21 Luglio 2013, 06.47
Terza pagina

Tecnica 3.2

di Dru

Tra la volontŕ e la veritŕ le cose che divengono l'altro del proprio altro sono l'impossibile che si vuole possibile ma come tale č violenza

 
Legge o legare o logos è il nesso necessario fra due termini o le parti del tutto, il violarlo significa appunto quell’astratto o Verstand (intelletto astratto) che crede, presume che uno dei due termini esista prescindendo dall’altro e la Giustizia (Dike) appunto definisce, per legge, la necessità, che questi due termini sono inscindibili, vi è un che di comune tra i due, negarlo è violenza appunto, negarlo è violazione del nesso necessario, negarlo è l’impossibile.

Eraclito frammento 94
Elios non oltrepasserĂ  le sue misure: se no le Erinni, ministre di Dike, lo troveranno.

Ma il nesso necessario è la verità e noi siamo al tramonto delle verità (chi ha la verità in tasca? relativismo) e quindi non sussiste più il criterio della violazione del nesso e tutto ciò che per verità si considerava violento adesso è non-violento o innocente.

Ma in questo stato di cose cosa allora è veramente violento, nel tempo del tramonto dell’episteme, episteme che è appunto il vedere il nesso necessario, è lo stare o immutabile che sovrasta e domina il mondo che muta, le leggi appunto.

Violento è il pensare nichilista che le cose divengano altro da sé, il significato stesso che diamo ad ogni cosa che diviene e divenendo diviene il suo altro, pensare la trasformazione dello stesso in altro è l’impossibile e che questo impossibile sia possibile, la violenza  appunto è volontà che questo accada, ogni volontà è quindi violenza.
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Da una lezione magistrale di Emanuele Severino:

“Eritis sicut dii, sarai come Dio. Intaccare la potenza di Dio significa uccidere Dio.
Oggi la civiltà della tecnica intende fare ciò che la sapienza tradizionale crede possa fare solo Dio.
Ma chiediamoci se l’uomo del testo veterotestamentario fosse riuscito a uccidere Dio di che cosa potremmo condannarlo.
In qualche modo il riuscire a uccidere Dio si presenta come  quando  gli uomini si uccidono.
Tutte le grandi violenze della storia si presentano in questi termini.
L’uomo lungo la storia opera sempre il tentativo di uccidere Dio solo che lungo la storia tradizionale dell’uomo è raggiunto dalla punizione divina.
L’uomo tradizionale è raggiunto dalla punizione divina si che l’uccisione di Dio si presenta solo come un fatto provvisorio e un tentativo fallito.
Ma noi ci stiamo chiedendo ma che cosa accadrebbe se l’uomo riuscisse davvero ad uccidere Dio?
 
Ma usciamo dal condizionale, cosa succede quando l’uomo contemporaneo effettivamente uccide Dio.
La progettazione tecnologica intende allontanare il progetto di un Dio che da ultimo attenda un uomo per punirlo e condannarlo della sua Hybris, la prevaricazione alla legge divina.

Di che cosa potremmo condannare un Prometeo che riuscisse per davvero ad annientare  Dio?
Di che cosa potremmo rimproverarlo?
Il rimprovero, quando viene fatto, avviene sulla base della  morale, dell’etica, le quali presuppongono la legge divina, la legge inviolabile, la legge che sopravvive ad ogni tentativo di eliminarla.

Ma qui stiamo proprio supponendo che quella dimensione divina venga meno.
Allora che colpa ha la violenza se la violenza riesce a realizzarsi raggiungendo i progetti che essa si propone.
La violenza si adegua alla frantumazione della terra, la violenza è innocente perché non spezza un nesso necessario ma riflette la frantumazione esistente.

La giustizia tomistica è così definita:
Giustizia è la perpetua e costante volontà di dare a ciascuno ciò che gli spetta.
 
Ma se allora il mondo è frantumato la giustizia è rispecchiare la frantumazione si che spezzare i nessi che sussistono necessari, quei  matrimoni più o meno dissolubili, se vogliamo usare la parola violenza usiamola pure, ma si tratta di una violenza assolutamente innocente, così come è innocente l’uomo che riesce per davvero ad uccidere Dio: “che cosa obiettavi tu Dio  se quest’uccisione annienta i criteri in base al quale si determina che questa azione è violenta”.
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Se è possibile violare un ordine, se un ordine, una legge, quindi un divino, si lascia violare, allora la violazione non ha quel carattere di rottura di ciò che non dev’essere violato, perché è un nesso necessario: se l’annientamento del nesso necessario è possibile, il nesso non è necessario, se l’annientamento è possibile non c’è violenza, appunto perché la violenza è il tentativo, che  nella prospettiva tradizionale rimane tale, di violare il nesso necessario, ma se l’episteme (le verità dei nessi necessari) tramonta e tramontano i nessi necessari allora rimane la violenza che fa ciò che è possibile che sia fatto, la violenza realizza una possibilità, scompaiono quindi i criteri in base al quale si determina un azione violenta e una no, saranno relativamente violente, quindi secondo un criterio scelto ma che non si impone.

