03 Maggio 2014, 12.19
Terza pagina

Tra liberalismo e statalismo

di Davide Bondoni

Con pochi tratti ed un excursus storico, Davide Bondoni riflette sul rapporto tra economia e politica, alla ricerca di spunti capaci (forse) di farci superare l'impasse che la nostra società sta vivendo


Introduzione
Anzitutto, mi scuso con i lettori per la lunghezza di questo articolo. Tuttavia, si tratta di raccontare una storia e non sempre le storie possono essere brevi.
Questa storia riflette sul rapporto tra economia e politica, alla luce di una certe mia filosofia di fondo, nel tentativo di gettar luce sulla crisi attuale.

Hinc herabamus
Già nel settecento, la scuola anglo-scozzese, Malthus, Ricardo, Bentham e Smith avevano riconosciuto che il sistema capitalistico dava origine a crisi periodiche.
Queste crisi, ovviamente, generavano malessere nel breve periodo, ma il sistema economico, quasi fosse un organismo vivente, era in grado di cicatrizzare per conto suo le ferite, riportando il benessere, quasi ci fosse una “mano invisibile” (la celebre “mano invisibile” di Smith) a correggere i guasti dell’economia. Questa è la cosiddetta posizione “liberale”, secondo la quale politica ed economia devono rimanere separati.
La politica non deve immischiarsi nei processi economici, in quanto essi sono in grado di regolamentarsi da soli in maniera efficace.

Marx
Nell’ottocento, Karl Marx, filosofo appartenente alla sinistra hegeliana viene strattonato da Engels che lo porta a vedere la condizione operaia nelle fabbriche di Manchester.
Marx comprende che non si può rimanere passivi di fronte alle miserie indotte dall’economia, aspettando che la situazione si evolva in senso positivo, come volevano i liberali.
Lo stato doveva entrare nell’economia come autentico soggetto economico.

La crisi del 1929 e la Grande Depressione
Un venerdì di ottobre del 1929 crolla la borsa di New York suscitando una crisi di carattere mondiale.
I repubblicani, allora al governo, scelgono di portare avanti una politica di carattere liberale (protezionismo), ma senza successo.
I democratici con Roosevelt intuiscono che ci vuole qualcosa di diverso: è il “New Deal”, il nuovo corso in politica economica.

Lo stato americano creò industrie per la costruzione di dighe nel Tennessee.
Ma anche l’Europa non rimase ferma: Stalin diede vita ai piani quinquennali, Göring nella Germania Nazionalsocialista diede vita ai piani quadriennali (le prime autostrade europee furono create nella Germania hitleriana), Mussolini creò l’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale) per sostenere finanziariamente le industrie in difficoltà.

Lo stato come soggetto economico
In tutti questi casi, lo stato crea aziende sotto il suo controllo e fornisce servizi. Ovvero, non punta all’utile.
Con ciò, storicamente, muore lo stato liberale. Svanisce il sogno del pareggio in bilancio in favore di una spesa anche in deficit (il “deficit spending” di J.M. Keynes, secondo il quale lo stato doveva investire anche con un bilancio in rosso, essendo un certo grado di inflazione salutare, in quanto indice di buona salute).

IRI
In effetti, l’Iri di Mussolini si distingue dagli altri tre progetti, in quanto l’Istituto per la Ricostruzione si limitava a sostenere le aziende in rosso.
Tale progetto paternalistico non faceva dello stato un soggetto economico, ma anzi poteva frenare la crescita, poiché lo stato diventava a questo punto una vacca da mungere. Non importava se l’azienda andasse bene o male, tanto c’era lo stato che copriva le spalle.

Nel caso, invece, di aziende statali, il fatto che non andassero bene non era del tutto uno svantaggio.
Il loro scopo non era il guadagno, bensì l’immissione nelle tasche dei lavoratori di denaro fresco, in modo da aumentare la domanda e, di conseguenza, l’offerta.

In questo modo, le aziende potevano crescere e ciò che lo stato perdeva nelle sue imprese, lo guadagnava nel tassare le aziende.
Ovviamente, che un’azienda statale andasse bene era la cosa migliore, ma qui voglio insistere sul fatto che non era questo l’essenziale.
Un’azienda statale doveva far crescere l’industria privata, aumentando la domanda e per far questo doveva far sì che la gente avesse denaro da spendere.

