06 Novembre 2015, 06.50
La nostra storia

Dopo il 4 novembre... gli errori

di Giancarlo Marchesi

Con il 4 novembre 1918, che segna la fine della Prima guerra mondiale, l’Italia aveva sconfitto per la prima volta la storica nemica: l’Austria. Non solo, ma partecipava da potenza vincitrice alla spartizione di vasti territori...


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Con il trattato di Versailles, il nostro Paese prende possesso di aree strategiche, in parte adiacenti ai confini – come il Tirolo, parte della Carinzia e il Litorale austriaco – e altre oltremare, come la Dalmazia, l’Albania, la costa dell’Anatolia.
Contemporaneamente si ritaglia un ruolo sullo scacchiere internazionale, inviando missioni militari verso Vienna, la Renania, la Slesia, la Bulgaria, sino in Russia, in Siberia e in Estremo Oriente.

Occupazioni e presenze militari sono, in quella fase, strumenti essenziali per la politica estera italiana, che si impegna a fondo per conseguire gli obiettivi della partecipazione dell’Italia al conflitto: al di là della liberazione delle terre irredente dal dominio asburgico, ciò che si vuole è il riconoscimento per il Paese del ruolo di grande potenza, un’influenza sullo spazio danubiano-balcanico pari a quella dell’ex Austria-Ungheria e pari alla Francia e all’Inghilterra nel Mediterraneo orientale.

Durante quella fase furono, da parte italiana commessi non pochi errori: in particolare la sopravvalutazione delle forze condurrà al fallimento dei disegni più ambiziosi e la politica estera faticherà molto a disegnare la propria strada nel mondo del primo dopoguerra.

Intanto, nei territori destinati all’annessione, le amministrazioni militari offrono ai nuovi cittadini la prima immagine dell’Italia.
Ai governatori viene chiesto di adoperarsi per facilitare l’integrazione, ma sono loro a decidere come farlo, in particolare nei confronti di quanti quell’annessione non la desiderano affatto.

Politica interna e politica estera (compimento dell’unità nazionale, da un lato, e sogni imperiali dall’altro) si intrecciano in modo indissolubile e diventano di difficile gestione per i contemporanei e di difficile interpretazione da parte degli stessi studiosi.




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