28 Giugno 2012, 12.05
Pensieri&Parole

Campane mortali

di Itu

In un paese il rintocco lungo e vibrato su l'unica altezza non mette dubbi, qualcuno della comunitŕ č morto, chi rimane si sente rabbrividire se amico o parente o quel passante che tutti i giorni incontri per strada.

 
Non è possibile far finta di niente, sai che la febbre sale nella confusione che il primo lutto porta con sé, la burocrazia e le decisioni, i riti e le rimembranze, passi comuni per accedere al silenzio che verrà, quello che mette alla prova la consapevolezza di tutto quello che sarà senza il nostro corpo.
Un corpo che ci fa compagnia per un tratto del comune vivere la vita terrena, un corpo che si trasforma e si adatta a prove e riprove dell’universale progetto.
 
L’unica persona che da piccola riuscì a parlarmi della morte fu mia zia Mida.
Passavamo davanti al cimitero dove erano seppelliti i nonni e dove anch’essa adesso riposa e mi ricordava la preghiera cristiana, la faceva finire in fretta e furia con un amen e così sia, un sorriso devastante perché stavamo andando a far la spesa e le lacrime raggrumate della pietà senza fine negli occhi di chi ha visto il ciclo aprirsi e chiudersi tante volte.
 
Le davo la mano e sentivamo insieme tutto il rumore delle anime che passano, e poi il silenzio.
Nel suo letto di morte mi scivolarono dagli occhi le lacrime consapevole che entrambe stavamo elaborando quei momenti insieme, a ricordarci che morire è solo un attimo, la sofferenza per lasciare il nostro corpo il vero dramma da interpretare.
 
 


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