Tornavamo dalla Francia. L'aereo di ritorno sorvolava Parigi. Si vedeva tutta la città. Si distinguevano la Basilique du Sacre Coeur, l'Arche de la Défence, la Tour Eiffel, la Tour Montparnasse, la Senna...
Allora pare che almeno tu mi perdoni per le mie stravaganze?Grazie sonia
Parigi ti rimane negli occhi. E' un sogno che continua anche quando torni a casa. E' il bello raffinato. E' l'arte e la cultura che ti avvolge e ti fa dire che non e' stato inutile essere venuti al mondo.
fuori,fà belli dentro.. e voi illustri signori ,lo siete...
però il bello fuori possiede una capacità di stimolare anche i distratti...ho letto un ottimo consiglio dato,dal solito esperto ad una coppia in crisi! gli ha detto:per carità! non andate a fare pace su spiagge esotiche in solitudine..rischiate non solo il divorzio,ma anche peggio! visitate città ,musei,scoprite il bello ,riempitevi gli occhi e il cuore dela cultura e delle meraviglie del passato..cari saluti.
e ho tanti ricordi confusi che mi impediscono di trovare il bandolo della matassa per un minimo di definizione di questa gustosissima carrellata di persone e luoghi vissuti nel mio immaginario di lettore. Ah! Van Gogh lo immagino preso ed indaffarato a convincere il suo amico Gauguin che la sua mole e fattezza mal si addice ai luoghi esotici del più raffinato amico, inutile tentarne nemmeno un ritratto, figuriamoci un viaggio. I re poi, ho sempre pensato che se ne fossi nato sarebbe stata una sciagura, ecco perché forse compatisco i potenti di tutta la terra e la storia non mi è mai piaciuta, proprio perché iconografica e settaria per natura (è una scienza appunto). Rachmaninov e la sua suonata al concerto 3 al nono e docicesimo minuto, beh che dire, qui siamo al culmine, può uomo fare di meglio ? no! eppure qualcheduno ancora ci proverà. I pittori, sono l'espressione di ciò che per sé ancora non appare,ma senza di loro
sarebbe mai apparso ? sembra, l'impressione appunto, che abbiano un nesso privilegiato con la realtà e questo ce li fa apprezzare, li visitiamo per questo e ne siamo attratti.La rigogliosa profusione di arte descritta dal nostro Lostraniero qui, in Parigi, la si deve soprattutto a Napoleone e alla centralità che gli ha donato: il bello spesso si accompagna al potere e dunque sembrerebbe che il poter qualcosa conti ma è l'impressione nuovamente.
Volersi bene è un aspetto della volontà e come tale conviene alla fede, conviene per ciò che non appare come disvelato ma è del velato.Ciò che non appare è l'errore e la volontà il suo errare. Se lo crediamo è per volontà che lo facciamo, ma la volontà ripeto è fede, non è ragione. E' bene sapere invece che non serve alcuna volontà perché ci sia il bene fra le persone, appaia.
ho sognato di essere ritornato a Parigi, é vero, non può essere dimenticata.
Che le cose, che tutte “le cose” siano ed esistano non è una volontà di qualcuno o di qualcosa riferita a qualcuno o qualcosa d’altro, è la verità necessaria, qualcuno lo chiama destino della necessità, ma tra le cose che sono (e per ciò esistono) e il loro essere ( e per ciò il loro esistere) vi deve essere appunto un vincolo, appaiano così legate e quel vincolo è il comune, ciò che le accomuna al loro essere e al loro esistere.Noi siamo persuasi che le cose non siano semplicemente,ma che soprattutto e innanzitutto divengano e in specifico, per ciò che concerne il divenire, divengano altro da sé, questa è la persuasione che coinvolge ogni luogo del nostro pensare e ogni determinato ,condizione che lega il determinato a ciò che lo determina , vincolo di necessità, questa è la determinazione vista dal vedere epistemico, da quello stare che sovrintende
appunto il divenire .Ora, questo vincolo dicevo appare alla vista dell’episteme come l’evidenza assoluta, ma questo sguardo le nuove filosofie lo interpretano come una volontà e non come una verità sul controllo del divenire altro, poiché, sempre secondo la filosofia moderna, ogni luogo del reale è il divenire altro anche il luogo della necessità non vi sfugge, perché non vi è luogo che vi si sottragga, ché sarebbe il luogo che contraddice appunto ogni divenire, Dio è morto.Ma l’interrogazione che ci possiamo porre a questo punto è questa, se l’evidenza della distruzione di ogni vincolo che è quel comune è l’evidenza del divenire altro che appare nel destino della necessità
allora ogni violenza è innocenza.Dice un comandamento importante, non devi uccidere e lo dice perché per il senso epistemico della verità nel tempo del testo veterotestamentario il legame necessario tra l’uomo e la sua vita è inviolabile, necessario appunto, chi lo viola al dunque viola una legge, viola appunto un vincolo,il vincolo che la legge accomuna la vita con l'uomo questo è il criterio che fonda il senso della violenza.Ma se i vincoli da necessari, tutti i vincoli sono solo vincoli di fatto e contestuali allora ogni violenza è innocenza, perché non sussiste più il criterio che fonda il senso della violenza, non esistono più appunto vincoli di necessità.Viviamo il tempo dell’innocenza e del mondo frantumato dove la volontà regna come ogni fede che crede di sapere perché non sa e non sa perché non vede quel sapere che sta, il destino della necessità appunto.
