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lunedì, 12 settembre 2016 Aggiornato alle 16:33Terza pagina

Fiori recisi per vite spezzate

di LoStraniero
Grande commozione m’investe quando osservo i fiori deposti nei luoghi di caduta di vittime ignare e sfortunate dei barbari...

Petali di mille colori che volano al vento come frammenti di stelle fuggiti dagli occhi, come frantumi d’affetti e di sogni dispersi.
E sembra che gridino a un cielo lontano: cos’è mai, cos’è mai, cos’è mai la vita. 
Fiori deposti per vite stroncate da gente sbagliata.
Un gesto gentile di grande umanità e compassione. Un gesto d’amore e di pietà. 
Un gesto di civiltà.
Eppure la natura, se “variopinge” quelle corolle con tanti colori, non lo fa per noi o per destare la nostra ammirazione, ma per attirare gli insetti.

Nel buttar giù queste righe ero indeciso sul titolo.
Avevo pensato di chiamarle: “Allo stato brado”.
Oppure: “Il tragico cincischio”.
Oppure: “La funzione di imbecillità”.
Infine ho optato per i fiori.

Lo stato brado è quello dei paesi della DE.
DE è l’acronimo di Disunione Europea (o se volete Disintegrazione Europea).
Dove sono finiti gli ideali di pace, unità, prosperità dei padri fondatori di un’Europa unita?
Sono dispersi dal vento come i petali dei fiori?
I disastri provocati dalle guerre sono stati dimenticati?

Non passa giorno ormai che non sia funestato da notizie tragiche di morti violente provocate da attentati, stragi o disastri.
La modalità della comunicazione è sempre la stessa: attentato a … (seguono luogo e il numero di morti e di feriti). 
Quindi le dichiarazioni di politici: tutte uguali. 
Quindi i discorsi nei funerali: tutti uguali.
I termini più frequentemente pronunciati, dopo aver naturalmente addossato responsabilità e colpe ad altri, sono: “bisognerà”, “vedremo”, “faremo”. Tutti futuri.
Futuri ai quali segue il nulla. Cioè il cincischio.

Com’è possibile che i capi di governo e le persone preposte agli apparati europei ignorino con chi e con che cosa abbiamo oggi a che fare?
Questa è gente che vede corto o, più probabilmente, finge di non vedere.
Eppure la storia che viviamo è già accaduta ed è stata scritta da tempo. Basta leggerla.

Cito alcuni eventi della storia di Roma. 

364 d.C. – A Nicea viene nominato imperatore Valentiniano I il quale, dopo un mese, associa al potere come Augusto il fratello maggiore Valente al quale assegna le province orientali.
Si spacca così l’impero in due: quello d’Oriente e quello d’Occidente.

La principale preoccupazione dei due Augusti non è quella di fare nuove conquiste, essendo già l’impero molto vasto, bensì quella della difesa dei confini esistenti oltre, naturalmente, quella del mantenimento dell’ordine interno.

Valentiniano, per essere più vicino ai campi di battaglia, stabilisce la sua sede prima a Milano e poi Treviri, mentre Valente si insedia ad Antiochia.
Valentiniano, uomo rude per non dire rozzo, disdegna gli uomini di cultura perciò ricorre sempre più massicciamente ai barbari, sia nelle funzioni civili, sia in quelle militari.

I Germani sconfitti vengono poi insediati nei territori romani come coloni, introducendo così nel cuore dell’impero il germe di una malattia mortale.

376 d.C. - A seguito dell’inserimento tra Ostrogoti e Visigoti di feroci orde di Unni, gruppi di Goti chiedono all’imperatore Valente di trasferirsi al di qua del Danubio.
Nonostante alcune titubanze l’imperatore accetta la richiesta, nella prospettiva di disporre di nuove braccia per coltivare le terre incolte e nuovi soldati per rinfoltire l’esercito, ma a condizione che i Goti consegnino le armi e diano i loro figli in ostaggio.

E qui interviene la venalità di Lupicino e di Massimo e la corruzione dei funzionari imperiali addetti all’accoglienza i quali, all’insaputa dell’imperatore, dietro accettazione di oggetti d’oro o d’argento e gioielli, consentono ai Goti di mantenere le armi. Inoltre si appropriano delle derrate destinate a queste popolazioni per rivenderle altrove, costringendole alla miseria e alla fame. Sui figli presi in ostaggio esercitano poi ogni sorta di angherie, soprusi, violenze e stupri.

E’ sconfortante costatare che, dopo più di 1600 anni di storia, persistono nella nostra società abitudini e comportamenti analoghi. 

