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venerdì, 10 aprile 2020 Aggiornato alle 12:33Tradizioni

Quest'anno niente processione delle bore a Storo

di Gianni Zontini
Sarà un Venerdì santo particolarmente silenzioso quest'anno a storo perché non rimbomberanno i colpi dei batisùr sulle bore, come d'antica tradizione

Quest’anno a Storo la sera del venerdì Santo sarà, per causa di forza maggiore, particolarmente sobria e silenziosa perché, rispetto alla tradizione, nelle vie del centro storico non rimbomberanno i colpi delle mazze ritmicamente battute sui tronchi di abete (le bore) portate in processione da squadre di giovani del paese.
Proprio per questa caratteristica la tradizionale processione che parte dalla chiesa parrocchiale di San Floriano dopo la celebrazione della Via Crucis è storicamente ricordata come ‘La processione delle bore’, anche se sono tanti e spettacolari gli altri aspetti che la caratterizzano, in particolare le cosiddette ‘stazioni viventi’,  cioè scene della passione di Cristo allestite nei punti più suggestivi del percorso e interpretate da figuranti in costume.

Questa processione con le sue ‘stazioni viventi’ rientra in quelle ‘sacre rappresentazioni’, nate a partire dal XII secolo, sviluppatesi molto in tutta Italia soprattutto nel XVI secolo, anche sotto forma di folclore laico legato a ricorrenze religiose, e decadute un po’ alla volta negli ultimi due secoli: al giorno d’oggi l’Unesco le valorizza definendole ‘beni immateriali’, occasioni preziose di incontro e collaborazione per le varie comunità. La tradizione del battito delle bore è invece molto rara e probabilmente molto antica: l’antropologa Michela Zucca sostiene che risalga addirittura ai popoli preromani, quando all’inizio della primavera il rito pagano del battito di tamburi e tronchi intendeva risvegliare la natura e far crescere l’erba rigogliosa.

La ‘processione delle bore’ di Storo in realtà aveva fatto la fine di tante altre manifestazioni folcloristiche legate a ricorrenze religiose, in particolare a quelle della Settimana Santa, che tra l’Ottocento e il Novecento erano andate in disuso.

Quella di Storo venne soppressa d’autorità nel 1938. Quell’anno il parroco Don Colmano aveva avvertito per tempo i fedeli che non avrebbe accettato di seguire la processione se essa fosse stata accompagnata dalle bore. Il motivo ufficiale che aveva dettato la sua drastica decisione era che al termine della funzione le compagnie dei ‘batedùr’ (battitori) solevano radunarsi in qualche casa a gustarsi una buona fetta di polenta carbonera, ricca naturalmente di salame, assolutamente proibito durante il Venerdì Santo (i batedùr si giustificavano affermando di godersi il tradizionale piatto dopo mezzanotte, dopo quindi che era scaduto il termine del divieto).

La sera del Venerdì Santo, durante la celebrazione della Via Crucis in chiesa, Don Colmano si accorse che sul sagrato si erano radunate alcune squadre di batedùr. Annunciò quindi che la processione era annullata. A questo punto un giovanotto, rimasto proverbiale nella storia del paese, entrò in chiesa, prese la croce che tradizionalmente apriva il corteo ed uscì dalla chiesa, seguito dai fedeli che lasciarono da solo lo sbigottito celebrante. Fu quella l’ultima ‘processione delle bore’ che si vide a Storo, nonostante che il prete in questione se ne fosse andato dal paese ancora quell’anno.

Rimase ancora in auge per alcuni decenni la tradizione delle ‘stazioni viventi’, poi nel 1960 scomparve anch’essa. Con il passare del tempo il ricordo si affievolì; soltanto gli anziani ne coltivavano la memoria e qualche libro di storia locale raccontò con una certa nostalgia questa tradizione del passato.

Non tutti però si rassegnarono e nel 2002 un gruppo di amici fondò il gruppo folk ‘I batedùr de bore’, raccolse testimonianze e indicazioni dagli anziani che avevano vissuto quell’antica tradizione, coinvolse numerose persone, soprattutto giovani, si organizzò per rimetterla in piedi e, soprattutto, ottenne il consenso del parroco Don Michele Balestra a partecipare a quell’importante rito sacro. Vennero attrezzate due bore di 8 metri, vennero allenate due squadre di battitori (16 per bora) e l’oratorio allestì tre stazioni viventi con figuranti in costume; il percorso venne abbellito con luminarie varie, in particolare con lumini ricavati, anch’essi in base alla tradizione, nei gusci di lumaca.

Fu così che la sera del venerdì Santo del 2003 dopo la funzione della Via Crucis in chiesa, per le vie del vecchio paese rimbombarono ancora, dopo ben 65 anni, i colpi secchi e ritmati delle mazze di legno battute sui tronchi di abete in accompagnamento alla processione. Una numerosa folla partecipò a quell’evento, che venne seguito con particolare attenzione dai Mass media locali. La cosa più bella fu vedere la commozione degli anziani che non risentivano quei suoni e non rivedevano quelle immagini dai tempi della loro gioventù.

Da allora la ‘Processione delle bore’ è tornata ad essere, con qualche modifica, una tradizione del paese. La Via Crucis non si celebra più in chiesa come nei primi due anni, ma lungo le vie del paese, dove vengono allestite le stazioni canoniche con una settantina di figuranti (una volta le’stazioni viventi’ erano quadri della passione di Cristo anche diversi dalle 14 stazioni canoniche, come ad esempio ‘l’ultima cena’ o ‘l’arresto di Gesù’). Le bore sono sempre rimaste due con oltre 100 persone che si sono alternate nelle squadre dei battitori. I partecipanti sono sempre molto numerosi e provengono anche da altri centri del Trentino e del Bresciano.

Gli scopi dichiarati dal gruppo che ha recuperato la tradizione sono stati realizzati: vivere l’emozione dei nostri nonni, documentare l’avvenimento con immagini e filmati (tra questi un documentario del 2009), farla tornare una tradizione che, coronavirus permettendo, tornerà ad emozionarci nella primavera del 2021.

Gianni Zontini

FOTO 1 BATEDUR foto di Gerardo Sai
FOTO 2 I BATEDUR ELVIO ZONTINI SCANDISCE LE BATTUTE foto di Gianni Zotta
FOTO3 LA SECONDA STAZIONE DELLA VIA CRUCIS Foto di Michele Morelli
FOTO 4 LUMICINI NEI GUSCI DI LUMACA LUNGO IL PERCORSO Foto di Flora Fia
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