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martedì, 3 ottobre 2006 Aggiornato alle 00:00Conquiste

Roby Manni all'attacco del Shisha Pangma

di Ubaldo Vallini
L’attesa è stata lunga al campo base, dove per iniziare la scalata al Shisha Pangma Roberto Manni era arrivato già a metà settembre. Solo l’altro ieri, lunedì, si è aperto il primo concreto spiraglio di bel tempo.
L’attesa è stata lunga al campo base, dove per iniziare la scalata al Shisha Pangma Roberto Manni era arrivato già a metà settembre.
Solo questo lunedì, infatti, si è aperto il primo concreto spiraglio di bel tempo.

Un’evoluzione climatica positiva che ha finalmente permesso allo scalatore valsabbino e a Simone La Terra, il collega di Castiglione delle Stiviere che era partito con lui, di raggiungere il campo uno a 6.400 metri di quota.

Ieri, sempre col favore del bel tempo come si vede nelle fotografie inviate da Roberto alla moglie Lorella, la decisione di raggiungere il campo due a quota 6.800.

“L’ultima volta che Roberto è riuscito a comunicare aveva appena raggiunto il campo due mentre Simone era rimasto leggermente attardato. Si stava alzando il vento e la nebbia” ci ha detto Lorella, che si mantiene in contatto col marito grazie ad un telefono satellitare da utilizzare con assoluta parsimonia.

Se le condizioni fisiche, ma soprattutto quelle meteorologiche lo permetteranno, l’idea di Roberto Manni è quella di ripartire già questo mercoledì per arrivare a piazzare un bivacco a quota 7.100.

Sarrebbe questo l’ultimo “trampolino di lancio” per conquistare la vetta e il “se” è sempre d’obbligo quando si ha a che fare con i ghiacciai del tetto del mondo.

Il Shisha Pangma, con i suoi 8.027 metri, è il più piccolo degli “8mila” himalayani, l’unica montagna di questa categoria ad essere interamente in territorio tibetano.
Nell’idioma locale il suo nome significa “Cresta sui pascoli”.

Roberto Manni, scalatore 43enne di Nozza di Vestone che di mestiere fa la guida alpina a Madonna di Campiglio, è alla sua seconda esperienza con questo tipo di impresa.
L’anno scorso era riuscito a raggiungere gli 8.201 metri della vetta del Cho-Oyu.

Proprio in quell’occasione, dopo aver lasciato indietro uno alla volta i compagni di cordata che lo avevano sostenuto fin quasi alla fine, aveva conosciuto Simone La Terra, trascorrendo con lui i momenti difficili del bivacco: per giorni in attesa che si placasse la bufera prima di sferrare l’attacco finale.
In quell’occasione è scaturita la stima e l’amicizia che li ha portati a riproporsi nuovamente insieme al cospetto delle grandi montagne.

 

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