento, cui seguì il pensionamento.  
Entra in casa e si guarda in giro, osservando ogni cosa con circospezione ed estrema lentezza. Si ferma davanti al poster delle nostre foto di famiglia:

“Chi sono quei tre?” dicono i suoi occhi, senza che le labbra si muovano di un millimetro.

“Ma, maestra, sono i miei bambini… adesso sono grandi ormai  e… - tentenno un po’ – e sa, sono tutti e tre laureati”, sussurro rigonfio di orgoglio.
Nella fotografia, Paolo e Anna, nove e sei anni, compaiono ai fianchi di Chiara, che ha un anno e sta incastrata, in piedi, in un paio di miei vecchi scarponi in cui i suoi fratelli l’hanno infilata, impossibilitata a muoversi; indossano il pigiama e strani cappelli, e si sono fasciati con bandane e stracci.

Sembrano tre pirati sgangherati! Quante risate ci siamo fatti in quell’occasione!
Quando nacque Chiara, l’ultimogenita, Grazia ed io volevamo tenerla in camera con noi almeno la prima notte, ma non ci fu verso; i suoi fratelli la reclamarono e fummo costretti da subito a lasciarla con loro. Allora abitavamo in via Roma, avevamo soltanto due camere, e il mattino, quando tutti e cinque dovevamo partire per il lavoro e la scuola, sembrava di essere in caserma, con rigidi turni da rispettare per l’utilizzo del bagno…

E’ sicuramente anche in quei momenti e in quelle situazioni che è iniziato e si è rafforzato il senso di “famiglia”, che ci unisce e ci lega, e permette di conservare l’affetto indissolubile nel tempo e nello spazio.

La maestra passa oltre (mi accorgo di tenere le mani dietro la schiena: non ho mai dimenticato quando ne combinavo peggio di Bertoldo, costretto ad appoggiare le mani sul banco, prima che partisse la gragnuola di bacchettate che si abbatteva sulle mie povere nocche) e rivolge lo sguardo in direzione della libreria, che contiene qualche centinaio di volumi. Mi guarda stupita:
 
Ma dai…” rivelano i suoi occhi.

Dovete sapere che alle elementari le mie tre passioni erano: 1) Il calcio; 2) Il calcio; 3) Il calcio.
Giocavo a pallone a tutte le ore: fuori di casa, sull’erba, sulla terra battuta, sull’asfalto, nelle pozzanghere, nel fango; in casa, contro il muro, contro la porta, in bagno, in garage, sul poggiolo, in cantina…

Come dirle che la mia passione per la lettura cominciò proprio quando terminai le elementari? I miei mi regalarono “Le straordinarie avventure del Barone di Munchausen” di Rudolf Erich Von Raspe, e fu fatta.
Lo lessi e rilessi decine di volte, perché mi spanciavo dal ridere. E ancora oggi ogni tanto me lo gusto.
Poi alle medie incontrai Italo Calvino e il suo “Marcovaldo”, Dino Buzzati e il “Il deserto dei tartari”,  Verga e  “I Malavoglia”, ma anche l’epica dell’Eneide, La Chanson de Roland, Gargantua e Pantagruelle…
E poi non mi fermai più, spaziando tra generi e interessi diversi.

La maestra scorre alcuni titoli, e poi rivolge lo sguardo alla fila centrale della libreria: Guareschi, Guareschi, Guareschi, Guareschi, Gamberini, Gamberini, Buzzati… Si ferma ed estrae i miei due volumi, che ho collocato tra i miei due scrittori preferiti, affinché mi custodissero adeguatamente: “Tapascio Bombatus e altre storie”, del 2008, e  “Ai cinquanta ci sono arrivato” , del 2010.
Li sfoglia e mi fissa incuriosita. “Ehm… ehm… - mi schiarisco la voce, imbarazzato – li ha pubblicati la casa editrice Liberedizioni, del mio amico Marcello Zane… Sa che i due volumi sono presenti in alcune biblioteche della valle?”.

Si aggira per la casa incuriosita, osservando le foto, i quadri, i soprammobili, le biglie di vetro, i sassi verniciati, e poi si avvia verso l’uscita.
La accompagno sul vialetto che porta al cancello. Mentre lo percorre, getta un’occhiata sullo scivolo, dove è parcheggiata l’autovettura, bella e luccicante; per carità, nessuno le dica che forse fa parte di quel milione di esemplari che anche in Italia dovranno essere richiamati in concessionaria perché truccati dalla grande casa automobilistica teutonica, attraverso sofisticatissimi software.

