Noi e la Vespa
di Mirella Prandelli
Enrico Piaggio la brevettò proprio il 23 aprile di 69 anni fa e di lì a poco tantissimi italiani, ma anche stranieri, hanno cominciato a legare i loro ricordi alla sua presenza.
Di Mirella Prandelli
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Quale donna non ha sognato di sedere in sella a Gregory Peck su una vespa che sfreccia nelle strade della Città Eterna? Quale uomo non ha sperato di farsi un giro con Audrey Hepburn? La celebre scena del film Vacanze Romane affiora come una cartolina, un istante di tempo che emerge dai liquidi di una camera oscura.
Il 1946 fu un anno di grandi eventi: oltre alla nascita della repubblica italiana e al suffragio femminile, si commemora il brevetto della Vespa. Era proprio il 23 aprile quando la Piaggio deposita presso l'Ufficio centrale dei Brevetti di Firenze la descrizione tecnica della motocicletta che diventerà simbolo dell'Italia.
Strade romane a parte, la vespa sfreccia sulle strade asfaltate delle città italiane, sulle vie sterrate dei comuni più piccoli, sui cantieri di un paese che si ricostruisce. Negli anni Quaranta da noi, era ancora un miraggio. Quando accadde che i primi imprenditori della zona esibivano la vespa nuova di fiamma, allora nelle piazze circolava la voce di una nuova attrazione. E poi via, piano piano, si andava al lavoro con una vespa scassata, vecchia di quarta mano, che sostituiva la bicicletta, che si faceva meno fatica.
Per trovare un distributore disposto ad immettere il prodotto sul mercato, Enrico Piaggio si rivolge ad alcuni grandi marchi, tra cui Moto Guzzi, che tuttavia manifestavano scetticismo nei confronti di quello che pareva essere un giocattolo.
Fu la rete commerciale della Lancia che credette nel progetto, immettendo sul mercato la Vespa 98cc ad un prezzo di 55.000 lire. Pochi anni dopo, tutti parlano del miracolo Vespa, araldo del boom economico italiano, stemma della nuova società e dei rinnovati costumi della Penisola.
All'estero, la nostra Vespa diviene un mito e la stampa straniera è in delirio. Il Times la descrive come “un prodotto interamente italiano, come non se ne vedevano da secoli dopo la biga romana”.
.in foto: un ricordo personale dell'autrice del "pezzo", Mirella Prandelli, i piedini sulla sella sono quelli del suo papà.
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