25 Ottobre 2014, 08.34
Quaderni di Cinema

«Io sto con la sposa», ma c'è chi sceglie di non starci

di Nicola Nimi Cargnoni

Giudizio poco cinematografico e molto politico per il docu-film che arriva nelle sale dopo il passaggio dal festival di Venezia


Sono addirittura tre i registi che firmano la docu-fiction arrivata nelle sale il 9 ottobre scorso: Antonio Augugliaro, Gabriele Del Grande e Khaled Soliman Al Nassiry vogliono raccontare il mito della Svezia accogliente e magnanima, pronta (secondo loro) ad accogliere chiunque voglia attraversare il ponte Øresund.

Un gruppo di italiani (…e chi, altrimenti?)  finge un corteo nuziale per aiutare un gruppo di palestinesi e siriani a raggiungere la Svezia e ottenere, così, l’asilo politico.
Lo spettatore dunque segue il loro viaggio di tre giorni che, attraverso l’Italia, la Francia, il Lussemburgo, la Germania e la Danimarca, conduce la combriccola a destinazione come fosse un brevissimo romanzo di formazione.

Recensire un film di questo tipo richiede di fare, purtroppo, un processo alle intenzioni che sono alla base della pellicola, per quanto sia sgradevole andare a sondare gli intenti di un testo artistico.
Nel film emerge, in tutta la sua virulenza, l’atavica, distorta e italianissima mania di dover dimostrare che c’è sempre un modo per eludere le regole, per “fottere il sistema”.
A questo si aggiungano le pretese e la prepotenza di chi emigra con la presuntuosa certezza che da questa parte del Mediterraneo siamo disposti (ma è meglio dire costretti) a soccorrerli.

Così come le utopie di un mondo senza confini e senza frontiere si affiancano alla balzana idea che l’Europa debba farsi carico di qualsiasi problema, istanza, guerra ed esigenza altrui.
Forse ai registi (ma anche ai protagonisti) sfugge che l’Europa di oggi si basa sul sacrificio degli europei di ieri.
Insomma: occorre anche impegnarsi perché la guerra in casa propria conosca la parola fine.

La figura dello sposo, che si limita a un commovente racconto della sua traversata in mare, caratterizza l’unico apice del film, arricchito dal fatto che il suo racconto non è accompagnato da giudizi o da invettive contro la guardia costiera italiana, mentre uno degli altri protagonisti riesce subito ad afferrare quell’apice e a trascinarlo nella bruttura della banalità, con i suoi lamenti, la sua ingratitudine e la sua rabbia nei confronti di una terra che, secondo lui, dovrebbe stendergli il tappeto rosso davanti ai piedi.

«Siamo scappati perché l’Europa ha detto che ci sono 17 stati pronti ad accoglierci. Abbiamo speso mille dollari a testa per attraversare il mare con gli scafisti»: vero che dalla Siria non partono più aerei da un pezzo, ma siamo sicuri che viaggiando da clandestini poi si debbano avere pure le pretese e che le si debbano urlare davanti a una macchina da presa?
Il tutto mentre il silenzioso sposo osserva i suoi compagni di viaggio, con gli sguardi perplessi ed eloquenti di chi sa che deve dire «grazie per essere arrivati almeno fin qui».

Nessuno nega che si debbano aiutare quelle persone che scappano, ma a me vengono in mente, purtroppo, quegli italiani che dicevano «grazie» anche dopo aver attraversato l’Atlantico e dopo essere stati internati, visitati, lasciati in quarantena e stipati come bestie.
L’umiltà e la riconoscenza sarebbero un terreno di incontro ideale e auspicabile.
Speriamo non scoppino mai guerre in Europa, perché sarebbe curioso testare il livello di accoglienza dei Siriani.

Il film è da vedere anche solo per appurare quanti, in realtà, ottengono l’asilo e quanti, ahinoi, tornano nella loro odiatissima Italia.
Chiamali scemi, gli svedesi.

Il film ha comunque dei meriti cinematografici, dal coraggio che sta alla base della realizzazione, fino ad alcune tecniche di ripresa che lo rendono tutto sommato godibile.
Alcuni momenti di puro folklore lo arricchiscono, accompagnati da alcuni risvolti favolistici che assume lo sguardo della macchina da presa.
Ma il giudizio politico (nell’accezione pasoliniana del termine, quindi si può parlare di giudizio etico) mi condiziona abbastanza da tenere conto solo parzialmente dei meriti cinematografici: ** su 5.

In uscita questa settimana (da segnalare): Boyhood, Il sale della terra, The judge, Buoni a nulla.

Già nelle sale (da segnalare): Io sto con la sposa, Winter sleep, Class enemy, Amoreodio, Joe, Il giovane favoloso, Piccole crepe grossi guai.

Nicola Nimi Cargnoni




Commenti:
ID51314 - 25/10/2014 11:42:09 - (sonio.a) -

Condivido in pieno tutto quello che ha scritto!poveri Italia,italiani;

ID51366 - 26/10/2014 10:46:46 - (Venturellimario) - Ottima

Bella recensione, non aggiungo altro

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