378 d.C.
– Per non farla lunga, questi Goti, a un certo punto, si ribellano e distruggono l’esercito romano, capeggiato dallo stesso Valente, nella battaglia di Adrianopoli nella Tracia (l’attuale Edirne, in Turchia europea), in cui muoiono circa 30.000 soldati romani. L’imperatore stesso vi perde la vita.
Questa sconfitta segna l’inizio della fine dell’impero romano.

Le conseguenze sono la generalizzazione del ricorso a forze mercenarie barbare nell’esercito, le quali praticano sull’autorità imperiale un ricatto continuo in termini di donativi e di privilegi di ogni genere.

La vera natura di certi soggetti è generalmente nascosta ed è perciò difficile da scoprire e spesso rimane ignota per tutto il corso della vita.
Essa si rivela soltanto in concomitanza con alcuni accadimenti particolari.
E questi accadimenti sono avvenuti.
Mi riferisco ai membri della DE. 

Il comportamento dei componenti della DE ha rivelato di che pasta è fatta questa gente: un apparato burocratico e antidemocratico costosissimo dove prevalgono interessi egoistici di singoli.
Quando i fenomeni sono di livello generale e comune è necessario che se ne occupi un organo, un’istituzione di pari livello con il potere democratico di prendere decisioni rapide e idonee innanzitutto a prevenire i fenomeni negativi e poi, una volta malauguratamente insorti, a fronteggiarli e risolvere i problemi da essi generati.

Nella DE alcune funzioni di carattere generale sono svolte da nessuno
o, al limite, un po’ da tutti, ognuno a suo modo e per conto suo, senza coordinamento neppure sul piano informativo. E’ lo stato brado.
D’altronde chiamandosi DE ciò è normale.
Dagli attentati terroristici in Francia e in Belgio sono emerse disfunzioni e carenze di coordinamento tra i servizi di intelligence e di polizia che non si sono scambiate informazioni perché sarebbero “gelosi”.
Per questa gelosia ci hanno rimesso la vita molte persone innocenti.

E qui interviene la funzione di imbecillità.
Il tragico cincischio dipende da essa.
Chi fosse interessato potrebbe leggere il libro di Fruttero e Lucentini dal titolo “La prevalenza del cretino”dove si dice che il cretino "è un personaggio a bassissima mortalità per cui lo si trova dappertutto e una società molto complessa“ gli ha aperto infiniti interstizi, crepe, fessure orizzontali e verticali, a destra come a sinistra, gli ha procurato innumeri poltrone, sedie, sgabelli, telefoni, gli ha messo a disposizione clamorose tribune, inaudite moltitudini di seguaci e molto denaro”.

Nel libro si parla di cretini, i quali certamente differiscono dagli imbecilli, ma per costruire la funzione di imbecillità il procedimento non cambia anche se i soggetti sono diversi.
Della correlazione tra cretini e imbecilli tratterò semmai in futuro.
Qui riporto solamente una frase di D’Annunzio che definì Marinetti: “un cretino con qualche lampo di imbecillità”.

Quanto alla procedura per realizzare la funzione porto un esempio.
Poniamo che un ricercatore, esperto di imbecilli (lui dice che ce l’hanno scritto in fronte), sia stato incaricato di stimare quale percentuale di questi contiene una certa popolazione.

Popolazione è un termine generico che sta per un insieme di soggetti (per esempio tutti gli addetti a un certo servizio) o anche di oggetti.
La prima cosa che egli fa è quella di farsi un’idea di questa percentuale, aggiornandosi attraverso i media e altre fonti sulle abitudini della popolazione in esame e sui suoi comportamenti prima e dopo gli eventi.

Successivamente egli estrae da questa popolazione un campione casuale, mettiamo di dieci individui, per verificare quanti di essi posseggono l’ambita qualità.
L’apporto di informazione fornito dal campione osservato può portare a modificare la prima idea di percentuale del ricercatore.
Generalmente il campione casuale viene replicato più volte, determinandosi così le frequenze relative.

Ora se il ricercatore si fosse formata l’idea iniziale che su dieci soggetti ci siano nove imbecilli, mentre dall’esito campionario risulti invece che otto elementi su dieci siano in media imbecilli, è chiaro che questo apporto di informazione porterà il ricercatore a cambiare la sua idea originaria.
Coniugando la prima informazione con quella derivante dal campione il ricercatore giunge infine a stimare una percentuale dell’ottantacinque per cento di imbecilli presenti nella popolazione.

Io penso che se questa procedura venisse applicata a tutti quelli della DE che agiscono allo stato brado, il risultato non si discosterebbe molto da quello dell’esemplificazione.

LoStraniero
 

 

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