04 Agosto 2016, 07.00
BLOG - A regola d'arte

La Valle d'Itria, fra cielo, mare e latte di calce

di Vittoria Pasini

Mi avevano detto che la Valle d'Itria, in Puglia, è un posto magico: per la natura selvaggia, per i trulli indistinguibili...


... per le persone cordiali, il latte di calce che imbianca i paesi, il buon cibo, forse per il quarzo nascosto sotto terra che emana un'energia diffusa. Non sapevo nulla veramente finché non sono scesa dall'aereo e ho capito che tutto quello che mi hanno raccontato sulla "Valle dei Cristalli" è reale. E io mi sono presa una bella cotta.

Attraversando la Murgia dei Trulli, in piena campagna, pare quasi di essere in un’altra dimensione, incantata e senza tempo.
Per Murgia, dal latino “murex”, ossia “sporgenza rocciosa”, si intende l’altopiano carsico, costituito da roccia calcarea del Cretacico, che occupa la zona centrale della Puglia.

Io mi trovavo esattamente nelle Murge sud-orientali, costellate dai fantastici trulli, abitati ancora da un’elevata percentuale di popolazione, fra cui molti stranieri (soprattutto inglesi), abitanti del Nord Italia stanchi della frenesia cittadina, e poi pastori e contadini che, quando li vedi passare con il loro carretto trainato da un cavallo, ti sorridono come fossi la nipote preferita.

I comuni di pertinenza sono considerati Alberobello, Castellana Grotte, Locorotondo, Martina Franca, Fasano, Cisternino, Ceglie Messapico, Ostuni; in una settimana, purtroppo, era fisicamente impossibile visitarle tutte.

A Martina Franca ho mangiato una fantastica granita al caffè con doppia panna, la più buona della zona e finora anche della mia vita: l’ho gustata nello splendido centro barocco del paese, di fronte all’imponente Basilica di San Martino, in Piazza Maria Immacolata, o Piazza dei Portici.
Passeggiando all’interno delle mura di cinta, non possono passare inosservati i balconi in ferro battuto, le stradine festose colme di fiori freschi, i palazzi signorili: ogni particolare dà un tocco di grazia ed eleganza a questo paese.

Dalla strada che attraversa la collina ricoperta di ulivi secolari, Ostuni appare come un miraggio: il bianco della calce che ricopre la città si staglia perfettamente fra cielo e mare e, nello stesso tempo, si amalgama in modo sublime ai due azzurri.
Fra le botteghe artigiane e i ristorantini tipici, si respira profumo di focacce appena sfornate, di antico e di nuovo, di buganvillee che cresce in ogni angolo: è il profumo dell’amore per la terra natia, che gli abitanti trasmettono con passione ai forestieri “ignoranti”.

E poi, grazie a Dio, esistono Cisternino e l’avvolgente campagna attorno ad esso.
E’ uno dei borghi più belli d’Italia, definito “un grande capolavoro di architettura senza architetti”: è infatti un esempio della cosiddetta “architettura spontanea”, libera cioè da dogmi predefiniti e non legata ad autori in particolare.

Il paese è arroccato su una sorta di terrazza naturale, dalla quale si vede il mare immerso nel verde della ricca vegetazione mediterranea. C’è aria africana passeggiando per il labirinto di viuzze bianche, arricchite da fiori freschi, nicchie sacre, scalette.
E da bellissimi sorrisi.
Anche la campagna, a qualche chilometro di distanza, è a dir poco magnifica.

Ogni cosa si lascia amare dolcemente, dai muretti in pietra che accompagnano le strette strade, ai trulli disabitati e non, alle volpi che iniziano a far sentire la loro presenza dopo il tramonto, alle stelle che si rivelano grazie alle poche luci artificiali.

Tornando a casa, l’unica cosa a cui pensavo è stato il momento in cui tornerò.
Nel frattempo il ricordo è vivo, impresso forte dentro me.




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