Non ci sono piů i fotografi di una volta verrebbe voglia di dire guardando l'evoluzione della fotografia dall'analogico al digitale. Ma cosa sta realmente cambiando?
In questo articolo leggo numerosi temi, tutti legati da un elemento comune: la tecologia. Il salto tecnologico è una conquista o una sconfitta? Forse entrambe le cose. La fotografia digitale ha banalizzato il processo produttivo del fotografo tradizionale, ma non per questo la massa si è trasformata magicamente in un gruppo di artisti. Ebbene l'arte del fotografo si distigue ancora, anche se il rumore di fondo della massa di immagini digitali tende a sopraffarci e non ci permette come una volta di riconoscere l'arte. In realtà, nella stessa massa, mancano i criteri conoscitivi per distinguere ciò che è un banale click su un parallelepipedo altamente tecnologico, dalla scelta tecnica e artistica di un fotografo vero. Il diluvio di immagini è molto invalidante ma l'artista riesce ancora ad emergere per effetto della maggiore ricerca di senso che proprio l'anonimo e il banale tecnologico ha prodotto. Certo il digitale ha cambiato anche il modo di
realizzare la foto artistica, ma è sempre l'elemento umano contenuto nella sua espressività che fa la differenza oggi, con il digitale, come ieri con l'analogico. Un altro tema che tocca l'articolo è quello della tecnica e del suo rapporto con l'ideologia. Ponendo questo dualismo si vuole giustamente mettere in mano all'uomo la possibilità di governo della tecnica verso uno scopo "umano" appunto. Qualcuno sostiene invece che la tecnica ha assunto una sua indipendenza, una sua propria ideologia che ha preso il sopravvento e domina l'uomo imponendogli il proprio fine: aumentare infinitamente il proprio potere e dominio sul mondo. Non accetto e non voglio accettare questa seconda impostazione. Credo che l'uomo possa e debba disinnescare questa bomba a orologeria. Come? Nello stesso modo con cui produce arte. Nello stesso modo in cui il fotografo trasferisce la sua umanità nella sua opera. Oggi è più difficile ma si può fare, si deve
fare.
... ma se posso permettermi , Severino si differenzia da te in quanto la preoccupazione " è in volontà interpretante e non in verità, in verità la tecnica come ogni altra cosa tramonterà per lasciare il posto all'apparir dell'essere sé dell'essente e il suo non esser altro, ma questo ultimo passaggio deve essere meticolosamente approfondito altrimenti non differisce per nulla dalla trascendenza divina del Dio Cristiano.
La tecnica domina, destriero del cavaliere scienza, in quanto per un non-essere tavolo che vuol essere tavolo dal nulla (non-esser tavolo appunto) (creazione nichilista che per forza pensa all'ente che diviene dal niente) il dominio, il controllo della parte ( ente tavolo) sul tutto (esser tavolo), necessita dell'irrelato e cosa è più capace di dividere di una affilatissima lama ( tecnica) che è procedure e mezzi per ogni scopo in un mondo che per volontà pensa di poterlo fare ? tutto sta a vedere se davvero la tecnica lo può fare e qui subentra la filosofia di Severino.
essendo la contraddizione originaria noi viviamo nell'errore, ma appunto viviamo , e credere (fede) che sia possibile questo è vivere in questo mondo di credenze che le cose dal nulla divengono, il passaggio alla verità è superare la contraddizione e cioè è negare il contenuto della credenza (fede) che le cose divengano nichilisticamente, ma la coscienza occidentale che si alimenta di questo assurdo è contaminata da questo errore.
conosco diverse persone che per stanchezza fisica (fisica della mente,vecchiaia) o come paravento si nascondono sempre dietro a questa frase..." io non leggo più di 2 righe , o , non potresti essere un poco più sintetico quando scrivi ?" ma siamo sicuri che non sia invece la cultura che vuole sempre più la sintesi ? la sintesi delle parti, lo slogan è una sintesi. Ad esempio di tutto quanto scritto adesso dico: Conosco la sintesi. La prima e le ultime due parole scritte, ma questa sintesi dice lo stesso di quello che ho scritto ?