L’Italia nel secondo dopo guerra
Dopo il 1945, l’Italia in effetti intraprese questa strada con aziende statali quali i trasporti, le poste, le telecomunicazioni, le scuole, l’energia, ecc.
Ad un certo punto, però, forse per paura di cadere in uno statalismo, o per paura di uno stato troppo forte, l’Italia ha pensato bene di privatizzare molte delle sue aziende. La privatizzazione da un lato e il pseudo-federalismo (o comunque, il decentramento) dall’altro furono funzionali a distruggere questo sistema.

Conclusione prima
Ecco, allora, che la questione inizia a chiarirsi.
La crisi che stiamo vivendo è di natura puramente economica e causata da un sistema intrinsecamente portato ad avere crisi periodiche: il sistema capitalistico.

La politica può al massimo aver fornito lo spunto, ma la crisi rimane una questione puramente economica. Che lo stato sia poi perfetto o meno è un’altra questione che non c’entra con la crisi. Infatti, siamo ritornati ad un regime liberale con il divorzio della politica dall’economica.
Del resto, Monti è un liberale e solo l’anno scorso per la prima volta a partire dal 1945 i liberali non sono entrati nel governo tedesco.  


Conclusione seconda

A mio parere, per uscire dalla crisi, la politica deve ritornare a fare economia.
Altrimenti, c’è un solo modo da parte dello stato per ottenere soldi: tassare, tassare e tassare ancora. C’è chi vaneggia un’uscita dalla Comunità Europea, uno stato chiuso.

Purtroppo, il nostro mercato è troppo complesso e internazionale per consentire la buona riuscita di una tal mossa.
Era quello che voleva fare il governo repubblicano durante la Grande Depressione. Io credo, invece, che l’Italia possa ritornare ad una politica keynesiana, modulando con la Comunità Europea la necessaria inflazione e chiedendo un pagamento dilazionato del debito pubblico (come sta facendo Obama).

L’alternativa?
Lo diceva già Marx: cambiare il sistema economico. Il sistema capitalistico non è l’unico sistema crematistico possibile, dove per “sistema crematistico” si intende un sistema che produce e distribuisce la ricchezza.

Capitale
Per concludere, il capitale non è il guadagno. Il capitale è lavoro morto, o surplus di lavoro che viene estratto dalla forza lavoro.
Ciò è possibile solo in una società totalmente industrializzata. In una società senza macchine, ci può essere ricchezza ma non capitalismo.
Per esempio, il proprietario di un’azienda internazionale di frutta e verdura potrà essere ricchissimo, ma non capitalista.
Viceversa, due ragazzi che cercano di arrivare a fine mese progettando delle app sono capitalisti per definizione.

Fine
La mia storiella finisce qui.
Mi piacerebbe esser riuscito a far pensare e a suscitare post, almeno una volta, in argomento, siano essi favorevoli o contrari.
Non ho parlato di algebre di Boole, di Lago, di epistemologia o di ontologia.
Cerchiamo di essere puliti. Grazie.

davide bondoni




Commenti:
ID44348 - 03/05/2014 13:57:31 - (Dru) - Ciao Davide, finalmente riappari con uno scritto folgorante, ma chiaro ed essenziale, come da par tuo.

Fammi capire cosa intendi nel penultimo tuo capoverso perché sembrerebbe a questo punto che tu identifichi la forza lavoro con le macchine, qui non ho capito forse io cosa dici, chiariscimelo se puoi, grazie. La critica al tuo scritto la elaboro ad una seconda lettura ciao.

ID44351 - 03/05/2014 14:43:42 - (davidebond) - risposta

La forza lavoro la forza di un operaio medio. Le macchine permettono di estrarre da questa forza un Surplus di lavoro, in quanto gli permettono di finire prima un oggetto. P.S. Incidentalmente, io sono per far fuori il capitalismo. Chiedo scusa dei due errori grammaticali commessi nell'articolo.

