Un argomento complesso sul quale non ci stiamo giocando solo la credibilità degli esperti, ma anche il futuro delle nostre società, se non della specie umana. Abbiamo fatto il punto con Mariano Mazzacani
Abbiamo già detto della profonda crisi idrica che ha colpito il nostro paese in questo caldo 2022, eventi prevedibili di cui gli scienziati e tecnici, a cui si univano gli ambientalisti, mettevano in guardia da anni.
Cerchiamo di approfondire l’argomento in modo da avere uno scenario oggettivo che possa corroborare le tesi presentate.
Ci facciamo aiutare, come riferimento oggettivo, da documenti ufficiali di istituti nazionali ed internazionali.
Il rapporto mondiale delle Nazioni Unite sullo sviluppo delle risorse idriche del 2020 redatto da Unwater, organismo delle Nazioni Unite, intitolato Acqua e cambiamenti climatici afferma:
“I cambiamenti nella tendenza delle precipitazioni e temperature influenzeranno direttamente il bilancio idrico mondiale (Schewe et al., 2014).
Secondo le previsioni, l’evaporazione dai terreni aumenterà in conseguenza della tendenza all’aumento delle temperature dell’aria in tutto il mondo, eccezion fatta per le regioni più secche, in cui la mancanza di acqua impedirà tale incremento.
Sebbene questa crescita possa essere controbilanciata dall’incremento delle precipitazioni, in numerose regioni – in particolare in quelle aree in cui si registrerà una riduzione dei volumi delle precipitazioni – ciò condurrà a una riduzione dei flussi dei corsi d’acqua e della disponibilità di acqua nelle varie stagioni (IPCC, 2018 a).
Queste riduzioni influenzeranno direttamente la disponibilità di acqua per i prelievi idrici per l’agricoltura, l’industria e le forniture domestiche, come pure per gli utilizzi dei corsi d’acqua, ad esempio per la generazione di elettricità, la navigazione, la pesca e gli scopi ricreativi, e avranno anche ripercussioni sull’ambiente in generale".
La figura seguente è abbastanza eloquente e visto che siamo ormai prossimi al raggiungimento dell’incremento dei 2°, vi è viva preoccupazione negli ambienti scientifici che spingono sulla necessità di agire quanto prima.
Come si vede dalla cartina l’Italia sarà interessata da una tendenza al ribasso della disponibilità di acqua tra il 30% fino al 50% nel sud e nelle isole.
A livello mondiale va ricordato che, già oggi, circa quattro miliardi di persone vivono in condizioni di grave scarsità fisica di acqua per almeno un mese all’anno (Mekonnen e Hoekstra, 2016) mentre circa 1,6 miliardi di persone, pari a quasi un quarto della popolazione mondiale, devono far fronte alla scarsità economica di acqua.
Queste persone, in pratica,
non dispongono delle necessarie infrastrutture di accesso all’acqua (UN-Water, 2014).
Gli studi previsionali indicano che la scarsità idrica continuerà ad aggravarsi in futuro ed entro il 2050 circa il 52% della popolazione mondiale vivrà in regioni soggette a stress idrico (Kölbel et al., 2018).
La situazione certamente non si presenta esattamente rosea.
Il rapporto ci suggerisce però possibili azioni di mitigazione ambientali come per esempio il recupero e la conservazione delle zone umide, azione certamente molto importante.
Secondo le stime, nel corso degli ultimi 100 anni è andata perduta all’incirca il 50% delle zone umide naturali del mondo e, insieme a queste, una quota significativa delle specie che vivono nelle acque dolci (UN Environment/UN-Water, 2018).
Il tasso di perdita delle zone umide è di tre volte superiore rispetto a quello delle foreste (Ramsar Convention on Wetlands, 2018).
Griscom et al. (2017), indicano che
almeno ⅓ della mitigazione dei gas ad effetto serra entro il 2030 potrebbe essere conseguito attraverso una mitigazione basata sugli ecosistemi, con le zone umide che potrebbero fornire un contributo per una quota pari al 14%. Considerando che le zone umide offrono numerosi vantaggi aggiuntivi – tra cui la mitigazione di inondazioni e siccità, la purificazione dell’acqua e la biodiversità – la loro conservazione costituisce una misura di mitigazione di particolare rilevanza è evidente la loro importanza.
