02 Maggio 2013, 07.00
Terza pagina

Il significato delle cose

di Dru

Il significato delle cose conduce gli uomini ad agire sulle medesime. Se noi "crediamo" o "diamo" o "siamo" un significato di ogni cosa che "crediamo", "facciamo" o "siamo", quel significato conduce le nostre azioni, tutte

 
Noi siamo mortali e tutte le nostre azioni, il nostro agire, è da mortali e crediamo da mortali e facciamo da mortali e siamo infine mortali.

Il significato che alle cose diamo (in questo specifico caso mortali) caratterizza la cosa, il mortale, e il suo significato.

Più ampio è il significato e più azioni cadranno inscritte in quel significato.

Questo Aristotele voleva dire con l'ente in quanto ente nel libro IV della metafisica,questa la scienza prima: voleva esprimere appunto la superiore potenza della filosofia che non guarda alle cose particolari in quanto determinate (=ente in quanto determinato, il positivo), non è come le altre discipline che si occupano del particolare (= parte) ma indaga intorno al significato più o ampio delle medesime: gli idealisti lo chiamano questo significato più ampio "l'apparire trascendentale", ciò che oltre non si può, perché quell'oltre è appunto sempre un apparire a cui trascendono tutti gli oltre che vogliono esserlo ma al dunque non riescono ad esserglielo, e come potrebbero il solo farglielo?

Per gli idealisti l'oltre che più oltre non si può è appunto l'apparire trascendentale o lo Spirito Assoluto o il pensiero; per i Greci  il fainestai o il manifestarsi, il manifesto.

Se noi non credessimo che quella che si pone davanti a noi è una finestra e non credessimo che è possibile l'aprirla, allora quella finestra non la apriremmo, non faremmo nulla per aprirla.

È il significato di finestra e il significato di aprire la finestra che ci conducono per mano nell'azione sulla "cosa" finestra, è credere di poterlo infine fare che ci dà il coraggio e ci aziona su quella "cosa": se quella cosa non la conoscessimo, lei è il suo significato, infine non agiremmo, non muoveremmo un dito...

ma appunto tra "finestra" e "cosa" quale ha il significato più ampio?

Allora fin dai Greci, i filosofi più grandi fra i pensatori, l'indagine si è concentrata da subito sul significato di "cosa" o "ente" appunto, lasciando che delle finestre se ne occupassero e i fabbri e i falegnami.

Ma non ingannatevi, non è che vi sia qualche vantaggio per l'una o per l'altra: è del particolare la scienza, è dell'universale la filosofia diceva già Parmenide.

Ma il particolare ha le sue caratteristiche, la sua definizione appunto, e dalla sua definizione noi agiamo sul particolare.

E dell'universale la sua, e dalla sua definizione noi agiamo sull'universale.

Per parte o particolare si intende quella parte del tutto, l'universale.

Allora i Greci da subito hanno inteso che tra parte e tutto c'è relazione.

È in questo senso che si capisce da subito che il significato più ampio, il tutto, o ente, sottende tutte le parti, e sondato quello, queste sono definite nel suo essere (=definizione).

Perché allora un filosofo come Severino può con semplice tranquillità dire che la Tecnica ora è la massima potenza?

Proprio partendo dai fondamentali sopra.

Se il tutto o l'universale (epistemico della tradizione, trascendentale dell'idealismo) tramonta per lasciare il posto al mondo frantumato, le parti appunto isolate da quel tutto che infine le parti non riesce più a dominare, al suo posto, al posto dell'antico tutto che le dominava (anche e non solo il Dio teologico e razionale), si affaccia una nuova entità o ente appunto, perché al dunque non è possibile che vi siano solo le parti senza un tutto proprio per definizione.

E la definizione più ampia è il "tutto".

 


Commenti:
ID31511 - 02/05/2013 10:58:04 - (Leretico) - Il tutto e l'essere

La parte è connessa con il tutto? Per definire la parte, dobbiamo pensare a tutto ciò che quella parte non è. Quella parte quindi è legata (relata) con il tutto attraverso proprio il suo contraddittorio: la non-parte. Il tutto e la parte sono quindi legati e la domanda iniziale trova così la sua risposta. Peccato che l'uomo occidentale pensi invece che la parte non sia legata al tutto, nonostante ammetta che senza la non-parte non si avrebbe neanche la parte. Questione difficile e forse noiosa, ma decisiva. Quando diciamo "cosa" intendiamo proprio quella parte di cui sopra. Quando diciamo "cosa" intendiamo "ente", quando diciamo "tutto" intendiamo "essere". Ente e non-ente (niente) sono il tutto: l'essere.

ID31512 - 02/05/2013 11:28:22 - (ROBIN) - siamo mortali...

...quindi siamo limitati!!! quindi può succedere che se quel significato(premessa) iniziale è sbagliato/a...sbagliamo in buona fede nelle nostre azioni(agiamo perchè crediamo che sia giusto)...!!!....e lo sbaglio lo dobbiamo accettare...

ID31513 - 02/05/2013 11:34:41 - (Dru) - Ecco questa tua concezione che l'ente non è il tutto come essere

si avvicina molto a quella metafisica che così facendo non riesce, dove vuole arrivare, a definire l'essere. Quando scrivi "Ente e non-ente (niente) sono il tutto: l'essere.", scrivi che nella sfera del tutto , dell'essere, entra a far parte anche il niente e se scrivi così, perché anche il niente è una determinazione, allora questo può essere "compreso" nel tutto, ma se lo scrivi per il suo nulla-momento o quanto il non-ente vorrebbe essere, allora scrivi contraddizione e allora il suo contenuto è contraddittorio e al dunque niente appunto, e così facendo nientifichi l'ente riducendolo nichilisticamente.

ID31514 - 02/05/2013 11:36:49 - (Dru) - Quella metafisica

è tutta la metafisica fin allo Severino.

ID31515 - 02/05/2013 11:38:49 - (Dru) - Per Robin

ma siamo proprio sicuri noi di essere mortali ? cioè, voglio dire, siamo proprio sicuri che l’evidente morte è stata davvero detta per quello che è dagli uomini per gli uomini ? abbiamo per davvero definito il suo significato o quel significato è solo una parte appunto di quel tutto? Vi invito caldamente a considerare questo: se la morte è una parte di quel tutto, sebbene eterna se non vuole anch’essa essere contraddittoria, e se quel tutto non è tutte le cose ma tutte le cose assieme convengono quel tutto e quel tutto è, non diviene, in quanto se divenisse e non fosse allora non sarebbe il tutto ma nuovamente una parte, poiché il divenire richiede un ‘inizio (termine ad quem) e un termine o risultato (termine a quo), e una parte che vuole essere il tutto è contraddittoria…se è una parte, appunto dicevo della morte, come questa può agire su un’altra parte di quel tutto?

ID31516 - 02/05/2013 11:40:18 - (Dru) -

Il fare di ogni cosa su un’altra cosa, di ogni uomo su un altro uomo, è pura illusione, nessuno può agire in conformità a quanto ho appena detto su ogni parte del tutto ma tutti conveniamo. Convenite?

ID31531 - 04/05/2013 07:53:35 - (Borni) - Insuperabile

Insuperabile DRU!

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