Il pensiero, pensando che l'essere divenga altro da sé, pensa che l’essere sia nulla, è pensiero che vuole le cose altro da sé...
... è il pensiero che vuole il nulla delle cose, per altro non volendolo, è pensare contraddittoriamente, in quanto la contraddizione è appunto che le cose siano altro da sé, l'impossibile che è pensato come possibile.
Innanzitutto osserviamo che noi agiamo in rapporto al significato del mondo che noi intendiamo trasformare.
Abbiamo qui, nella proposizione appena scritta, il significato del mondo da una parte, ciò che di esso pensiamo, e più questo significato comprende tutti gli altri significati e più il significare avvolge ogni cosa che internamente a quel significato cade, segue che quella cosa è definita da quel significato, e dall’altra abbiamo l’azione che noi intendiamo portare e apportare a tale significato perché il significare sia il “mio” significare.
Cerchiamo di intuire qui nei prossimi passaggi la differenza ontologica.
Pensiamo al concetto di “prossimo”
È sempre più evidente che il "prossimo" da fine diventa mezzo ed è sempre più evidente che serve arginare questa evidenza. Questo “produce” il nostro pensiero. (questo è quanto è successo in Francia)
"Non ha senso comandare di non prendere la luna con le mani, non si impone ad una colonna di non essere un tavolo", ma ha senso l'imperativo categorico di Kant che dice: "considera il prossimo sempre come fine".
*Il senso, qui, è determinato dall'opposizione tra due “significati diversi" del mondo: quello del divenire altro da sé delle cose da una parte:(la legna diventa cenere) il "prossimo" da fine diventa mezzo; e quello del divenire altro da sé delle cose, dall'altra:(la legna resiste per esser legna) il "prossimo" per essere il fine deve essere mantenuto come "fine", altrimenti diverrebbe mezzo, la legge morale o imperativo categorico
Capirete perché ho messo tra apici il “significati diversi”: diversi i significati lo sono astrattamente, cioè presi come un pensato individuale, strappati dal loro significato concreto, oggi si dice del punto di vista (quello della scienza il più potente), un tempo era così definita l’opinione (o particolare se chi riconosce tale significato non è un individuo ma è un gruppo di persone): ad ognuno di essi, di chi esprime il suo di significato di mondo, appare “essere” il loro di mondo in contrapposizione con il significato di mondo dell’altro, questo è lo scopo di ogni nostro agire.
Ad ognuno di essi però non è concesso di pensare altrimenti il mondo. Questo è l’universale.
Quest’ultima proposizione va giustificata: pensare che una cosa sia altrimenti è l’impossibile, pensare che una colonna sia un tavolo è l’impossibile.
Il pensiero che credesse di poterlo fare produrrebbe solo delle follie perché il tavolo non sarebbe tavolo, sarebbe appunto la colonna e la colonna non sarebbe colonna, sarebbe appunto il tavolo, e un pensiero che definisse contraddittoriamente in definitiva non definirebbe nulla, un pensiero che afferma pretendendo di farlo negando il sé stesso, negando in principio la propria affermazione o principio d’identità, è il pensiero che vuole l’impossibile .
Il senso (o significato, o essere o universale) qui è il dir lo stesso dei due significati differenti, che è il significato concreto o “ragione” dei due significati, l’incontrovertibile: quello del divenire altro da sé delle cose.
*Se leggete attentamente la frase noterete infatti che replico quanto scritto qua del significato universale. Universale significa che si dice (si predica) di ogni cosa.
Questa breve considerazione dovrebbe portarvi a fare un passo ulteriore verso il centro di cosa intendo per significato del mondo e sue differenze: il suo pensato per come appare il mondo, questa è la ragione, le cose appaiono che divengono incontrovertibilmente, questa la fisica.
Tra Kant e lo schiavista si contrappongono solo apparentemente due significati (opinione) che hanno realmente alla radice del loro pensato “lo stesso” significato (ragione):
Le cose sono altro da sé.
Così parla Eraclito in un suo profondo e ragionato frammento:
Maestro dei più è Esiodo: credono infatti che questi conoscesse molte cose, lui che non sapeva neppure che cosa fossero il giorno e la notte; sono infatti un'unica cosa.
Qui Eraclito biasima Esiodo e in specifico condanna la cono-scienza nel suo isolamento che è ingiustizia, Eraclito dà dell'ingiustizia il nome di Hybris: credere che le differenti cose non abbiano un’anima comune, anche solo fosse quella di “essere differenti”, che altrimenti non potrebbero essere riconosciute come tali, non sarebbero neppure cose.
Esiodo è autore della "Teogonia", testo considerato come bibbia dai greci e che dice, tra le tante cose scritte, che tra le varie coppie di contrari aveva individuato il giorno e la notte, ma che non le aveva individuate come identità di opposti
In un frammento Eraclito invece la individua "la via in su ed in giù è unica ed identica
La scienza disconosce ogni legame, ogni identità, e fa suo l’ambito specifico, in questo caso o la salita o la discesa.
Nella prossima puntata vi racconterò perché la scienza agisce come agisce.
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