ID44354 - 03/05/2014 15:49:52 - (Dru) - Ma se le macchine sono ciò che estrae il lavoro

Perché da questo deduci che un fruttivendolo all'ingrosso non è che produttore di ricchezza ma non capitalista ? Cioè, che vi siano le macchine sembrerebbe la specificità che contraddistingue un capitalista da un crematistico. È vero come definizione che il concetto di capitalismo nasce in seno alla moltiplicazione dei mezzi meccanici, ma sembrerebbe(insisto che potrei capire male) che tu lo stia indicando come condizione necessaria, allora ti chiedo, quale differenza esiste nell'organizzazione umana e in quella meccanica ? L'organizzazione supposta a base dello scopo o razionalizzazione e industrializzazione non è un principio in sé della sola meccanica o macchina. Produrre tramite un mezzo meccanico una limonata o semplicemente tramite la spremitura di essa con la mano al capitalista che ci ricava un profitto su quella limonata dovrebbe essere indifferente non credi ?

ID44355 - 03/05/2014 15:49:56 - (bob63) - lo statalismo e' alienazione della personalita'

Far fuori il capitalismo in un economia globale capitalistami suona come pura utopia, a mio modesto parere da anni non vediamo piu' elementi politici di spiccco con una forte indole del bene comune, ma anzi piu' propensi in primis allo scranno del potere, la politica e' vero a creato posti di lavoro e ricchezza per alcuni, ma a discapito di altri , quindi io la definisco economia virtuale, tanto piu' che investono denaro pubblico, l'IRI non era altro che l'ennesimo carrozzone dove indipendentemente degli enormi debiti venivano generati posti di lavoro, costi quel che costi, ma i 2.000 miliardi di debito pubblico chi li paga? nelle forme piu' bizzarre, li paghiamo tutti, i giovani per primi che gli e' stato tolto il futuro, un ulteriore domanda, ma il capitalismo esiste ancora? oppure i tentacoli dello stato burocrate hanno tagliato ogni sbocco di sana intraprendenza imprenditoriale che ci aveva reso la settima potenza economica mondiale, periodo in cui tutti si costruivano casa?

ID44356 - 03/05/2014 15:55:40 - (Dru) - Certo l'industrializzazione tramite la macchina

Mostra una pietà e quindi una giustizia sociale nei confronti del dolore del lavoro, ma questo fatto non ha nulla a che fare con il profitto, unica condizione determinante la figura del Capitale, questo fatto umanizza e quindi redime, inverando l'uomo nel senso autentico, dunque edificante, della tecnica all'interno del senso che diamo alle cose.

ID44357 - 03/05/2014 16:22:04 - (Dru) - Voglio dire al dunque...

...che il pensiero in funzione della macchina del Marx materialista produce una contraddizione.Se fosse il pensiero in funzione della macchina capirei quella tua distinzione tra capitalismo e crematistica, perché sarebbe la macchina che produce lo scarto appunto tra il Capitalista e il profittatore o crematistico, ma è in questo frangente che secondo me Marx è in errore, pur rimanendo che per la Crematistica, che è la produzione di ricchezza fine a se stessa, lo scopo della produzione di Prodotti (aristotelica) o di denaro (moderna) prescinde dalla distribuzione e dal "consumo" (consumatore), mentre per il Capitale no. Cioè Marx chiede troppo ai fatti(produzione)e lascia un ruolo di comparsa al pensiero (prodotto), mostrando in questo quella contraddizione che dispone come produzione ciò che sarebbe il prodotto.

ID44359 - 03/05/2014 17:06:35 - (Dru) - Piú attinente al tema nel suo complesso

Il liberalismo "vince" sullo statalismo non solo nella forma appunto della sua economia e in quello della sua politica, ma in quello più specifico proprio del Capitale, perché ogni freno e vincolo, ogni legge e principio eternizzante ( dello Stato e statalismo é ad esempio la sua Costituzione) ne frena la potenza o libertà, che é la stessa cosa. A scusa, ho notato solo ora un tuo errore, no, nella Crematistica la distribuzione non è contemplata, proprio per questo Aristotele distingue l'economia in uso per il bene comune dalla Crematistica che é la produzione fine a sé stessa.

ID44360 - 03/05/2014 17:08:01 - (davidebond) - a Bob63

Caro Bob63, non chiedo che tutti la pensino come me e ha fatto bene ad esporre il suo punto di Vista. Sono idealista, questo s. Tuttavia la Chiesa sta proponendo modelli economici di carattere keynesiano in cui entra come soggetto economico. Penso al progetto Policoro o ad altre Industrie di servizi che non puntano all'utile. Tuttavia, a mio parere, lei cade in errore nel condannare troppo la politica. Essa avr anche i suoi torti, ma non dimentichiamo che le crisi periodiche sono proprie del sistema capitalistico e che, usciti da questa crisi, ne subiremo una ben peggiore.

