Tra la volontŕ e la veritŕ le cose che divengono l'altro del proprio altro sono l'impossibile che si vuole possibile ma come tale č violenza
impossibile. Se anche lo accettassimo ciò non vorrebbe dire la fine del tentativo di mettere ordine nel mondo che ci circonda. Mettere ordine significa prevedere una legge che dia senso al reale. Certo questa legge è una scelta, ossia la volontà che il mondo funzioni in un certo modo piuttosto che in un altro. Questa volontà di porre la legge del mondo ci serve per sopravvivere, per vedere una continuità in quello che facciamo, per darci una speranza. Scoprire invece che essa nasconde la vera violenza, diventa lacerante, immobilizzante. Sperare il possibile diventa credere nell'impossibile. Forse bisogna fare un passo indietro e imboccare un'altra strada.
Alcuni punti in comune e altri no. Si la violenza, vuole l'impossibile, ma questo volere appunto non può realizzarsi, ciò che dobbiamo capire é cosa sia l'"impossibile" per noi, appunto i confini che Elios, vuole varcare. Cosa sono questi confini ? Cosa é davvero l'impossibile ? Ogni volontà che si realizzi crede di volere, ma, data ogni volontà, quella é ciò che vuole che una cosa divenga altro da sé e siccome questo diventare di uno il suo altro é impossibile, ogni volontá é violenza, é volere quell'altro da sé, la vera violenza. Io ho detto che posto uno, il divenire il suo altro é impossibile, ma detto così é un dogma e si tratta invece di mostrare (filosofia appunto) questa impossibilità dell'uno ( della cosa, dell'ente) di divenire l'altro da sé.
Quando noi, come mortali, osserviamo nel nostro camino la cenere diciamo indifferentemente che é,quella cosa che vediamo, "l'esserci della cenere" o che "quella cenere lì é la legna che é diventata cenere" ? Noi diciamo, come mortali, "quella cenere lì è la legna che é diventata cenere" la cenere é il risultato di un divenire della legna che diviene cenere, nel processo del divenire il diveniente é il diversificarsi di ciò che diviene(quella legna) e l'identificarsi di ciò che diviene al risultato ( la legna con la cenere), al divenuto (la cenere), se ciò non fosse, supposto quell'"esserci della cenere" come il vero , allora si giustificherebbe quell'"esserci della cenere" che i mortali appunto non giustificano, poiché per quel dire e quel pensare, per quell'"esserci della cenere" quella cenere lì che vi fosse o no quella legna sarebbe indifferente, ma per come pensiamo il divenire altro,
questo non é possibile.Il divenire altro che ha come risultato quella cenere lì ha un incominciamento e un risultato, perché non vi sarebbe altrimenti un divenire se ciò non fosse, cioè se il ciò che diviene non fosse il diversificarsi dell'identico e l'identificarsi del diverso, i sostenitori del divenire altro sono i massimi sostenitori del tener fermi e il cominciamento e il risultato che altrimenti sarebbero lo stesso e quindi non diverrebbero.
Poi lo concludo.
Ogni loro dire e ogni loro pensare é violenza nel senso che é dire e pensare l'impossibile appunto, é dire e pensare che quella cenere che é parte della legna, quel dire e pensare improprio é propriamente (logicamente) il dire e il pensare "la legna é cenere" é il dire e il pensare che dice e pensa il contraddittorio, che dice e pensa quella cosa altro da sé.
Ma ogni nostro pensiero e ogni nostro dire da mortali é questo dire che é di ogni cosa il dire suo altro da sé. Nella fisica delle particelle si dice che due protoni collidono sí che uno si "annienta" e dalla collisione nasce un neutrone e un pione positivo e così per ogni scienza, nell'evoluzionismo é la trasformazione delle specie.Noi diciamo e pensiamo il divenire delle cose come divenire altro da sé.
Tramonta quell'impossibile visione (le verità, le leggi, i principi) che appunto mostrandosi come volontà voleva tener fermo il divenire altro di tutte le cose, volontà che come tale é violenza, violenza che come tale voleva il realizzarsi dell'impossibile dominio del divenire altro.
La follia che risulta tale rispetto alla visione della necessità, al destino della necessità, destino che é lo stare in sé di tutte le cose e il loro non esser l'altro da sé, destino che appare tale in quanto la sua negazione é autonegazione.
Io scrivo quindi che ogni volontà é fede, fede di trasformare l'impossibile nel suo altro e quindi, al contrario di come dici tu, il saperlo, il venirne a conoscenza, di questa impossibilità che si cela dietro tutte le possibili volontà, non é lacerante, ma il suo opposto, lacerante é volere il contrario, lacerante é sperare l'insperabile, lacerante é dividere per volontà l'uno da sé per poi nichilisticamente volerlo riunire a sé, l'impossibile appunto.
... è violenza, tutte le nostre volontà sono violenza e la volontà di non uccidere e la volontà di uccidere.
Lo è il pensiero di Aristotele che appunto dice della potenza che diviene atto, lo è dello Hegel che dice dell'intelletto astratto che diviene prima il dialettico negativo e infine, come risultato, lo speculativo positivo e da ultimo il sancire per filosofia il dominio assoluto del "divenire altro" che porta al tramonto ogni volontà delle verità epistemiche, tentativo fallito di tenerlo fermo alle sue briglia, del pensiero di Nietzsche. Infine lo è tutto il pensiero filosofico e prefilosofico del "divenire altro" con tutti i suoi tentativi più o meno falliti di giustificarlo senza cadere in contraddizione, del pensiero nichilista che dice della cosa il suo altro, che dice della legna di non essere la legna che dice della legna di essere la cenere, dice l'impossibile appunto.
La violenza è ogni «atto» umano La violenza č volontŕ di violare l'inviolabile, l'impossibile. L'inviolabile che non puň essere violato č l'eternitŕ di ogni ente o cosa. La violenza vuole l'impossibile, cioč vuole che le cose siano altro da ciň che esse sono.
Essere altro da sé significa essere nulla 1.5 La vera violenza è il divenire altro da sé delle cose, la vera violenza è la fede in quel divenir altro che è il tratto essenziale su cui si fonda ogni altra violazione
Essere nulla 2.1 Le cose sono altro da sé, questo è il significato del "nulla": il pensiero Occidentale, fin dalle sue origini, così pensa le cose...
Essere altro da sé significa essere nulla 1.6 Il pensiero, pensando che l'essere divenga altro da sé, pensa che l’essere sia nulla, è pensiero che vuole le cose altro da sé...
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ID34219 - 21/07/2013 09:19:00 - (Leretico) - La violenza e la legge
Dru, tu scrivi che se la legge può essere violata allora la volontà che la viola non può essere definita violenza. Questo lo sostieni in base al ragionamento che la violenza non è tale se viene usata per volere il "possibile", ma per volere l'"impossibile". Ora, qualsiasi legge umana pone un limite il cui superamento è possibile. E anche se tale superamento non lo vogliamo definire violento, possiamo però stabilire per esso una sanzione. Anche quest'ultima non dovremmo definirla come violenta, perché rimane nel possibile. Dove voglio arrivare? Lo scandalo dell'affermazione che, per esempio, uccidere non è violenza, non è una novità. Pensa alla pena di morte negli USA: se l'uccisione è comandata dallo stato cessa di essere violenza e diventa giustizia. Allora dobbiamo intenderci su cosa significa violenza. È qui che interviene il vero, profondo concetto di violenza, come volere ciò che è