Violenza è l’azione per chi è più potente, cioè per la violenza che è più potente.
La violenza diventa la potenza dei vinti, la potenza dei vincitori si scagiona dalla violenza e si presenta come giustizia.
Allora dove possiamo rintracciare la violenza che è la matrice di ogni polemos? di ogni conflittualità?

Daccapo non possiamo che riproporre il concetto di violenza solo  in quanto la violenza sia violazione dell’impossibile, solo se c’è l’impossibile il tentativo di violarlo è violenza.

Quindi arriviamo a questa formula:
La volontà, nessuna volontà che voglia il possibile, seppure è quel  possibile che sia costituito dall’uccisione di Dio, nessuna volontà che vuole il possibile è violenza, se la violenza c’è è solo l’atto che vuole l’impossibile, dunque l’atto che da ultimo è destinato a presentarsi come un fallimento, ma qual è l’impossibile oggi che viviamo nel tempo del tramonto della necessità cioè viviamo il tramonto della necessità dell’episteme della visione appunto dei nessi necessari?”

Tra una pulce ed un elefante che c’è di comune ? a parte il fatto che lascio a voi il definire chi è una pulce e chi è l’elefante fra i due termini.

L’essere due esseri viventi.
Questo è il nesso necessario o legge divina o legge di natura o ogni legge che viene messa in discussione dal pensiero filosofico moderno e conseguentemente da tutte le discipline umane, ma quando è un mettere in discussione l’impossibile non-essere dell’essere allora la violenza è il pensare appunto occidentale di tutte le cose che possono diventare l’altro da sé.
 


Commenti:
ID34219 - 21/07/2013 09:19:00 - (Leretico) - La violenza e la legge

Dru, tu scrivi che se la legge può essere violata allora la volontà che la viola non può essere definita violenza. Questo lo sostieni in base al ragionamento che la violenza non è tale se viene usata per volere il "possibile", ma per volere l'"impossibile". Ora, qualsiasi legge umana pone un limite il cui superamento è possibile. E anche se tale superamento non lo vogliamo definire violento, possiamo però stabilire per esso una sanzione. Anche quest'ultima non dovremmo definirla come violenta, perché rimane nel possibile. Dove voglio arrivare? Lo scandalo dell'affermazione che, per esempio, uccidere non è violenza, non è una novità. Pensa alla pena di morte negli USA: se l'uccisione è comandata dallo stato cessa di essere violenza e diventa giustizia. Allora dobbiamo intenderci su cosa significa violenza. È qui che interviene il vero, profondo concetto di violenza, come volere ciò che è

ID34220 - 21/07/2013 09:29:37 - (Leretico) - continua

impossibile. Se anche lo accettassimo ciò non vorrebbe dire la fine del tentativo di mettere ordine nel mondo che ci circonda. Mettere ordine significa prevedere una legge che dia senso al reale. Certo questa legge è una scelta, ossia la volontà che il mondo funzioni in un certo modo piuttosto che in un altro. Questa volontà di porre la legge del mondo ci serve per sopravvivere, per vedere una continuità in quello che facciamo, per darci una speranza. Scoprire invece che essa nasconde la vera violenza, diventa lacerante, immobilizzante. Sperare il possibile diventa credere nell'impossibile. Forse bisogna fare un passo indietro e imboccare un'altra strada.

ID34223 - 21/07/2013 12:39:16 - (Dru) - Caro Leretico

Alcuni punti in comune e altri no. Si la violenza, vuole l'impossibile, ma questo volere appunto non può realizzarsi, ciò che dobbiamo capire é cosa sia l'"impossibile" per noi, appunto i confini che Elios, vuole varcare. Cosa sono questi confini ? Cosa é davvero l'impossibile ? Ogni volontà che si realizzi crede di volere, ma, data ogni volontà, quella é ciò che vuole che una cosa divenga altro da sé e siccome questo diventare di uno il suo altro é impossibile, ogni volontá é violenza, é volere quell'altro da sé, la vera violenza. Io ho detto che posto uno, il divenire il suo altro é impossibile, ma detto così é un dogma e si tratta invece di mostrare (filosofia appunto) questa impossibilità dell'uno ( della cosa, dell'ente) di divenire l'altro da sé.

ID34224 - 21/07/2013 13:02:30 - (Dru) - Il divenire altro, la legna e la cenere

Quando noi, come mortali, osserviamo nel nostro camino la cenere diciamo indifferentemente che é,quella cosa che vediamo, "l'esserci della cenere" o che "quella cenere lì é la legna che é diventata cenere" ? Noi diciamo, come mortali, "quella cenere lì è la legna che é diventata cenere" la cenere é il risultato di un divenire della legna che diviene cenere, nel processo del divenire il diveniente é il diversificarsi di ciò che diviene(quella legna) e l'identificarsi di ciò che diviene al risultato ( la legna con la cenere), al divenuto (la cenere), se ciò non fosse, supposto quell'"esserci della cenere" come il vero , allora si giustificherebbe quell'"esserci della cenere" che i mortali appunto non giustificano, poiché per quel dire e quel pensare, per quell'"esserci della cenere" quella cenere lì che vi fosse o no quella legna sarebbe indifferente, ma per come pensiamo il divenire altro,

ID34225 - 21/07/2013 13:09:09 - (Dru) - Il divenire altro come cominciamento e risultato.

questo non é possibile.Il divenire altro che ha come risultato quella cenere lì ha un incominciamento e un risultato, perché non vi sarebbe altrimenti un divenire se ciò non fosse, cioè se il ciò che diviene non fosse il diversificarsi dell'identico e l'identificarsi del diverso, i sostenitori del divenire altro sono i massimi sostenitori del tener fermi e il cominciamento e il risultato che altrimenti sarebbero lo stesso e quindi non diverrebbero.

