11 Febbraio 2013, 08.00
L'angolo del filosofo

Comprendere le categorie della democrazia

di Alberto Cartella

Alla base del ragionamento del giovane filosofo saretino la comprensione di una politica come che si manifesta in ogni gesto dell'uomo, nella sua capacitŕ di fare comunitŕ. E la confusione che troppo spesso si crea tra democrazia e rappresentanza

 
Davvero la condizione della democrazia è costituita da dei criteri normativi, da regole imprescindibili senza le quali non ci può essere un vivere democratico? Il vivere comune, come le scienze, ha come base delle regole imprescindibili?
 
Non si tratta di andare semplicemente in contrapposizione a questo, non si tratta di proporre situazioni anarchiche o al di lĂ  delle regole, ma accettare consapevolmente dove il compito del sapere agisce in modo diverso, non agisce in forma normalizzante, come appropriazione di un potere.
 
Questo aspetto normativo delle regole deve essere intessuto con un’ontologia del contingente. Ci sono situazioni in effetti che sono anomiche, ci sono spazi che non possono essere normati dove le regole, gli uffici, i ruoli, non coprono questa situazione di anomia.
 
La spazialità in questo percorso non ha più le categorie della prospettiva, non ha più le categorie del poter guardare, ma bisogna essere presi dai luoghi, è qualcosa che deve essere attraversato, ci attende.
 
Non si tratta della dicotomia tra vita interiore e vita condivisa, ma del suo punto di crisi. Ciò ha dei risvolti politici non indifferenti, perché vuol dire considerare la politica non come costruzione di ideali sotto i quali riconoscersi, ma come stare insieme, come comunità.
 
Si tratta appunto della constatazione di ciò che è comune, il quale non è stabilito prima e non è qualcosa da realizzare. L’aspetto comune è legato allo sguardo e al rispecchiamento e non al riconoscimento (anche gli eserciti si riconoscevano e si riconoscono fra di loro).
 
La politica vissuta in comune è la politica della località, non quella legata alla trascendenza di un ideale, che in quanto tale è astratta. Questo non vuol dire che anche la politica della località non corra il rischio di diventare qualcosa di trascendente e astratto; si tratta di una deriva che è importante tener presente.
 
Un esempio di ideale, il quale è una costruzione da parte di qualcuno per un proprio interesse di potere, può essere il bene superiore, quello sotto il quale tutti dovremmo riconoscerci. Il bene superiore è il bene dell’ordine costituito. In questo orizzonte si entra in una dinamica dualistica in cui ordine e rivoluzione prendono il sopravvento.
 
La rivoluzione è una minaccia che sconvolge, minaccia necessaria per poter stabilire l’ordine. Coloro che portano avanti il principio dell’ordine costituito conoscono l’istanza anarchica. L’ordine costituito si alimenta dell’anarchia (termine con un’accezione differente di quella di un mio precedente articolo).
 
L’ordine e la rivoluzione sono due facce della stessa medaglia: l’ordine è il presupposto di ogni rivoluzione e la rivoluzione è il presupposto dell’ordine. In questa dinamica si tratta di trovare i colpevoli dei disordini da parte dell’ordine costituito e trovare i colpevoli della situazione da cambiare da parte di coloro che portano avanti i principi rivoluzionari.
 
Il problema è quando non si è capaci di innocenza e si deve a tutti costi colpevolizzare qualcuno della costruzione che ci siamo fatti e che non ha funzionato. La costruzione a cui si fa riferimento è quella riguardante la realizzazione di sé, magari con il proprio lavoro. Realizzare la vita con il lavoro in un movimento finalistico. Si cerca un fine, una realizzazione nel lavoro, nelle opere. Tutto è orientato a un telos, a un fine. Devo realizzarmi.
 
Non siamo quello che vorremmo essere. Il volere non è il potere. C’è qualcosa che si sottrae alla volontà e che è importante lasciar lavorare. La vita non sta all’interno delle forme prescrittive.
 
Spesso si confonde la democrazia con la rappresentanza e con ciò che viene chiamato strategia politica. La democrazia non è il governo della maggioranza, ma la considerazione delle istanze delle minoranze.
 
Quando si fa riferimento alle minoranze non si sta facendo riferimento alla rappresentanza e ai suoi organi. La democrazia è complicata, la dittatura è semplice. Il sovrano è colui che decide nello stato di eccezione. L’eccezione rende legittime le norme, le forme prescrittive. La vita non sta all’interno di quelle forme prescrittive (ripetizione).
 