ID44361 - 03/05/2014 17:11:44 - (davidebond) - a Dru

A Dru osservo che le macchine sono il presupposto del capitalismo. Fu questo a distinguere la posizione di Lenin da quella di Stalin. Secondo Stalin, giustamente, non si poteva parlare di capitalismo in una societ ancora prevalentemente agricola, da cui i piani quinquennali. Esasperazione del capitalismo fu il nazionalsocialismo. Se non si apprezza il ruolo del capitale nella Germania di Hitler non si capisce niente neppure di Hitler stesso o dello sterminio attraverso il lavoro, per la produzione sempre Maggiore di Surplus di forza lavorativa.

ID44383 - 04/05/2014 09:43:32 - (Leretico) - Su cosa sono in disaccordo

"Ad un certo punto, però, forse per paura di cadere in uno statalismo, o per paura di uno stato troppo forte, l’Italia ha pensato bene di privatizzare molte delle sue aziende. La privatizzazione da un lato e il pseudo-federalismo (o comunque, il decentramento) dall’altro furono funzionali a distruggere questo sistema". Non concordo con questa affermazione: le privatizzazioni furono il frutto di una decisione di contrasto verso la speculazione sulla lira che ci aveva costretti alla svalutazione e all'uscita dallo SME. Tale operazione tendeva a incidere sulla formazione e disastroso andamento del debito pubblico figlio della politica del ministero delle partecipazione statali, vera iattura da cui non ci siamo ancora liberati completamente. In pratica Bondoni lei suggerisce il vecchio metodo di ciò che Grillo oggi chiama reddito di cittadinanza. Chi paga? Altro debito pubblico? Eh no, troppo facile. Il sistema di cui lei parla si è

ID44384 - 04/05/2014 09:52:08 - (Leretico) - continua

distrutto da solo e non aveva ragione di esistere se non per favorire la gestione del consenso da parte dei politici a spese della comunità intera. In secondo luogo, mi sembra che la questione delle fluttuazioni intrinseche e delle susseguenti crisi prodotte dal sistema capitalistico sia un'argomentazione vecchia. È però vero che le crisi quando arrivano colpiscono i più deboli e rafforzano quelli che già erano forti, bisognerebbe imparare a governarle e cercare di equilibrare questi effetti. Ecco che lo Stato, potrebbe intervenire in questo senso, non chiudendo i confini ai capitali e statalizzando la proprietà dei mezzi di produzione, ma aiutando, stimolandolo, il sistema a che protegga maggiormente i deboli in attesa che la crisi passi. Concluderei dicendo che mentre potrebbe essere vero che il capitalismo non è l'unico sistema crematisco possibile, sicuramente il sistema socialista di tipo sovietico non lo è.

ID44394 - 04/05/2014 14:55:35 - (davidebond) - all'eretico

Non credo di suggerire il metodo di Grillo (che non seguo) ma, come scritto, quello di Keynes. Inoltre, non ho mai affermato che il metodo stalinista funziona. Lo stalinismo fu un totalitarismo aberrante. Ho proposto, come da Manuale di storia, i quattro governi che intrappresero una particolare via economica. Tutto qui. Semmai, ho preso l'occasione per chiarire come l'Iri di Mussolini non possa essere paragonato alle altre Strategie del periodo. Il fatto che un'argomentazione sia vecchia non vuol dire che sia sbagliata. Di fatto, noi oggi abbiamo una concezione della giustizia di tipo liberale (nulla poena sine lege), e come detto, i liberali ci sono ancora. Di pi, il capitalismo NON l'unico sistema crematistico, non "potrebbe non essere". Non . La prova? Nell'Olanda rinascimentale nasce la nuova borghesia. Ci sono ricchi e poveri, ma non capitalismo. Io mi sono permesso nell'articolo di chiarire solo alcune cose.