Il “fatto”, per essere tale, deve avere un cominciamento e un termine, il fatto diceva Aristotele è etero ex etero, dall’altro a suo altro, un passaggio, una innovazione del cominciamento in cui il divenire da quell’altro dell’altro al suo altro è il comune appunto il vincolo di necessita (causa effetto).ma se non c'è necessità , se non c'è vincolo il fatto non sussiste per questo vincolo ma può essere come non essere in ogni cosa.
non essere violenti, quando la violenza non sussiste che come quel criterio che vuole spezzare il vincolo di un vincolo che non esiste. Non sussistono più le premesse perché si possa considerare un'azione un azione violenta, cioè un'azione che vuole separare il già di per sé separato e svincolato appunto. Il vogliamoci bene è una volontà che dichiara un desiderio di necessità, dichiara un desiderio che le persone si vincolino tramite un patto, il patto del volersi bene, ma come tale è fede e resta un desiderio, ciò che si mostra invece è che se l'episteme voleva determinare questo vincolo tramite le leggi che vedevano il comune fra le cose, oggi questo vincolo non vive ma tramonta e la terra è frantumata, ogni cosa è svincolata per essere dominata, ogni violenza è innocenza.
cambogia:MILIONI di morti.milioni..distruzione ,dolore ..e a che è servito? la cosa buffa è che,la stessa società che c'è ora, probabilmente,si sarebbe formata lo stesso e anche meglio,senza la guerra..(ho citato a memoria e le parole non sono precise!)
c'è un documentario intervista fatto dalla RAI per promuovere il libro..se non lo hai visto cercalo.è meraviglioso! anche la colonna sonora.
mi perdoni?
Anche il povero Terzani fa il paio al povero Hitler, inconsapevolmente, perché è inscritta, la sua volontà, nel cerchio dell'apparire della verità, la verità che dice appunto che il "servire", l'"essere" insieme "utile" ad uno scopo è fatto contestuale e non di necessità di ogni evento che succede e la volontà che vuole che un fatto contestuale( accadente, succeduto) diventi un fatto di necessità, ogni agire e ogni pensare questo, e l'agire "buono" di Hitler e l'agire "cattivo" del Terzani, è una violenza sulla verità, la vera violenza che vuole e che non ottiene mai proprio per questo motivo, proprio perché ottenere prefigura il mantenere nello stare ciò che diviene, ma il mantenere è nuovamente qualche cosa che non è innovativo, non muta non diviene altro appunto, la non verità della verità del divenire altro che è per se stesso lo stare e in se stesso il
il divenire altro e in sé e per sé lo stare del divenire altro da sé.
che il Terzani sul motivo dell'"agire" è in comunione con Hitler e suo cugino. Inconsapevolmente lui alimenta quella violenza che vorrebbe eliminare.
però a proposito di violenza ,mi dà l'occasione di dire ad antonio8l'ultima giuro!) che ha ragione! e in un certo senso anche lei,quando parla della violenza insita nel fare .e nel dire,aggiungo io! dire la verità a chi non la vuole è violenza!èdistruggere il castello che la persona si è costruito(giustificazione)..la soluzione intelligente ,utile e pacifica, (utilità dela bontà)che "neutralizza l'azione nefasta della violenza,come dice Cristo..è ACCETTARE la verità scomoda e per questo"salvifica"..se le emozioni negative sono naturali e avolte utili,controllarle giudarle ,addomesticarle,è certamente meno dannoso che lasciarle a briglia sciolta..gli animali si controllano meglio di noi eseri 2superiori" come mai?