Chi stabilisce qual è il buon senso? Cos’è il buon senso? Allora c’è anche un cattivo senso? Credo sia importante interrogarsi anche su ciò che è al di là del buono e del cattivo senso.
 
Si tratta dell’andar dentro l’inquietudine e non di farsene un’idea. Il riferimento è allo stare insieme a prescindere dei diritti, in cui emerge qualcosa di fattivo. Si tratta di far vedere ma lasciando anche emergere una sottrazione del visivo, c’è qualcosa che nel visivo viene sottratto. Far vedere anche ciò che non si può semplicemente mostrare.
 
La democrazia è il punto di cedimento delle basi su cui si vorrebbe fondare la democrazia.
 


Commenti:
ID28084 - 11/02/2013 09:43:52 - (Dru) - Lo sguardo

"Non si tratta della dicotomia tra vita interiore e vita condivisa, ma del suo punto di crisi. Ciò ha dei risvolti politici non indifferenti, perché vuol dire considerare la politica non come costruzione di ideali sotto i quali riconoscersi, ma come stare insieme, come comunità."... e poi dice la sua contraddizione,della frase sopra..."Si tratta appunto della constatazione di ciò che è comune" e cosa è la constatazione se non ideale Alberto? ma poi diventa ancora più contorto qui Alberto..."il quale non è stabilito prima e non è qualcosa da realizzare"... e allora le chiedo cosa è , poiché di cosa non si tratti è parecchio che insiste a dirlo... ma poi dice "L’aspetto comune è legato allo sguardo e al rispecchiamento e non al riconoscimento" e lo sguardo secondo lei è idea o cosa altro è ? Sono ad ascoltarla.

ID28086 - 11/02/2013 09:58:14 - (Dru) -

"Si tratta di far vedere ma lasciando anche emergere una sottrazione del visivo, c’è qualcosa che nel visivo viene sottratto. " Si tratta del tutto che si mostra per ciò che formalmente è ma non per ciò che concretamente è cioè della contraddizione originaria del "tutto" che promette ciò che non può mantenere, si tratta appunto dell'"accadere".

ID28088 - 11/02/2013 10:15:19 - (Alberto Cartella) -

La constatazione non oggettiva, ci che accade lo constatiamo e questo insopportabile. Nella constatazione si forma il fantasma. L'evento, l'accaduto, non lo posso rappresentare, nell'evento ci sono dentro. Il momento di constatazione un momento terribile. Non si tratta di un ideale da raggiungere. Lei mi ripete sempre che insisto a dire di cosa non si tratta e le ripeto che si tratta del non realizzato. Lo sguardo non un'idea ma una funzione. Esso va insieme al rispecchiamento degli occhi. Fra i due si manifesta una schisi. Se si tralasciasse il rispecchiamento verrebbe meno una certa passivit degli occhi, che si rispecchiano in una forma apparente di ci che si d a vedere, rispetto all'atto performativo di un voler vedere ci che lo sguardo chiamato a significare e quindi non soltanto a comprendere, ma anche a credere di ricordare.

ID28089 - 11/02/2013 10:21:39 - (Alberto Cartella) -

"Il tutto che si mostra per ci che concretamente " qualcosa che non riesco a seguire, come "la legge uguale per tutti". Tutti chi? Chi tutti? Davvero la legge uguale per tutti? Il tutto una grande astrazione. Non si tratta del tutto e della parte ma del punto di cedimento di questa dialettica.

ID28090 - 11/02/2013 10:32:46 - (Dru) - Perchè ?

beh con l'ultima si è risposto e però deve un attimo ascoltare anche me... appunto il tutto può essere la più grande astrazione, ma è, anche se contraddittoriamente. Insisto invece per lo sguardo che è una funzione, come può non essere un'idea ? cioè la funzione cosa è ?

ID28091 - 11/02/2013 10:53:56 - (Dru) - vede che il suo dire

fin tanto che non è fondato con la ragione che si appoggia sulla logica, è fede. data non è la funzione, data è la fede nella funzione.

ID28092 - 11/02/2013 11:02:26 - (Alberto Cartella) -

La legge uguale per tutti, come il rispetto dei diritti umani astrazione pura. Che cosa vuol dire diritti delluomo? Le dichiarazioni dei diritti delluomo non sono mai fatte in funzione e insieme alle persone interessate. Per gli interessati il problema non sono i diritti delluomo, ma la questione di giurisprudenza.Tutti gli abomini che luomo subisce sono dei casi, non sono la negazione di diritti astratti. Sono casi abominevoli e si potr dire che alcuni casi si somigliano, ma sono casi di giurisprudenza. La giustizia non esiste. I diritti delluomo non esistono. Conta la giurisprudenza, questa linvenzione del diritto. La giurisprudenza la vita; non ci sono diritti delluomo, ma ci sono dei diritti della vita e la vita un insieme di casi.