ID44395 - 04/05/2014 15:01:49 - (davidebond) - fine

Primo: che capitalismo e consumismo sono due cose diverse. Il capitalista non il ricco, ma chi possiede e produce capitale. Questo, a sua volta, non guadagno. Gi questo mi sembra importante da far capire. Poi, ho evidenziato come le crisi siano strutturali al sistema capitalistico e che, quindi, la politica pu aver agito bene o male, ma una crisi ci sarebbe stata comunque. Lei dice che tutto ci vecchio; e allora? Tutta la filosofia da fine ottocento ha condannato il capitalismo, lo stesso Freud. La scuola di Francoforte ha insistito su questa linea e siamo agli sessanta del Novecento, bench il movimento sia NATO molto prima. Non in Italia, ma altrove, Germania compresa, molte persone danno vita alle cosiddette "comuni", riprendendo un'idea del 1845. Ad ogni modo, non voglio convincerla. Ognuno di noi ha la sua opinione. anche ovvio che il capitalismo, la ricerca di sempre maggior capitale, ha un'intersezione curiosa con la Nostra societ delle prestazioni.

ID44396 - 04/05/2014 15:04:38 - (davidebond) - commento tecnico

Chiedo scusa della mancaza di certe lettere (lettere accentate). Utilizzo una tastiera tedesca e, evidentemente, il sito di Valle Sabbia News non riconosce le combinazioni di tasti utilizzate per scrivere queste lettere. Spero che si capisca comunque.

ID44400 - 04/05/2014 17:06:18 - (Dru) -

sei un cruco. ;-)

ID44407 - 05/05/2014 00:12:49 - (Dru) - A parte questo

Non ti sembra che definire il Capitalismo secondo quanto è nelle parole di Lenin sia un poco riduttivo ? Il capitalismo è il miglior sistema di incremento indefinito del profitto. Il profitto quindi é il suo scopo, certo le macchine sono un mezzo interessante al fine di raggiungere tale scopo, ma anche i raccoglitori di Oppio in Afghanistan lo sono, lo sono di più per un capitalista, e il capitalismo in genere, della produzione di uno Shuttle.

ID44410 - 05/05/2014 10:00:04 - (davidebond) - a Dru

Caro Dru, ti rispondo con ordine. Io ho dato la definizione di Marx (anche se non espressa formalmente). Non credo che il capitalismo sia il migior sistema crematistico possibile, n credo che l'uomo debba puntare primariamente al profitto. Nessuno ha insistito con forza che importante il lavoro perch, se svolto nelle circostanze giuste, d dignit al lavoratore, indipendentemente dal contesto. Riguardo all'Afghanistan, debbo riconoscere la mia ignoranza. Non conosco la situazione. Tuttavia, come gi scritto, il capitalismo presuppone le macchine, ma un certo atteggiamento insito nel capitalismo si espanso ad altri Tipi di lavoro o, addirittura, alla societ intesa, Vista come teatro di un sempre maggior Numero di prestazioni, analogo sociologico di un incremento sempre Maggiore di lavoro morto.

ID44413 - 05/05/2014 10:50:23 - (Dru) - Capitalismo e macchine.

Non possiamo essere noi a decidere delle sorti di una cosa , ma il significato che essa ha "definisce per sé" ciò che una cosa é. Se il Capitalismo é (=significa) "incremento indefinito del profitto privato", e il Capitalismo è e significa "incremento indefinito del profitto privato", e domani supponiamo di inventare un mestiere che lo superi questo incremento, essendo esso "indefinito", sarà un qualcosa che per forza ricadrà nella stessa definizione da cui vorrà essere l'oltrepassamento. In definitiva tutto ciò che serve per incrementare indefinitamente (non definitamente quindi) " il profitto privato" è Capitalismo, anche i traffici illeciti mafiosi come l'Eroina si inscrive in questa definizione e è più capitalista di chi costruisce uno Shuttle , anzi chi costruisce lo Shuttle ha un diverso scopo che con il capitalismo non c'entra, anche se utilizza macchine e tecnologia molto più raffinata

ID44414 - 05/05/2014 10:51:54 - (Dru) -

dei contadini e raccoglitori di oppio Afghani. Chi costruisce uno Shuttle ha un interesse pubblico e non è certo quello di un profitto ma semmai quello della conoscenza o scienza.

