16 Agosto 2014, 07.00
Terza pagina

Aiutarsi

di Davide Bondoni

In questo mio scritto, farò riferimento ad un articolo di Maria Teresa Borgato (Lagrange et le fonds de pension pour le veuves) e alla mia recensione di esso per lo Zentralblatt MATH


L'articolo citato si trova a questo indirizzo. In questo modo, potrò dare molte cose per scontate, riferendomi indistintamente all’articolo della Borgato e alla mia recensione con l’espressione “op. cit.”.

Nel sei-settecento molti stati tedeschi decidono di fondare dei fondi pensionistici per gli orfani e le vedove.
Qual’era il problema? Per dirla con Leibniz: “la giustizia esige che nella repubblica e nella società borghese i casi fortuiti, che sono l’espressione della volontà divina, siano resi, per così dire, comuni a tutti e le persone si aiutino a vicenda (…).
L’intera comunità deve collaborare e aiutare tanto le persone che hanno avuto fortuna che quelle che non l’hanno avuta, attraverso delle sottoscrizioni implicite nei fondi assicurativi” (op. cit. p. 43; la traduzione è mia).

Ora, cosa succedeva alla vedova di un pastore?
Non avrebbe potuto trovare lavoro nella società di allora e anche se l’avesse trovato, sarebbe stato sottopagato. In ogni caso, dopo poco sarebbe finita in strada a chiedere l’elemosina, perdendo il suo status sociale.

I fondi pensionistici sottoscritti dal marito in favore della moglie alla sua morte servivano proprio ad evitare questo declassamento sociale.
Certo, i cattolici facevano molto per i poveri, ma il loro era un approccio sostanzialmente “paternalistico”; erano molto più astratti dei luterani che invece cercavano di unire maggiormente il mondo delle idee con quello della prassi.

I cattolici intervenivano quando ormai il danno era fatto, cioè la moglie del pastore era in strada, disinteressandosi del ruolo sociale di quest’ultima.
Loro aiutavano indistintamente.

Questo è molto bello, ma spesso non è sufficiente: “la cultura protestante rivendicava un ruolo attivo dell’individuo, opposto alla mancanza di assistenza della cultura cattolica” (op. cit. pp. 42—43, la traduzione è mia), come osserva la Borgato.
Io aggiungerei che la cultura cattolica non mancava di assistenza, ma di uno sguardo più orientato alla prassi.

Questo discorso mi è servito per spiegare in modo concreto la differenza nell’aiutare tra cattolici e protestanti. Quindi, oggi si fa un bel parlare sulla soluzione pacifica basata sul dialogo nei conflitti esistenti.
La mia risposta? Il dialogo è percorribile all’inizio. Quando una delle due parti inizia a contare vittime, è difficile fermare lo scontro con il dialogo.

Come fa un governante a spiegare alla sua gente che, nonostante le numerose vittime, va bene così? È lecito, infatti, aspettare del rancore nelle famiglie delle vittime (anche se cristianamente, sbagliato).
A questo punto, più che il dialogo, serve un intervento.
Purtroppo, quando si parla di “intervenire” la gente intende “radere al suolo una nazione”.

Non è così:
l’alternativa non è o stare a guardare sperando in un intervento dall’alto, come un deus ex-machina, o distruggere dalla faccia della terra una nazione. L’alternativa è intervenire in modo saggio.

Ecco, allora, che diventa chiaro il mio discorso sulle pensioni: l’alternativa non è, o lasciamo morire di fame le persone diventate indigenti o diamo loro degli aiuti dall’alto. No, interveniamo in maniera tale che queste persone possano esse stesse, per così dire, aiutarsi.

Non “o si prega o si interviene”, ma “si interviene pregando”
, essendo la preghiera quella teoresi che guida la prassi.
Su questo, bisogna dire che almeno i primi protestanti hanno fatto tanto.
Aggiungo anche che l’atteggiamento invocato più sopra da Leibniz aiuterebbe anche noi, abitanti di piccoli paesi confinanti, ad andare d’accordo nelle nostre piccole dispute.

davide bondoni




Commenti:
ID48618 - 16/08/2014 11:32:41 - (Aldo Vaglia) -

L'interesse per il bene altrui, che poi diventa il bene proprio, e' sempre piu' scacciato dalla politica (che avrebbe solo questa funzione) e sostituito con l'interesse individuale, o di piccoli gruppi. Questi hanno l'intelligenza di far credere che le loro azioni portano beneficio a tutti. Se si capisse realmente la differenza tra prassi ed ideologia, anche il piu' sciocco non verrebbe corrotto dalle chiacchire del potere. Ed ogni sistema avrebbe come fine la ricerca della felicita' e del bene comune. Perche' anche la felicita' e' possibile solo se si puo' condividere.

ID48628 - 16/08/2014 20:13:52 - (Dru) - Lo scritto è piacevolissimo, come altrimenti, ma vorrei stimolare la discussione

Come fa un governante, come l'ideologia, ad ascoltare e accettare la prassi che governa se il governato vuole a sua volta governare? Quando la teoria (ideologia) si accompagna al desiderio di agire, l'ideologia perde potenza, e ciò che è meno potente, è destinato a soccombereE se un ideologia sposa una prassi sia per le idee sia per agire? All’interno di questa analisi del potere si inserisce una riflessione sul senso che l'ideologia assume alla luce della tecnocrazia imperante dominata dalla logica del profitto.E se un'ideologia sposa la prassi sia per l'ideologia sia per la prassi? Non potremo ideologizzarla, come quando in cima ai suoi pensieri sta soltanto l'ideologia e nemmeno quando in cima sta il desiderio di condurre una vita all'insegna della prassi. “Ognuna delle due cime rimpicciolisce l’altra, cioè si serve dell’altra come mezzo per farsi spazio”.La scusa dell'ideologia per il pragmatismo, la scusa del pragmatismo

ID48629 - 16/08/2014 20:15:12 - (Dru) -

per l’ideologia.

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Proprio così Non mi capita spesso di leggere un articolo che mi trova totalmente d’accordo con quanto in esso scritto, quasi parola per parola




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