ID28093 - 11/02/2013 11:08:39 - (Dru) - e questi casi cosa sono ?

I casi sono dati o data è la fede in questi casi ?

ID28094 - 11/02/2013 11:10:57 - (Dru) - cioè lei che vuole dire qualcosa negandolo quel qualcosa

cosa vuole dire non dicendolo ? Lei può frantumare la terra fin quando vuole e cercare di srelazionare ogni relazione fino a giungere ai singoli casi, ma da capo questi casi cosa sono ?

ID28095 - 11/02/2013 11:16:05 - (Alberto Cartella) -

"Insisto invece per lo sguardo che una funzione, come pu non essere un'idea ? cio la funzione cosa ? fin tanto che non fondato con la ragione che si appoggia sulla logica, fede. data non la funzione, data la fede nella funzione". Davvero per lei si tratta sempre del farsi un'idea? Non c' qualcosa che si sottrae alla logica? Questo non vuol dire opporsi alla logica, c' qualcosa che non riducibile alla logica. Si tratta della preesistenza di un dato a vedere rispetto al visto. C' qualcosa che riceviamo nel nostro guardare. Se vede vuol dire non cercare di risolvere questo aspetto, la risoluzione del quale porta a non far altro che giudicare e a volte ad essere violente. Non si tratta del razionale o del razionale ma del punto di crisi di questa dialettica, del corpo come grande ragione.

ID28096 - 11/02/2013 11:22:13 - (Alberto Cartella) -

"Se vede vuol dire non cercare di risolvere questo aspetto, la risoluzione del quale porta a non far altro che giudicare e a volte ad essere violente". Ho scritto vede invece di fede. Comunque riscrivo. Se fede vuol dire non cercare di risolvere questo aspetto, la risoluzione del quale porta a non far altro che giudicare e a volte ad essere dei soggetti violenti, La mia una posizione agnostica di apertura verso la fede."cio lei che vuole dire qualcosa negandolo quel qualcosa" Non so di che cosa sta parlando. Non si tratta dell'affermazione o della negazione ma della constatazione.

ID28097 - 11/02/2013 11:27:30 - (Dru) - vede caro Alberto

perché data è la fede in questi "casi" allora le sue parole, non fondandosi appunto su basi rigorose sono parole al vento, parole che possono essere smentite dal primo venuto e con tutta la forza che ci può mettere sono controvertibili e è la fede nel dato, non il dato, che le rende incontrovertibili. Cosa invece è dato è quello che la filosofia, con le problematicità di ciò che appare, rigorosamente fa da ormai più di duemila anni. Esempio pratico, lei dice che la giustizia non esiste, sciocchezze le dico io, eccome che esiste la giustizia, provi a negarlo incontrovertibilmente se ci riesce.

ID28098 - 11/02/2013 11:28:26 - (Alberto Cartella) -

L'idea un'astrazione (estrazione) dell'essenziale dalle cose e in questo astrarre le note particolari delle cose in qualche modo decadono.Mentre con il concetto di funzione le note particolari non decadono ma vengono presi dei simboli, i quali per non designano le note particolari. Questo si pu vedere per esempio con le variabili X e Y nelle funzioni matematiche. Per esempio nella funzione Y=X2 1 vi una relazione tra X e Y tale che Y in funzione di X. Posso sostituire qualsiasi valore al simbolo X, ma questo simbolo non designa nessuno dei valori che vado a sostituire.

ID28099 - 11/02/2013 11:29:55 - (Dru) - ci siamo accavallati

ma secondo lei "vede" e "fede" cosa sono ? sono fede (=idea) in ciò che si "vede o in ciò che si ha "fede" o sono dati incontrovertibili ?

ID28100 - 11/02/2013 11:32:49 - (Dru) - ok Alberto

vede che sta dando ragione alla ragione ora ? non è nessuno di quei simboli ma è in relazione strettissima con essi per necessità altrimenti non capiremmo nulla.

ID28101 - 11/02/2013 11:34:51 - (Dru) - cosi è per lo sguardo e il visto

assolutamente cose che testimoniano la verità del tutto, ma lei cercherà ora di negarlo , negandosi.