ID34226 - 21/07/2013 13:13:37 - (Dru) - Il discorso va concluso.

Poi lo concludo.

ID34227 - 21/07/2013 14:32:35 - (Dru) - I mortali nel pensare pensano e dicono l'impossibile dire e l'impossibile pensare

Ogni loro dire e ogni loro pensare é violenza nel senso che é dire e pensare l'impossibile appunto, é dire e pensare che quella cenere che é parte della legna, quel dire e pensare improprio é propriamente (logicamente) il dire e il pensare "la legna é cenere" é il dire e il pensare che dice e pensa il contraddittorio, che dice e pensa quella cosa altro da sé.

ID34228 - 21/07/2013 14:46:04 - (Dru) - Ho parlato di legna e cenere

Ma ogni nostro pensiero e ogni nostro dire da mortali é questo dire che é di ogni cosa il dire suo altro da sé. Nella fisica delle particelle si dice che due protoni collidono sí che uno si "annienta" e dalla collisione nasce un neutrone e un pione positivo e così per ogni scienza, nell'evoluzionismo é la trasformazione delle specie.Noi diciamo e pensiamo il divenire delle cose come divenire altro da sé.

ID34229 - 21/07/2013 14:52:06 - (Dru) - Allora tramonta Episteme

Tramonta quell'impossibile visione (le verità, le leggi, i principi) che appunto mostrandosi come volontà voleva tener fermo il divenire altro di tutte le cose, volontà che come tale é violenza, violenza che come tale voleva il realizzarsi dell'impossibile dominio del divenire altro.

ID34230 - 21/07/2013 14:57:11 - (Dru) - Allora domina il pensiero della follia, nichilismo

La follia che risulta tale rispetto alla visione della necessità, al destino della necessità, destino che é lo stare in sé di tutte le cose e il loro non esser l'altro da sé, destino che appare tale in quanto la sua negazione é autonegazione.

ID34231 - 21/07/2013 15:13:22 - (Dru) - Per Leretico

Io scrivo quindi che ogni volontà é fede, fede di trasformare l'impossibile nel suo altro e quindi, al contrario di come dici tu, il saperlo, il venirne a conoscenza, di questa impossibilità che si cela dietro tutte le possibili volontà, non é lacerante, ma il suo opposto, lacerante é volere il contrario, lacerante é sperare l'insperabile, lacerante é dividere per volontà l'uno da sé per poi nichilisticamente volerlo riunire a sé, l'impossibile appunto.

ID34232 - 21/07/2013 15:28:31 - (Dru) - La volontà che vuole l'impossibile...

... è violenza, tutte le nostre volontà sono violenza e la volontà di non uccidere e la volontà di uccidere.

ID34233 - 21/07/2013 18:45:33 - (Dru) - Allora lo é ogni pensiero folle l'impossibile.

Lo è il pensiero di Aristotele che appunto dice della potenza che diviene atto, lo è dello Hegel che dice dell'intelletto astratto che diviene prima il dialettico negativo e infine, come risultato, lo speculativo positivo e da ultimo il sancire per filosofia il dominio assoluto del "divenire altro" che porta al tramonto ogni volontà delle verità epistemiche, tentativo fallito di tenerlo fermo alle sue briglia, del pensiero di Nietzsche. Infine lo è tutto il pensiero filosofico e prefilosofico del "divenire altro" con tutti i suoi tentativi più o meno falliti di giustificarlo senza cadere in contraddizione, del pensiero nichilista che dice della cosa il suo altro, che dice della legna di non essere la legna che dice della legna di essere la cenere, dice l'impossibile appunto.

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07/12/2013 08:00

La violenza è ogni «atto» umano La violenza č volontŕ di violare l'inviolabile, l'impossibile. L'inviolabile che non puň essere violato č l'eternitŕ di ogni ente o cosa. La violenza vuole l'impossibile, cioč vuole che le cose siano altro da ciň che esse sono.

05/01/2015 10:28

Essere altro da sé significa essere nulla 1.5 La vera violenza è il divenire altro da sé delle cose, la vera violenza è la fede in quel divenir altro che è il tratto essenziale su cui si fonda ogni altra violazione

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Vendola e il lago d'Idro La tecnica, da che l’uomo vuole qualcosa, è il senso che diamo alle cose. E se le cose hanno un senso, e in quanto glie ne diamo, quel senso guida poi tutte le azioni che, da quel senso, sono guidate




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