La crisi climatica portà con sé la natura duplice dell’acqua: scarsità ed eccessiva abbondanza portano siccità ed inondazioni.
In tutto il mondo, la frequenza di inondazioni e precipitazioni estreme è cresciuta di oltre il 50% nel corso dell’ultimo decennio; Considerando che inondazioni e tempeste rappresentano all’incirca il 90% delle catastrofi naturali di maggiore gravità (Adikari e Yoshitani, 2009) sarebbe necessario adottare azioni di adattamento e mitigazioni a largo spettro.
Attualmente eventi di questo genere si verificano con una frequenza di
quattro volte superiore rispetto al 1980.
Altri eventi climatici estremi, quali tempeste, siccità e ondate di calore, si verificano con una frequenza cresciuta di oltre un terzo nel corso dell’ultimo decennio; con una frequenza che oggi è il doppio rispetto a quella riscontrata nel 1980 (EASAC, 2018).
La figura 7 mostra la distribuzione spaziale delle inondazioni nel periodo 2001-2018 mentre la figura 8 ci indica per lo stesso periodo la distribuzione delle siccità.
Rivolgendo lo sguardo a casa nostra, grazie al rapporto “
Gli indicatori del Clima in Italia nel 2020” pubblicato da Ispra, è possibile analizzare l’andamento di temperatura e precipitazioni in modo da capire quanto la prima influenzi la seconda.
L’analisi di lungo periodo di cui riportiamo alcuni grafici indicano le differenze tra le temperature medie del 2020 e quelle medie riferite al periodo 1961-1990.
Da tale analisi si evidenzia come, ad eccezione di ottobre con un’anomalia negativa (-0.38°C), in tutti i mesi dell’anno la temperatura media in Italia sia stata superiore alla norma, con un picco di anomalia positiva a febbraio (+2.88°C), seguito da agosto (+2.49°C), mentre per i restanti mesi si sono registrate anomalie inferiori ai 2°C. L’anomalia della temperatura media è stata più elevata al Nord (+1.78°C) e al Centro (+1.61°C) e meno elevata al Sud e Isole (+1.24°C).
Interessante il confronto dell’andamento delle anomalie della temperatura rispetto al valore “normale” del periodo 1961-1990.
Confrontando i dati dell’andamento delle temperature con quelle delle precipitazioni, che riportiamo di seguito, non si percepiscono differenze sostanziali nelle anomalie medie di piovosità in Italia, queste sono espresse in valori percentuali, della precipitazione cumulata annuale rispetto al valore normale 1961-1990 ed il periodo successivo 1991-2020.
Ne desumiamo che la criticità riguardante la disponibilità di acqua non sarebbe da ricondurre alla quantità delle precipitazioni quanto alla qualità delle stesse. Le temperature più alte influiscono sicuramente sulla mancanza di precipitazioni nevose ormai una regola degli ultimi inverni.
A ciò si aggiunga anche l’aumento delle giornate caratterizzate da precipitazioni “monsoniche” rispetto alle piogge continentali di lungo periodo tipiche degli anni ‘60-’80.
La siccità del 2022 potrebbe essere l'inizio di una nuova fase i cui effetti potremmo non essere in grado di prevedere.
Probabilmente si tratta di un’analisi semplicistica poiché va sempre considerato che la complessità dei sistemi naturali è tale che per noi, parassiti della terra, non è sicuramente possibile comprenderne le leggi, ammesso che se leggi che regolino tali complessità ve ne siano.
Troppe le variabili in gioco e troppo limitata è la nostra conoscenza dei meccanismi che entrano in gioco sul tavolo verde di questa partita di dadi che sono le dinamiche della natura terrestre.
Oggi la scienza è certamente in grado di certificare quanto l’impatto antropico “pesi” nel influenzare i meccanismi che impattano in particolar modo sulla velocità dei cambiamenti climatici.
Ma dunque come se ne esce?
Ne usciamo tutti insieme con una spinta dal basso che agisca sulla politica in modo che un, vero, nuovo rinascimento, metta al centro l’ambiente e l’uomo attraverso un nuovo approccio alle gestione delle risorse naturali nell’interesse delle future generazioni.
Mariano Mazzacani