ID28102 - 11/02/2013 11:38:17 - (Alberto Cartella) -

Le basi rigorose sono una supposizione, bisognerebbe intendersi. Il dato, ci che lei d per scontato come dato, una supposizione. A me interessa la discussione. "Esempio pratico, lei dice che la giustizia non esiste, sciocchezze le dico io, eccome che esiste la giustizia, provi a negarlo incontrovertibilmente se ci riesce".Questo un esempio di qualcosa di molto lontano dalla discussione. Dire a quello con cui sta discutendo che sta dicendo delle sciocchezze senza argomentare. Le ripeto che non si tratta dell'affermare o del negare incontrovertibilmente ma della constatazione e della discussione. Per dire che una cosa esiste bisogna anche saper trovare dov' questa esistenza.

ID28103 - 11/02/2013 11:44:48 - (Alberto Cartella) -

"cosi per lo sguardo e il visto assolutamente cose che testimoniano la verit del tutto, ma lei cercher ora di negarlo , negandosi". Lei continua ogni volta a parlare di contraddizione e poi non fa altro che contaddirsi. Lei diventato addirittura una veggente. A me non interessa la previsione, vedere una cosa prima ancora che accada, ecco la sua di contraddizione. Continua a parlarmi di negazione, ma a me non interessa negare la sua verit del tutto, faccia pure. A me interessano livelli cos alti di astrazione, ame intressa la descrizione.

ID28104 - 11/02/2013 11:46:06 - (Alberto Cartella) -

A me non interessano livelli cos alti di astrazione, a me interessa la descrizione.

ID28105 - 11/02/2013 11:53:16 - (Alberto Cartella) -

"vede che sta dando ragione alla ragione ora ?" Questa domanda retorica credo riguardi una distrazione alla lettura. le ripeto che non si tratta di opporsi alla ragione o di darle ragione. "Dar ragione alla ragione" livelli sempre pi alti di astrazione che non riesco a seguire. Non so di che cosa sta parlando.

ID28106 - 11/02/2013 11:59:02 - (Dru) - il mio dire che è una sciocchezza

è una provocazione nel segno della fede, possibile che non lo abbia capito? allora non mi ascolta proprio , se non è il dato ma è la fede nel dato, insisto , noi viviamo in base alla fede e non al dato e quindi io ho la mia di fede e lei ha la sua e quindi la "sciocchezza" è in questi termini che la utilizzo, come leva per provocarla, in seno a volontà e non a verità.

ID28107 - 11/02/2013 12:02:01 - (Dru) - non mi ha ancora risposto su cosa sia la "fede" o "vede"

"Le ripeto che non si tratta dell'affermare o del negare incontrovertibilmente ma della constatazione e della discussione." e secondo lei cosa è una constatazione e una discussione se non negare o affermare qualche cosa incontrovertibilmente?

ID28108 - 11/02/2013 12:02:17 - (Alberto Cartella) -

Ma si rende conto della pericolosit dell'inganno di una coincidenza fra le azioni che di volta compiamo e la soggettivit? C' qualcosa nelle azioni che di volta in volta compiamo che scivola di piano in piano. Il regime nazista era estremanente logico e razionale e stava proprio in questo la sua violenza. All'inizio uccidevano gli ebrei sparandogli poi hanno deciso di metterli nelle camere a gas perch le pallottole costavano troppo. Questo un ragionamento estremamente logico e razionale senza esitazioni. A me interessa il punto di crisi della logica della decisione e della razionalizzazione.

ID28109 - 11/02/2013 12:08:07 - (Alberto Cartella) -

"secondo lei cosa una constatazione e una discussione se non negare o affermare qualche cosa incontrovertibilmente?" Davvero per lei la discussione riducibile alla contrapposizione di affermazione e negazione? A me interessa il punto di cedimento della dialettica affermazione-negazione. Non mi interessa la contapposizione ma l'incontro. Si tratta della disposizione all'ascolto. Vede invece di fede stato un lapsus che in quanto tale non riducibile alla realizzazione. E inizia a non dispiacermi. Lasci pure vede, non fede.

ID28110 - 11/02/2013 12:13:14 - (Alberto Cartella) -

Se lei mi scrivere per provocarmi, come ha sostenuto, a me non mi interessa. Non mi interessa la provocazione ma la discussione. Si tratta dell'argomentare e non del dare dei giudizi (quello delle sciocchezze uno dei tanti esempi che potrei farle). Lei si allontana sempre molto dalle argomentazione. L'articolo era sulle categorie della democrazia, sia pi preciso, non si allontani in astrazioni troppo elevate. Non si tratta del superiore o dell'inferiore ma della caduta non da un piano superiore ma della caduta costitutiva della nostra sogettivit.