La struttura originaria come struttura della predicazione Si è accennato alla questione del nesso tra i significati (enti); ma come si deve concepire questo legame in riferimento al dire, cioè al senso della predicazione? È lo stesso dire al quale si rivolge, nei modi più vari, il linguaggio filosofico tradizionale? Se si pensa al nesso come al convenire di una determinazione ad un’altra, quale differenza sussiste tra l’affermazione: “Queste gote sono rosse”, se pronunciata, rispettivamente, dalla tradizione filosofica e dal dire originario? La tradizione intende il convenire del predicato al soggetto come una sintesi che presuppone la separatezza dei due. Sì che, formalmente, essa afferma A = B, cioè identifica i non identici (pone in relazione d’identità un qualcosa, sia A, a un qualcos’altro, sia B), producendo così una contraddizione, per cui A, che vorrebbe esser posto come B, non riesce
ad esserlo. Secondo la struttura predicazionale originaria, invece, il dire non è sintesi di soggetto e predicato (come se il soggetto esistesse indipendentemente dal predicato), ma è identità 18 tra la relazione del soggetto al predicato (A = B) e quella del predicato al soggetto (B = A), quindi, formalmente: (A = B) = (B = A), ossia, per tornare all’esempio, “queste–gote–che–sono–rosse” sono “l’essere–rosse–di–queste–gote”.
di Andrea dal Sasso gli ultimi due ID.
Punti di vista, il libro Vestone. Esattamente un anno fa, il 20 gennaio 2015, ci lasciava Aldo Vaglia, collaboratore tra i piĂą apprezzati del nostro giornale telematico
Parliamo di fotografia digitale Serata dedicata alla fotografia digitale quella proposta questa sera dal Fotoclub Vallesabbia
Addio alla fotografia analogica Lo spartiacque č il 2003, quando per la prima volta le vendite di fotocamere digitali superano quelle tradizionali. Un passaggio avvenuto in modo assai repentino.
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Per la rassegna “Altri Sguardi” questo mercoledì, 24 aprile, Federica Molteni in scena nello spettacolo dedicato al ciclista italiano che salvò centinaia di ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale
Al sodalizio sono stati legati, nel corso degli anni, ristoranti valsabbini e gardesani che donavano ai commensali degli speciali piatti in ceramica decorati, ora oggetto di collezione
Tutti noi abbiamo familiaritĂ con l'attesa. Solitamente non la vediamo di buon occhio e, se fosse possibile accorciare i tempi per ottenere una determinata cosa, immagino che nessuno di noi si tirerebbe indietro. Ma l'attesa non potrebbe avere anche degli aspetti positivi?
Il coro di Puegnago del Garda ha vinto il secondo premio al Concorso Corale Nazionale
Questo mercoledì, 17 aprile, al Cinema di Vestone la commedia amara del regisa finlandese, chiusura di una quadrilogia iniziata nel lontano 1986
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La sezione valsabbina dei Testimoni di Geova è impegnata in un'importante campagna mediatica per combattere un fenomeno che coinvolge ormai circa 300 milioni di persone nel mondo
ID28180 - 12/02/2013 10:18:12 - (sonia.c) - elogio dell'errore..
la perfezione,la possibilità di correggere subito ogni minima imperfezione..lucifero ci lusinga e ci auto- inganna di essere "esperti". ci priva dell'insegnamento prezioso, nascosto ma assolutamente necessario, che si nasconde nell' errore , l'unico che ci tiene nel binario sano dell'umiltà ( unica barriera al delirio di onnipotenza)in fotografia ( e nella vita..un naso magari "non perfetto!) ci toglie anche la bellezza ,il fascino, nascosto dell'imperfezione..persino certi scatti di marylin monroe ,scartati come provini da buttare ,sono stati esposti come capolavori..saluti signor Vaglia