Torna alla mente il Manzoni, i “monatti”, e la “Storia della colonna infame”. Che tempi!
Povera maestra, che non lo sospetti neppure il grande imbroglio, lei così morigerata e retta, tutta di un pezzo, rigida e inflessibile ma competente e autorevole (se non sbaglio un congiuntivo da cinquant’anni e in matematica me la sono sempre cavata, lo devo essenzialmente a lei!).
E non le voglio neppure parlare dei social network, che sembrano così indispensabili, ma inducono adolescenti a non crescere mai e cinquantenni a comportarsi come adolescenti. Una sera di queste mi deciderò a farne a meno!

Le faccio un’ultima battuta, prima che mi lasci:
Maestra, su Marte hanno trovato l’acqua salata. Le prossime vacanze al mare le trascorreremo lassù!”.

Siamo davanti al cancello, se ne sta andando; si gira per l’ultima volta e osserva la casa, le piccole piante di melograno, l’olivo e i pinetti, e si scioglie finalmente in un sorriso.
Mi guarda teneramente e mi fa una carezza: “Bravo Gamberini, te la sei cavata. Promosso!”.

Nei cinque anni delle elementari non avevo mai ricevuto un “bravo” o una carezza dalla mia maestra, ma ora sono al settimo cielo, felice come un bambino.
Mi sento come il gatto che ha catturato il topolino e lo porta al suo padrone per ricevere un elogio.

E’ giovedì mattina e quando suona la sveglia, nell’aprire gli occhi, la sensazione di appagamento non mi abbandona. Tutto deve essere successo non più di mezz’ora fa, perché mi sembra ancora di percepirne la presenza.
La mia maestra Dolcini, che se n’è andata da una quarantina di anni, non era mai “capitata” nei miei sogni. Sono davvero felice della sua visita, e mi tornano alla mente anche alcune sue colleghe del tempo: le maestre Zerbinati, Tironi, Trefoloni, Bertelli (è curioso come tutte fossero menzionate con il cognome da coniugate, ma eravamo nei tempi in cui sulla carta d’identità il marito era indicato come CF – Capo Famiglia…) e i maestri, Cerqui, Fabbri…

Soltanto adesso mi accorgo di essermi “sbrodolato” un po’ addosso.  Ma converrete con me che non ho mai lesinato storie e situazioni in cui ho fatto la figura del “cioccolatino”, e non ci ho pensato due volte a rendermi anche ridicolo, talvolta; perciò sarò perdonato in quest’occasione.
Dopotutto non è colpa mia, ma della maestra. E’ lei che mi ha detto “bravo” e ha fatto riaffiorare i meravigliosi ricordi. Questa è la verità, e io dico sempre la verità.

E poi, in ogni modo, chi se ne frega, lo sapremo soltanto io e il tipo che ci incontra quando con Grazia passeggiamo nel bosco e sorride sotto i baffi, dopo avermi confidato che mi legge il lunedì; la funzionaria di banca che mi dice al telefono “Guarda che ti tengo sott’occhio…”; l’amica che abita lontano e incontriamo saltuariamente, la quale mi confida di non perdere un racconto; l’amico che a ogni pubblicazione, il lunedì sera, mi spedisce il suo commento, e poi il conoscente a cavallo incontrato sul greto del fiume, i colleghi con le loro battute, il sindaco di un paese valsabbino a me caro, il… ah, però… la cosa comincia ad assumere dimensioni preoccupanti!

Basta così, per oggi.

E tu, cara maestra Dolcini, non aspettare altri quarantacinque anni per venirmi a trovare, perché ai cinquanta ci sono arrivato, ma ai cento penso proprio di non farcela.



Commenti:
ID61618 - 05/10/2015 08:47:07 - (sonia.c) - beh...alla lista dei tuoi" ventiquattro lettori "(by Guareschi)

puoi aggiungere ancora una....hi ciaooo.

ID61623 - 05/10/2015 15:25:09 - (Tc) - ...

Quando le maestre facevan le maestre per vocazione e non per denaro...quando le maestre ti davan scapellotti meritati senza ricorrere in denunce,quando le si andavan a trovare a casa o quando venivan loro da te,quando le maestre ci portavan fuori nei campi a far le gite educative,altro che Parigi o Londra...quando era sufficiente un 6-7 o un 8 invece di giudizi chilometrici sui inutili molteplici pagine...quando ci si alzava per educazione e rispetto,ormai scomparsi nella moderna gioventu',quando la scuola era disciplina e non centro d'aggregazione,quando si andava tutti con la stessa divisa invece di tatuaggi e anelli sul corpo ovunque...che ricordi nostalgici...

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