ID28113 - 11/02/2013 13:00:56 - (Dru) - Per Cartella

io parlavo proprio di Fede è lei che deve lasciar stare il "vede" che ha inserito per confondere dove io vengo per chiarire.La fede è ciò che non è veduto direttamente ma è per intercessione visto da altri e riportato, in questa prospettiva è la provocazione nei termini in cui, se non è fondato il discutere su categorie rigorose e strutturato, le cose appaiono non consistenti appunto e si può dire tutto e il suo contrario per chi ci crede e lei non risponde alle domande provocatorie ( che provocano sana discussione) che non hanno risposte e che quindi non provocano (non provocano sana discussione) ad andare al centro del discutere:la discussione si fonda sulla dialettica di intuito o Verstand ( il mio e il suo di astrarre), ragione dialettica (società o pubblica ragione) e speculativa( prassi o fenomeno), per ogni momento del nostro discutere , anche in questo dove lei non porta allo speculativo.

ID28114 - 11/02/2013 13:02:37 - (Dru) - ha visto

Cartella che le faccio delle domande e poi mi rispondo ? Cominci a dirmi cosa pensa lei dell Fede e cosa pensa del "caso" e cosa dell'"astratto" e "concreto", poi cosa intende per quacosa cjhe non è "idea" ma "vedo" e le altre domande che se è gentile tenta di dare una risposta altrimenti è in "malafede".

ID28115 - 11/02/2013 13:07:38 - (Dru) - La Democrazia esiste eccome

e esiste la Giustizia, altrimenti non la diremmo nemmeno, esistono più di lei e di me in "concreto" , hanno mosso in ragione dialettica (quella pubblica della Grande Logica) il mondo da oltre duemila anni e lo hanno trasformato più di quanto io e mille altri Alberto Cartella possono trasformarlo questo mondo. D'altronde Cartella non siamo noi quello che facciamo? e allora, cosa crede, che Democrazia e Giustizia siano state lì con le mani in mano per tutti questi anni ? Vada alla finestra, si affacci e se vedrà degli alberi e dei monti , allora avrò capito i suoi dubbi in proposito, ma se solo vede passare un uomo...

ID28116 - 11/02/2013 13:32:15 - (Alberto Cartella) -

"ha visto Cartella che le faccio delle domande e poi mi rispondo?" s s ho visto che non legge mai quello che scrivo, lei si fa delle domande e poi si risponde, ecco la sua dialettica. A me interessa il punto di cedimento della dialettica, che non vuol dire opporsi alla dialettica. Le ripeto che ho scritto vede invece che fede per un lapsus, qualcosa che non dell'ordine della volont, qualcosa che lei cerca continuamente di risolvere. Se a lei interessa fondare il discutere su categorie rigorose e strutturato a me interessa il punto di cedimento di questa struttura.

ID28117 - 11/02/2013 13:39:36 - (Alberto Cartella) -

Per dire che una cosa esiste bisogna saper trovare dov' questa esistenza. Inoltre non ho mai scritto che la democrazia non esiste, lei inventa, sia pi preciso. Le ripeto che a me interessa la trasformazione costitutiva della nostra soggettivit. "D'altronde Cartella non siamo noi quello che facciamo?" Non credo proprio. C' qualcosa che scivola di piano in piano in quello che di volta in volta facciamo. Noi non coinciadiamo con quello che facciamo. Se cos fosse un carcerato che stato giudicato colpevole se coincidesse con l'azione che stata giudicata colpevole allora andrebbe eliminato. Lei pensa che i carcerati vadano eliminati e che coincidano totalmente con il giudizio che gli viene dato? Davvero lei pensa che siamo quello che facciamo. Non c' qualcosa che si sottrae a questo?

ID28118 - 11/02/2013 13:49:27 - (Alberto Cartella) -

Le ripeto che non vi un'univocit del linguaggio. Il significato manca la cosa, il significato dato dall'uso, dalla catena dei significanti. Non si tratta di qualcosa di astratto che sta al di l del linguaggio, si tratta di effetti di significato. Non c' una base o una struttura al di l del linguaggio che viene colta mediante il linguaggio. Le cose non sono dell'ordine del linguaggio.il linguaggio legato al suo funzionamento. Il significante non si riferisce a nulla se non a un discorso, cio a un modo di funzionamento. Non c nessuna realt prediscorsiva e ogni realt si fonda e si definisce in base a un discorso. Il significato non quel che si intende, ma quel che si intende il significante. Il significato l'effetto del significante e gli effetti non sono totalmente controllabili dalla volont. Ci vuol dire che non si pu dire tutto. Forse lei continua a saltare dei passaggi.