..
devo proprio confessarle che,questa pacifica buonista che scrive,è da 49 anni in guerra. e adesso che è finita ,posso tirare le somme ,rifletere come terzani su quali strade alternative avrei potuto prendere..anche se ho vinto! su molti fronti. ma l'unica sconfitta ,non lo pagata io..ma il "commilitone" che volevo salvare.cumpri?
essere cugini significa essere la medesima cosa di cose diversa, significa appunto essere il comune del contraddittorio, cioè sappiate che la modalità della violenza di Hitler è altro dalla modalità della violenza di Terzani , ma se vogliamo lavorare sul concreto, se vogliamo debellare la "violenza" che è il credere di potere sulle cose per dominarle, non è sulle modalità che ci dobbiamo concentrare per capire, ma sul comune appunto, sul vincolo o criterio che accomuna l'agire del Terzani all'agire di Hitler: la volontà o fede nel credere di potere sulle cose per mutarne il corso, per mutarne il loro destino ( destino è lo stare presso di sé delle cose).
dice una contraddizione e il suo contenuto è contraddittorio: non si può andare fuori tema, come non si può andare oltre l'apparire della verità, pena la contraddittorietà di quel dire che dice nella verità, ma dice la non-verità. Dire che si è andati fuori da qualche cosa significa dire che si è ancora dentro qualche cosa, ma fuori e dentro qualche cosa è contraddittorio nel medesimo tempo e per il medsimo rispetto. In definitiva, me riallacciandomi ai discorsi che feci in difesa della parola e del parlare, non abbia alcun timore che ogni cosa che dice è dentro qualche e non fuori da essa, questa è la verità.
Caro Dru, tu la giri sempre in filosofia, ma il povero Van Gogh non ci pensava per niente alla filosofia. L'incontro con Gauguin avvenne ad Arles nel 1888 perché il fratello Theo Van Gogh, che dirigeva a Parigi una galleria d'arte, fece un accordo con questi che gli avrebbe comprato 12 quadri all'anno se avesse fatto compagnia a Vincent dipingendo insieme a lui. A Gauguin però Arles non piaceva e la compagnia durò poco anche perché litigò. Sono stato ad Arles. Ho visto il posto dove stava Vincent, prima di essere ricoverato a Saint Rémy de Provence che si trova a 20 km da Arles. Ma questa è un'altra storia.
scusi la mia fretta e il fatto che salto alcune parole e ne aggiungo altre.
alle parole. c'è chi non capisce una cippa di filosofia,ma d'istinto recepisce il messaggio ..o lo travisa..c'è anche troppo gente in giro che si sente legittimata a usare la violenza e a credersi innocente.saluti
Sa anche che ad Arles è stato anche Picasso e che è uno strano crocevia di famosi incontri, belli i dipinti di Van Gogh su questa permanenza, forti i gialli e i blu nell'impeto del suo pennello vigoroso e violento, a strappare la tela che la trattiene in circoli e in vampate di fiammanti forme apparenti disegnate più dalla forza che dalla tinta stessa.
e l'argomento inaugurato da Sonia è troppo importante per lasciarlo sospeso e indefinito. Chi decide che un argomento è in tema o è fuori tema ? Un argomento che è deciso da qualcuno l'argomento fuori tema quel qualcuno presuppone che il suo o altro sia nel tema e allora è il tema che va definito per quel contenuto che quel qualcuno decidendo ( volendo, volontà di potenza), dice essere del tema. Ma è la verità o è solo la volontà che a questo punto dice quel qualcuno del tema e del suo contenuto ? E' verità se il contenuto è nel tema e del tema indipendentemente dalla volontà è volontà se questo contenuto è creduto come tale ma è per verità separato, astratto dal contenuto e infine messo appunto per volontà in sintesi con il tema stesso.Ogni contenuto che è del tema é del tema il suo contenuto non per una volontà ma per
verità.