ID44415 - 05/05/2014 10:57:00 - (Dru) - Presupporre le macchine

Riduce la potenza della definizione di Capitalismo perché, ripeto, se raggiungo il mio scopo meglio e prima non utilizzandone di macchine, perché devo essere obbligato ad utilizzarne per fare Capitale? Capisco "io" Lenin e adesso Marx, ma la "definizione" di Capitalismo no, non li capisce.

ID44422 - 05/05/2014 13:29:34 - (Dru) - Cosa distingue la Crematistica dal Capitalismo

Che la Crematistica,che é una forma di capitalismo, è un accumulo indefinito di capitale che non ha bisogno né del consumatore né della distribuzione del prodotto accumulato, é quindi una ricchezza diremmo in chimica a sistema chiuso. Aristotele appunto dice che é un'accumulo fine a sé stesso e non per il bene della comunità; mentre il Capitalismo, anche se indirettamente, indirettamente suggerisce appunto che non dello scopo precipuo ma nei mezzi utilizzati, è un sistema Crematistico ma con la peculiarità di essere un sistema aperto, da qui deriva la famosa "mano invisibile" di Adam Smith. È nei mezzi di produzione che riscontriamo in ogni scopo di incremento lo spirito umanistico di ogni speculazione capitalista, che se vede l'intervento umano è partecipativo della ricchezza creata.

ID44425 - 05/05/2014 14:33:16 - (davidebond) - a Dru

Non credo che Aristotele potesse parlare nel Vo secolo di capitale. Io insisto nell'aver usato una definizione particolare: quella di Marx al quale dobbiamo la sua scoperta. Credo che non ci intendiamo nelle definizioni. Se cos possiamo andare avanti all'infinito senza capirci.

ID44430 - 05/05/2014 15:53:43 - (Dru) - No, Aristotele infatti parla "solo" di Crematistica.

Ma comunque bell'articolo e io ho capito bene che la definizione é quella di Marx, infatti volevo criticare Marx e non te, ma so che la pretesa possa risultare ambiziosa. Come va Davide ? Dai, fatti vivo più spesso... Ecco che anche questo "fatti vivo" ha del nichilismo il suo motore principale... Sono contento di rileggerti, ciao.

ID44435 - 05/05/2014 17:38:15 - (davidebond) - a Dru

Grazie a te, sei sempre gentile nei miei confronti e mi sopravvaluti parecchio. Ciao.

ID44452 - 06/05/2014 16:14:05 - (Aldo Vaglia) -

Ciao Davide, ho letto in ritardo, ma i tuoi articoli sono sempre stimolanti. Concordo sulla ricostruzione, forse, a mio avviso, non compare a sufficienza una grande forza del'900: la socialdemocrazia e il suo tentativo, a volte riuscito,di regolare il mercato e far uscire il capitalismo dalle sue contraddizioni. Oggi pero' siamo fuori anche dalla logica di Bobbio che vedeva la socialdemocrazia come l'unico sistema per combattere le disuguaglianze. Siamo nella politica spettacolo, con populismi statalisti alla Le Pen in Francia, liberisti alla Berlusconi e Bossi in Italia, fascisti in Ungheria e Polonia...Il politico attore e' il capo del partito che e' di proprieta' o lavora per lui. L'opinione pubblica applaude il piu' convincente o simpatico che puo' essere il comico, anche se, per gioco forza, ha imparato la sinistra, con Renzi, a fare il suo show. Questa e' la prima recessione, subito dietro e di conseguenza viene quella che pesa: quella economica.

ID44514 - 08/05/2014 16:43:05 - (davidebond) - ad Aldo Vaglia

Ti ringrazio. Debbo dire che la Socialdemocrazia tedesca ha fatto tanto fino al crollo della repubblica di Weimar. Uno die miei personaggi preferiti appunto Stresemann. Consiglio la lettura di "F. Neumann, Behemot: Struttura dello stato nazionalsocialista" che indaga a fondo la politica del lavoro della SPD. Purtroppo, come sai, nel secondo dopo Guerra la SPD ha abbandonato la sua base marxista. Cos non stupisce di vedere al governo Gabriel. Io, per, insisto che politica ed economia Hanno intersezioni (sopratutto di carattere lobbistico), ma la crisi economica ha bisogno di una soluzione economica (pun intended!). Riguardo alla crisi di valori e al sistema italiano partitico, consiglio la lettura degli scritti postumi di Max Weber contenuti in "economia e societ". Grazie. Ciao.

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