ID28119 - 11/02/2013 13:57:38 - (Alberto Cartella) -

Sull'astrazione le avevo gi risposto ma lei continua a farmi le stesse domande, comunque le rispondo nuovamente. Per quanto riguarda il caso non so di che cosa parla, le ho parlato di casi che non sono riducibili a una definizione, dipende dai casi. Se si parla in generale dei casi non sono pi casi. A me non interessa il generale ma il comune.

ID28120 - 11/02/2013 13:59:49 - (Alberto Cartella) -

L'astrazione un'estrazione di ci che riteniamo importante della cosa di cui viene predicata l'essenza. In questo momento questa estrazione non mi interessa, preferisco il concetto di funzione e di simbolo, i quali non pretendono di dire come stanno le cose, ma sono degli esercizi per non risolvere l'inquietudine che ci accompagna.

ID28121 - 11/02/2013 14:08:08 - (Alberto Cartella) -

Ci sono vari livelli di astrazione. Dalla traduzione, alla comprensione, all'interpretazione. Queste sono legate alla rappresentazione, la quale rischia di ingannarci, assorbe la descrizione in un senso. Si passa dalla descrizione alla traduzione. Ci si convince di poter trasmettere cosa un'immagine esprime. L'interpretazione legata al dare senso. A me interessa la descrizione, si tratta di una presa d'atto che ci che vedo ruota attorno a quel vuoto, al non realizzato.

ID28122 - 11/02/2013 14:43:00 - (Dru) - prima parte.

"""D'altronde Cartella non siamo noi quello che facciamo?" Non credo proprio. C' qualcosa che scivola di piano in piano in quello che di volta in volta facciamo."" Appunto le cose sono eterne e non sono assolutamente cose che facciamo noi, se un pochino ha seguito il mio dire invece di arrabbiarsi è un po' che vado ripetendolo e anche quella domanda era appunto una provocazione.

ID28123 - 11/02/2013 14:45:42 - (Dru) - seconda parte

"Le ripeto che non vi un'univocità del linguaggio. Il significato manca la cosa, il significato dato dall'uso, dalla catena dei significanti. Non si tratta di qualcosa di astratto che sta al di l del linguaggio, si tratta di effetti di significato. Non c'è una base o una struttura al di l del linguaggio che viene colta mediante il linguaggio." lei dice qui che c'è un unico linguaggio il fatto che non ci sia nel suo dire lo sta a dimostrare incontrovertibilmente. Più semplice di così non riesco davvero ad essere, ma si rilegga quando dice e vuole dirmi che non 'c'è univocità di linguaggio o non vuole dire una verità e allora non so a cosa o a chi parla , e parla a vanvera o sta dicendo che vi è un 'linguaggio, il suo.

ID28124 - 11/02/2013 14:53:50 - (Dru) - terza ed ultima parte

a tutti ( e soprattutto ai filosofi) interessa dare senso alle cose, che è poi la descrizione e il descritto e ciò che c'è tra descrizione e descritto non solo a lei, lei non è assolutamente diverso in questo da me e da nessun altro il descritto avrà pur un senso al trimenti pazienza"Ci sono vari livelli di astrazione. Dalla traduzione, alla comprensione, all'interpretazione. Queste sono legate alla rappresentazione, la quale rischia di ingannarci, assorbe la descrizione in un senso. Si passa dalla descrizione alla traduzione. Ci si convince di poter trasmettere cosa un'immagine esprime. L'interpretazione legata al dare senso. A me interessa la descrizione, si tratta di una presa d'atto che ci che vedo ruota attorno a quel vuoto, al non realizzato." So che ora lei mi risponderà che non lo fa per distinguersi e che a lei non interessa questo punto, ma a me interessa invece di mettere in chiaro che lei cerca l'introvabile quando scivola dal

ID28125 - 11/02/2013 14:54:08 - (Dru) -

piano del senso a quello del non-senso.

ID28126 - 11/02/2013 14:59:20 - (Dru) - Quando lei ha scritto che la Giustizia non esite

si è reso conto della bestialità che ha detto o no ? poi non si irpari sul dire che non ha detto che la Democrazia non esiste, poichè per chi dice che non esiste Giustizia dice che non esiste Democrazia e via discorrendo, altrimenti continua a dire di contraddizioni su contraddizioni che non hanno alcun contenuto.

ID28127 - 11/02/2013 15:06:23 - (Dru) - Vede Cartella

ora lei potrà arrampicarsi ed inerpicarsi su qualsiasi superficie vetrosa, ma resta che ha scritto che Giustizia non esiste, lo porvi a fondare questo giudizio.