Per verità si intende come stanno le cose di necessità e come la negazione di come stanno le cose non si può determinare che come nulla, quindi dalla verità si pretende, non per volontà, che il suo altro non esista se non come un dire auto contraddittorio ... Esempio: "Il cane non è l'uomo" in questo concetto è la verità (riconosciuta come tale per necessità e non solo come un che fattuale); la sua negazione è "il cane è l'uomo", la sua negazione è contraddizione e il suo dire dice qualcosa di auto contraddittorio che noi riconosciamo come nulla, come un dire che dice nulla. Tra l'uomo e il cane, due determinazioni differenti, noi non riconosciamo alcun vincolo e neghiamo l'identità, questo processo di ragione che passa sotto il nome di verità di ragione, considera la necessità il criterio che la fonda, per questo la verità di ragione è più della verità
di fatto (Leibniz), è più nel senso della fondazione e per questo la verità di ragione è incontrovertibile ( che non muta, l'immutabile e imperturbabile) mentre la verità di fatto no. La volontà è invece dell'uomo ciò che del l'incontrovertibile vuole controvertire, della verità immutabile vuole mutare, rendere malleabile a sé e infine dominare. Ma il volere non è l'essere sé, non quell'essere voluto che il volere è e mai potrà esserlo, già questo potrebbe bastare per comprendere l'infinita separazione che c'é tra il voluto che il volere vuole e quell'essere che il voluto vorrebbe dominare e crede in volontà di potenza di poter dominare. Noi vogliamo e quando vogliamo agiamo in tal senso, ma tal senso nasconde, se non visto con gli occhi della ragione ( gli occhi della verità), tutta la sua impotenza (=l'infinita separazione) sulle cose volute e per questo mai
"Veramente" avute.
...per aiutare la comprensione dei due termini "verità" e "volontà" che spesso compaiono nei miei scritti, come appena sopra ho fatto. Sono persuaso che ciò che scrivo non sia argomento da quotidiano ma più in specifico da saggistica e in particolare il suo alveo è la filosofia, ma sono ciò che di più bello l'uomo ha saputo fare e sono ciò su cui tutto il resto si fonda e non condividerlo mi sembra un peccato.
"non quell'essere voluto che il volere è e mai potrà esserlo" è meglio espresso e comprensibile così "non quell'essere voluto che il volere è e mai potrà realmente possedere" poiché questo possesso significherebbe di quella cosa voluta la sua trasformazione in altro e una impossibile sintesi di quella in quest'altro. Le cose che noi vogliamo, di quelle cose noi vogliamo ( pretendiamo) una trasformazione, pretendiamo l'impossibile, ma qui l'argomento entra prepotentemente nella metafisica e qui per ora chiudo se non ho richiami da altri a riguardo.
Quando si parla di "essere" non si riesce ad essere fuori tema, perché l'essere è comune a tutti gli enti. Però, questa affermazione è un po' tirata, ossia cerca di salvare "capre e cavoli". Ora, lungi da me dare della capra a qualcuno, né paragonare i concetti ai cavoli, ma quando si salvano sia le capre che i cavoli, si mettono insieme due mondi talmente eterogenei, che il salvataggio sembra come minimo improbabile, come appunto il mio tentativo. Anche il mio, dunque è volontà. Volere significa agire con volontà, ossia impiegare la volontà affinché accada qualcosa. Questo accadimento, voluto, porta ad esistere qualcosa che prima non c'era. Cioè qualcosa che prima era nulla. Quindi la volontà crea, cerca con la creazione di dominare il mondo delle cose, di influenzare il loro essere per un fine utilitaristico. Quando dico: "voglio fare un quadro" e mi metto a dipingere un quadro, appunto, lo creo dal
nulla. Prima non c'era, poi c'è. Ma questo esserci del quadro, come fa a venire da nulla? La domanda è lecita solo se si pensa che questo esserci (questo essere qui e ora), non può mai essere un nulla. Mi spiego: se l'essere è e rimane sempre essere, allora in nessun momento può "non essere". Se è così, allora non può esistere la creazione dell'essere. Il dipingere un quadro non può essere creazione di qualcosa che prima non c'era. In qualche modo il quadro doveva già esistere. Ora, Van Gogh non pensava proprio a queste cose. Lui sapeva che se voleva esprimersi, se voleva mettere la sua anima nei suoi quadri, doveva sempre fare la fatica di dipingerli. Nemmeno lui avrebbe potuto cogliere il ragionamento dell'essere, o meglio l'avrebbe colto ma da quel momento i quadri non si sarebbero dipinti magicamente da soli. Allora la speculazione sull'essere non serve a nulla? Evidentemente, almeno per me,
il ragionamento sull'essere, che tormentava tanto lo shakespeariano Amleto, non è inutile. O meglio proprio perché è speculazione senza scopo utile, cioè libero dall'esercizio della volontà, è interessante. Viviamo in un mondo in cui il valore è determinato dall'utilità. Da un lato ci sembra ovvio, ma quando pensiamo alla fatica che si deve fare per difendere certe cose che diventano schiave dell'utilità, come la saggezza o la sapienza, ci rendiamo conto di quanto pericolosa sia l'ideologia del bello come utile. Van Gogh è morto in povertà, e ci sorprende il valore dei suoi quadri oggi comparato alla miseria della sua vita e della sua morte. Tale sorpresa deriva dal concetto di valore e di utilità in cui siamo immersi. Discutere di essere invece non porta un'utilità ma ci fa comprendere il fondamento dell'ideologia utilitaristica e criticarla. Qui sembrerebbe che anche la verità
dell'essere abbia un'utilità, ma la verità non ha uno scopo, se lo avesse sarebbe una volontà. La verità è indipendentemente da tutto.
