26 Maggio 2012, 10.00
Pensieri

Chi picchia ama?

di Dru

Diversamente da Itu Cosa significa amare? quale la volontà che l'accende? non sarà forse la volontà di morte?


Emanuele Severino “Se la violenza è la volontà che vuole l'impossibile, e se la volontà è essenzialmente un volere che qualcosa divenga altro da sé, allora - poiché il diventare altro da sé è qualcosa di impossibile (giacché l'impossibile è innanzitutto l'essere altro da sé) - la volontà è, in quanto tale, il volere l'impossibile, e cioè la volontà è, in quanto tale, violenza. La devastazione dell'uomo e della terra è la forma visibile della violenza; la carità, l'amore, la tolleranza sono forme nascoste della violenza.

Anche ogni volontà salvifica è dunque una forma nascosta di violenza - come ogni volontà "creatrice". Nessun creatore e nessun salvatore ci può salvare. Ma non perché la salvezza debba essere cercata altrove, ma perché il concetto stesso di salvezza - così come esso si presenta lungo la storia dell'Occidente - è nella sua essenza violenza, cioè volontà di trasformare il mondo, e quindi volontà che vuole l'impossibileâ€.

Estratto da una tesi di laurea in Sociologia dell’arte e della letteratura di Francesco Cardone: “La violenza non è tale se compie qualcosa di possibile: se uccido una persona io non compio una violenza, perché la persona è mortale, quindi non farei altro che assecondare la sua natura di mortale. Se la violenza esiste, allora la violenza non può essere la volontà che vuole il possibile, ma deve essere la volontà che vuole l’impossibile.

La violenza vuole oltrepassare l’impossibile, ossia la necessità. Eppure, per Severino l’uomo non sa cosa sia la necessità, in quanto la interpreta come contingente. È questa volontà interpretante che trasforma il necessario e impossibile in contingente e possibile. Così la volontà che vuole l’impossibile interpretandolo come possibile, in realtà, ottiene niente. La struttura del divenire implica sia l’identificazione di una cosa che diviene un’altra, sia la loro differenziazione. Se due enti A e B divenenti non si identificassero non potrebbero divenire, ossia passare da A a B, se però non si differenziassero non diverrebbero, perché sarebbero sempre identici: il divenire è diversificazione dell’identico (l’identico che diventa diverso da sé) e identificazione del diverso (il diverso dal proprio altro, che si identifica al proprio altro).
Eppure il divenire inteso come identità e diversità è impossibile, contraddittorio, assurdo. Proprio perché è impossibile non appare: le variazioni di contenuto che appaiono non sono la diversificazione dell’identico e l’identificazione del diverso, ma il comparire e lo sparire degli identici.

Proviamo a chiarire questo concetto con un esempio che Severino usa frequentemente: quando la legna brucia e appare la cenere non appare la legna che diventa cenere o l’essere cenere da parte della legna, ma appare prima quell’identico che è la legna, poi quell’altro identico che è la legna che brucia e infine quell’altro identico che è la cenere.

L’identità della legna e della cenere non appare, e non appare nemmeno l’identità come risultato di un processo, quindi non appare nemmeno questo processo, ossia il divenire. Ora, se la violenza è la volontà che vuole l’impossibile, e se la volontà è un volere che qualcosa divenga altro da sé (impossibile), la volontà è, in quanto tale, il volere l’impossibile, cioè la volontà è violenza.
Ma anche la volontà salvifica è una forma nascosta di violenza. Ed è violenta perché la salvezza vuole trasformare il mondo, ossia vuole l’impossibile.

La salvezza può salvare solo se è libera dalla volontà, ossia dall’isolamento, dal divenire nichilistico. Il che non significa che nella regione dell’essere non esista il divenire. Se cioè il divenire è inteso come l’apparire e lo scomparire degli eterni, allora il divenire è possibile, anzi è necessario, come ogni altro ente. Il divenire nichilistico, ossia l’uscire e il ritornare nel nulla, implica una diversità infinita tra l’ente e il nulla, perché infinita è la distanza tra l’essere e il nulla, altrettanto infinita è la violenza che vuole realizzare tale identificazione. La volontà che vuole far diventare qualcosa altro da sé è volontà di potenza, tale volontà è quella che denota la civiltà occidentale, perfino quando pone l’importanza della salvezza, della tolleranza, dell’amore, anche qui si tratta di violenza infinita.

Per quanto amore e odio, tolleranza e intolleranza siano diversi, hanno entrambi lo stesso fondamento: violenza infinita.â€Â 

Dru
 



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