ID28128 - 11/02/2013 15:09:56 - (Dru) - Qui invece scrivo per chi mi critica di non essere sintetico

So che il Cartella non aveva intenzione di essere nichilista e pensava ad una giustizia praticata e non alla Giustizia tout court, ma un filosofo quando fa filosofia deve stare molto attento nei giudizi e non parlare come fa la doxa o l'opinione dei comuni mortali che vivono con due teste e si ingannano.

ID28129 - 11/02/2013 15:13:48 - (Dru) - Caro Cartella

vi è solo una non-cosa che non esiste e è il non essere che viene dal suo contrario respinto con energia infinita e per questo possiamo dire che non-esiste, possiamo dirlo ma anche questo dire è un dire contraddittorio.

ID28148 - 11/02/2013 19:26:18 - (Alberto Cartella) -

"Appunto le cose sono eterne e non sono assolutamente cose che facciamo noi" Questo quello che dice lei, non quello che ho scritto, non si tratta delle cose ma del costituirsi della nostra soggettivit. se un pochino ha seguito il mio dire invece di arrabbiarsi un po' che vado ripetendolo e anche quella domanda era appunto una provocazione". Non so di che cosa sta parlando, non mi sono arrabbiato con lei, tento di discutere con lei ma come lei stesso dice lei fermo alla provocazione senza argomentazioni.

ID28149 - 11/02/2013 19:31:55 - (Alberto Cartella) -

"lei dice qui che c' un unico linguaggio il fatto che non ci sia nel suo dire lo sta a dimostrare incontrovertibilmente. Pi semplice di cos non riesco davvero ad essere" Sar anche semplice ma non la seguo, ho scritto che non c' un'univocit del linguaggio, vuol dire che non il significato ci che si intende ma il significante. Il significato un effetto del significante, non qualcosa che si comprende immediatamente che sta al di l del linguaggio. la struttura stessa ad implicare ci che non sta a questa struttura.

ID28150 - 11/02/2013 19:32:53 - (Alberto Cartella) -

Continuo dopo perch vado a nutrirmi.

ID28154 - 11/02/2013 20:11:47 - (Dru) - no Cartella l'essere eterno delle cose tutte

Questo è l'incontrovertibile e non lo dico né io né lei ma l'impossibilità dell'esser sé dell'essente ( le cose ) di essere il loro altro... sul linguaggio debbo insistere e lei provi a comprendere, se i linguaggi fossero soli due quale quello che è linguaggio e quale no? E il suo da che parte sta? ( mie provocazioni per farla riflettere), infine tra il linguaggio e il suo opposto esiste un medio?

ID28157 - 11/02/2013 20:31:30 - (Alberto Cartella) -

L'essere eterno delle cose tutte qualcosa di molto astratta ed una sua supposizione che ha aggiunto lei adesso. L'essere eterno delle cose tutte non mi interessa, sono rimasto a ci che non si risolve in quella costruzione ad un livello altissimo di astrazione che lei m propone, ma che a me non interessa. L'essere eterno delle cose tutte lo lascio pure a lei. "L'impossibilit dell'esser s dell'essente (le cose) di essere il loro altro". Le cose non sono dell'ordine del linguaggio, mi interessa il resto, il prodotto del linguaggio che il linguaggio non riesce del tutto ad annullare nel simbolo. Inoltre le ripeto che non mi interessano le provocazioni, ma la discussione. Nella sua provocazione lei d per scontato il linguaggio. Il linguaggio non esiste. Il linguaggio quel che si cerca di sapere circa la funzione di ci che non riducibile al linguaggio.

ID28158 - 11/02/2013 20:35:57 - (Alberto Cartella) -

Quando dico non esiste non dia per scontata l'esistenza. Le ripeto che per dire che una cosa esiste bisogna saper trovare dov' questa esistenza. L'esistenza una costruzione.

ID28159 - 11/02/2013 20:38:46 - (Alberto Cartella) -

C' qualcosa che nella costruzione non sta alla costruzione stessa. Lei salta sempre il passaggio al riferimento iconologico che non si contappone al linguistico, ma irriducibile al linguistico.

ID28160 - 11/02/2013 20:46:59 - (Alberto Cartella) -

Si tratta del non risolversi in questa costruzione, che non vuol dire negarla o contrapporsi ad essa, cogliendo il fondo della pura visivit dell'immagine. Se la si risolve vi l'inganno di un perfetto rispecchiamento fra la costruzione e il dato da vedere. Non salti i passaggi.