grande leretico! per farmi perdonare ,ritorno in tema..quanto ha sofferto Van Gogh! probabilmente ,in vita, è stato considerato anche un pò inutile ( come dice bene leretico,molti considerano l'arte solo se ha un"valore" monetario..magari faceva anche un pò paura,la sua "stranezza"..gli artisti,come persone, a parte quelli idolatrati! sono personaggi che incutono apprensione fra i parenti stretti:che ne sarà di lui ,se non diventa "famoso"? e se "butta il suo tempo e la vita?e intanto ..perchè non gli trovi un lavoro "sicuro"? ( quanti artisti 2castrati" quanta fantasia soffocata!)ma la fantasia si nutre di libertà! e i frutti di questa libertà ,sopravvivono nei secoli come dono prezioso all'umanità.
Ehi sonia! Ma sei proprio brillante! Lucida e brillante. Complimenti.
Anche se per giungere ad una conclusione corretta, e cioè che l'essere è perituro e ingenerabile, perchè suo contrario è il non-essere e se la generazione è innovazione, dal non essere verrebbe l'essere,decidendone una sorte caduca ed effimera, tutt'altro che peritura e ingenerata, ma generata proprio da quel nulla che è il nihil absolutum,Leretico parte con una premessa errata: la volontà crea. Esemplificare può indurre in questi errori e se Leretico scruta bene il suo scritto complesso anche se esemplificato, si accorgerà della contraddizione... Allora la volontà pensa(crede) di poter creare là dove non appare ancora nel cerchio dell'apparire quell'essente che è il quadro. questo semplice tema lo aveva capito quel genio di Michelangelo scolpendo il David.
Nel mentre in cui l'uomo mortale crede con volontà di poterlo mutare questo mondo, appare in tutta la sua angoscia, nella verità, questo tentativo di violentare ( poiché ogni volontà é appunto violenza) le cose per come sono. E come sono le cose? Appunto lo dicevamo sopra, sono eterne e immutabili come legate al loro essere, anche se questo non significa che non sono divenienti, anzi, nel cerchio dell'apparire loro appaiono e scompaiono.
non ci sono abituata..( e non è una falsa modestia)bè..penso proprio che me li terrò! GRAZIE E UN BACIO!8sono anche parecchio matta!) l'ultimo lavoro 2sicuro" di mio figlio gli ho "intimato" se vuoi tornare a casa..licenziati! non si sprecano cosi i doni di dio!)lo sai che mi ha risposto? grazie mamma..sapevo che mi avresti detto cosi!)visto che non sono poi cosi modesta' e neanche buonista..normale.
In quanto la mia negazione del "divenire altro" che identifica, da parte dell'essere, il prima e cioé il non-essere, detta così, come sopra, incappa in una petitio principi o nel migliore dei casi subisce subito l'attacco facile della sua negazione, e allora ? Potrebbe dire la sua negazione?.Allora, perché un divenire di un essente non può divenire altro? Ma perché se un essere divenisse altro da sé allora non sarebbe o meglio, prima sarebbe quell'essere che non é l'altro e poi sarebbe quell'altro che non é l'essente da cui si é generato, solo cosí può esserci l'innoazione, ma l'innovazione esige appunto che il cominciamento si tenga fermo dal risultato, che un risultato nel cominciamento non è innovazione.
Insomma, i sostenitori del divenire altro di tutte le cose, e noi siamo chi più e chi meno tutti sostenitori di questa follia, per sostenere questa tesi devono essere i massimi sostenitori del tenersi fermo nel loro essere degli essenti creando così la più forte delle contraddizioni.
perchè è cosi difficile? nella saga di don camillo,all'inizio delle sue novelle piene di litigi e incomprensioni(non solo fra quel sindaco e quel prete) Guareschi , disegnava l'immagine di un angioetto e di un diavoletto..io l'ho sempre vista più come un simbolo della lotta interiore,più che la baruffa tra due opposti. per volerci bene e volerne al prossimo,dovremmo rammentare la brevità della nostra esistenza e dare una "papina"metaforica,a quel diavoletto interiore che ci tenta....hem! con affetto...
