04 Novembre 2020, 05.56
Blog - Gira la Ruota

Polaveno al Buio

di Luca Pietrobelli

In un mondo sempre più rivolto ai pollici, ai GPS e a numeri da interpretare, a volte ritornare alle origini, affrontando la vita in modo più naïf, può essere un modo per ritagliarsi lo spazio per pensare, riflettere e staccare totalmente la spina


Nel ciclismo di oggi, in cui si viaggia con ciclocomputer all'ultimo grido e cardiofrequenzimetri sempre connessi, è interessante tradurre le proprie sensazioni, come il fiatone e il dolore alle gambe, in numeri, soprattutto in vista di grandi salite o uscite molto lunghe, in modo da avere sempre un riferimento sul proprio andamento.

Il ciclismo è una delle grandi metafore della vita, e proprio come nella vita, anche qui si ha paura dello sconosciuto, dell'ignoto.

Partire senza riferimenti, senza indicazioni sui chilometri percorsi, affidandosi solo alle sensazioni è un esperimento bellissimo: in questa occasione ho affrontato la salita di Polaveno, dal lato di Iseo.

Per i valsabbini è un po' come la salita che da Vestone porta a Torenno, Belprato e Livemmo, per i ragazzi dell'“altra parte della cresta” potrebbe essere la salita al San Michele, per i Valtriumplini una parte del Passo Lodrino. Una salita semplice, da un coefficiente di difficoltà basso, in cui è possibile spingere rapporti lunghi e sviluppare velocità.

La strada è piacevole, larga, con lunghi tratti all'ombra e affrontarla nelle mattine di settembre ha un doppio vantaggio: non fa troppo caldo durante l'ascesa ed il caldo si fa veramente sentire quando ormai si sta rientrando a casa, nel mio caso sul dentello del Colle Sant'Eusebio, ed i giochi sono ormai fatti.
Il panorama è da perdifiato, o forse è la salita che contribuisce, ed è imperativo fermarsi e godere del paesaggio sul Sebino e le sue Torbiere.

Il bello di viaggiare senza ciclocomputer, cardiofrequenzimetro e orpelli vari è che si può godere appieno del panorama, del rumore delle ruote e annusare l'aria, assaporando ogni profumo con calma, senza farsi prendere dalla foga della prestazione.
In queste occasioni si pedala veramente liberi, in uno stato di totale rilassatezza, conoscendosi a fondo e sondando le proprie emozioni e sensazioni, perdendosi nel momento per poi ritrovarsi.

Una volta in cima, prima di fiondarsi in discesa, ci si guarda indietro, apprezzando il ricordo delle emozioni appena vissute, con l'idea fissa di volerle rivivere al più presto possibile, ponendosi una domanda: chissà a chi altro è passato per la mente di fare una cosa del genere?

Mi piacerebbe saperlo!





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