ID28161 - 11/02/2013 20:49:22 - (Alberto Cartella) -

"La democrazia il punto di cedimento delle basi su cui si vorrebbe fondare la democrazia".

ID28163 - 11/02/2013 21:01:54 - (Alberto Cartella) -

Quando ho scritto "la giustizia non esiste non ho scritto semplicemente questo ma ho scritto "La legge uguale per tutti, come il rispetto dei diritti umani astrazione pura. Che cosa vuol dire diritti delluomo? Le dichiarazioni dei diritti delluomo non sono mai fatte in funzione e insieme alle persone interessate. Per gli interessati il problema non sono i diritti delluomo, ma la questione di giurisprudenza.Tutti gli abomini che luomo subisce sono dei casi, non sono la negazione di diritti astratti. Sono casi abominevoli e si potr dire che alcuni casi si somigliano, ma sono casi di giurisprudenza. La giustizia non esiste. I diritti delluomo non esistono. Conta la giurisprudenza, questa linvenzione del diritto. La giurisprudenza la vita; non ci sono diritti delluomo, ma ci sono dei diritti della vita e la vita un insieme di casi". Si tratta di contesti che si sono attraversati e che importante non risolvere in estrazioni-astrazioni.

ID28164 - 11/02/2013 21:13:14 - (Dru) - ho già parlato troppo

La leggerò con interesse, spero che chi ci ha ascoltato abbia inteso cosa abbiamo entrambi detto.

ID28165 - 11/02/2013 21:43:26 - (Alberto Cartella) -

Per quanto mi riguarda confido che apra all'interrogazione. Il malinteso fondamentale porta ad una ricchezza. Lerrore apre il testo, la comprensione intellettuale invece statica. Mi interessa il malintendere (si tratta dell'articolo "la nevrosi della comprensione e dell'interpretazione, ovvero del passaggio precedente).

ID28209 - 13/02/2013 08:03:58 - (Dru) - adesso che un poco le cose si sono sedimentate

l'astratto è caro Alberto ciò da cui il concreto parte... un esempio è il concreto del nostro vivere, si immagini un'industria senza la matematica, fallirebbe dopo 2 ore... questa non è farina del mio sacco, questa è farina del sacco del filosofo più grande che umanità abbia avuto negli ultimi 200 anni. Sa chi ha fondato la matematica e chi l'ha voluta come necessaria nelle scuole ? i filosofi che appunto fondano il concreto in cui oggi viviamo.

ID28210 - 13/02/2013 08:05:14 - (Dru) - se lei dice che non vuole astrarre

beh, semplicemente le dico buon lavoro, ma sarà sempre un lavoro di second'ordine.

ID28224 - 13/02/2013 19:11:58 - (Alberto Cartella) -

La filosofia precisa come la matematica. Nella filosofia non c mai il caso, non succede mai niente a caso. Ci che invece differenzia la filosofia dalla matematica una questione di potenza: la matematica se considerata nella sua funzionalit (quindi non si sta parlando della matematica pura, la quale pi vicina alla mistica) una delle cose pi potenti che ci siano, mentre la filosofia nel modo politico legata a un depotenziamento della soggettivit che si approssima allimpersonale. Si tratta di rimanere nel linguaggio con una consapevolezza differente rispetto alla concatenazione linguistica. "se lei dice che non vuole astrarre" non ho mai detto una cosa del genere le ripeto che ci sono vari livelli di astrazione, a me interessa la descrizione, la quale una descrizione intorno ad un vuoto. Questo vuoto concreto, concresce ed si tratta di una vaga sensazione di una perdita in quanto tale che scivola di piano in piano.

ID28225 - 13/02/2013 19:14:00 - (Alberto Cartella) -

Come ho gi scritto nell'articolo non si tratta n del primo n del secondo ordine e nemmeno della rivoluzione, ma del punto di cedimento di questa dialettica. Grazie per la discussione

ID28226 - 13/02/2013 19:20:07 - (Alberto Cartella) -

Nel rapporto che costituiamo, attraverso la via della visione, con gli accadimenti che compongono il nostro vissuto, qualcosa, pur trasmettendosi di piano in piano, scivola via, rimane in qualche modo sempre eluso. Quello che del nostro vissuto sembra passare di piano in piano, insieme a ci che riteniamo ci sia effettivamente accaduto, proprio la vaga sensazione di una perdita in quanto tale. Questo senso aleatorio di elusione del proprio vissuto viene di conseguenza a far parte costitutiva delle nostre visioni.

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