Perché volersi bene? Perché la vita è un brivido che vola via, è tutt'un equilibrio sopra la follia. Perciò non vale la pena fare il contrario.
il fare del bene che è un criterio identico al fare del male, cero con modalità diverse ma con un criterio medesimo come per ogni ente è il loro essente che li accomuna, così il fare del bene è volontà che vuole l'impossibile e come tale è la forma di violenza e credere che questa forma, che è forma nascosta di violenza e non l'evidente come per quella di Hitler, dicevo, pensare che operare con il bene per sconfiggere il male sia la cosa da "fare", beh, che dirvi... sarebbe come pensare che per riparare l'ente in ente noi ci mettessimo a riparare un tavolo che è l'ente in quanto determinato, non so se così potete comprendere meglio. Per riparare l'ente in quanto ente bisogna che ci impegniamo a conoscerne i fondamenti dell'ente e cosa significhi questo ente come è per la volontà che vuole l'impossibile
e come è per l'ente, che il tavolo non lo riparerà mai, così un bacio sulla guancia non risolverà mai alcun male al fondamento se non alleviare apparentemente quell'impossibilità che la volontà vuole mutare o del male far diventare altro il suo essere.
Devo dedurre che tu contesti quello che dice Vasco Rossi.Perché rovinarsi la vita nel litigare? Non vale la pena.
un bacio sulla guancia non risolve..previene..molto si può prevenire..l'altro giorno mi sono trovata in una situazione ,precisa identica a come la descrivede A. Neill..è un pò lunga da raccontare..penso proprio che ti regalerò il mio libro preferito...
io non contesto quello che dice Vasco Rossi. Certo che non litigare vale la "pena" che il litigare porta con sé, anzi il non-litigare è quella gioia che gli fa da contr'altare, perché gli uomini sono animali sociali (razionali) a due gambe (Aristotele) e vivono e sopravvivono giustappunto collaborando, ma che questo sia un atto voluto è trasformare il qualcosa in qualcosa d'altro, è l'impossibile che si vorrebbe possibile.
con questo "...tutto un equilibrio sopra la "follia" ha centrato il tema dei temi, pur magari nemmeno pensarlo.
è la natura umana! e questo cercare di realizare l'impossibile ,ha permesso all'uomo di affrontare e vincere sfide straordinarie..e commettere i mali più spaventosi..hitler non voleva eliminare un popolo intero' non era una ricerca impossibile?anche la sua è una ricerc impossibile.cercare di togliere di mezzo qualcosa insito nella natura dell'uomo.il bene e il male..è per questo che non si può discutere con lei..A.Neill scrive:l'umanità ha la capacità intrinseca di vincere il male che le viene imposto. c'è una lenta tendenza verso la libertà..perchè è solo la paura che ci spinge a farci rigionieri.è la paura che il mondo sia sotto il controllo di forze superiori alle nostre..ci facciamo proteggere dal lupo che ci divorerà( questa è mia, ispirata da fromm)e sguirò l'otimo consiglio del lostraniero..anche quello di Montaigne a proposito di citazioni ,che metterò più
che metterò più spesso:perchè ripetere male,qualcosa che gli altri hanno detto cosi bene?
per cui la natura umana è una sua parte. Il bene e il male sono ancora sue parti, ma il destino , che è lo stare, ci dice di una necessità che queste siano del "tutto" (=dell'intero) le sue parti che non possono diventare altro da sé e quell'altro dell'altro che è il loro altro per necessità , "pena", appunto, il nichilismo o sintesi dei diversi, "pena" il pensare che la legna è la cenere di quella cenere che è parte di quella legna, "pena" è pensare che la parte sia il "tutto" o che i "diversi" siano "uguali" o che una mucca sia un uomo o che il cerchio sia il quadrato, l'impossibile appunto che si vorrebbe per volontà possibile, poiché ogni volontà è volontà che qualcosa divenga altro da sé.
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ID33985 - 11/07/2013 17:36:19 - (sonia.c) - William Blake
I bambini del'età futura nel leggere queste pagine sdegnate sapranno che nei tempi passati ,l'amore,il dolce amore!non era altro che un crimine....terrible! come si può assolverti da un tale crimine? vai..e continua a peccare...