04 Luglio 2014, 11.33
Terza pagina

Il mistico come «supertecnico»

di Dru

Spiegazione (=nichilista) del testo del mio ultimo scritto "Restare liberi nella tecnica" 1.1


"Restare liberi nella rete significa per un pesce rimanere necessariamente vincolato in quella rete, e la libertà del pesce in quella rete è la cena per quel pescatore che sa di avere il pesce (restare) nella rete."

Qui il pesce è il Mortale o l'uomo nichilista, colui appunto che "crede di potere sulle cose e crede (=vuole) che la potenza sia la volontà che vuole il diventare altro delle cose, questa la radice della "libertà" nel pensiero nichilista.

Il pensiero nichilista è invece la rete che imbriglia il Mortale nelle sue convinzioni o credenze, il pensiero nichilista è la tecnica che dona potenza all'ente in quanto ente, quel restare liberi.

Nessuna potenza è in atto quello che è, se la potenza non muta divenendo atto la potenza è l'atto, per diventare atto la potenza deve procedere o retrocedere, questo dovere è la decisione che da ultima è l'azione che conduce la potenza nell'esser atto o la potenza nel non esser l'atto.

Mutare il proprio stato significa essere e non essere quello stato, significa la contraddizione.

Qui interviene il Domandante e risponde Severino. (ripreso da un dialogo vocale e quindi con delle inevitabili imperfezioni)

«Domandante: sono d’accordo che tutto è eterno però io vivo la realtà e mi chiedo: problemi come la fame nel mondo o problemi come l'ambiente, ecco, noi non  possiamo risolverli solamente grazie all'eterno, cioè che facciamo concretamente che facciamo? l'agire.

Severino: stiamo indicando un flusso oggettivo all'interno della follia, se non mettiamo in discussione il concetto di follia, ma lo possiamo mettere in discussione, stiamo indicando la struttura della storia dell'occidente.

Allora ci può essere chi non conosce questa struttura e allora si domanda che cosa devo fare.., facciamo un passo indietro: la domanda stessa "che cosa devo fare" che cosa implica, non voglio evadere la domanda perché potrei rispondere subito "bisogna seguire il flusso oggettivo della storia dell'Occidente", ma vorrei invece delibare la domanda "che cosa devo fare?".

E' una domanda che presuppone, ma interessante, che non si sia detto  quello che abbiamo detto, perché? Perché la domanda "che cosa devo fare" sottintende dunque che si sappia cosa significa "cosa", che si sappia cosa significhi "io", che si sappia cosa significhi "fare" e che si sappia cosa significhi "dovere", dover fare.

Allora direi che bisogna incominciare a vedere il carico teorico che è proprio delle domande, le quali non sono esenti dalle regole a cui sono sottoposte le risposte, ma proprio perché sono cariche di teoria, allora può darsi che in questo carico vi sia l'errore, la follia che indichiamo indicare.

Perchè se lei per dover fare e per fare significa, definisce, il fare come far passare una cosa da ciò che è a ciò che non è, dal far passare dal qualcosa che è a qualcosa che non è, allora la domanda è carica di errore.

Fare dunque.

Penso che molti di loro ricordino quella definizione di Platone del fare, Poiesis, la Poiesis come causa che fa passare le cose dall'essere al non essere; ecco se il fare significa questo, no, è impossibile il fare, che cosa accade invece?

Accade l'illusione del fare, perchè se teniamo ferma l'eternità del tutto, allora che cosa è il vincitore ? cioè di colui  che riesce ad imporsi sul nemico, è colui che è riuscito a fare ciò che voleva?

Il voler fare è appunto voler far diventare altro qualcosa.

Ma se nulla può diventare altro, allora il vincitore è colui che è convinto di aver ottenuto ciò che voleva, è colui che ha fede di aver ottenuto ciò che voleva, ma non ha ottenuto ciò che voleva.

Questo discorso può sembrare simile a certe dottrine sociologiche in cui si parla di eterogenesi dei fini, cioè, voglio andare là ma in effetti mi trovo da tutt'altra parte, può sembrare affine per esempio la teoria di Nietzsche per la quale non si ottiene, ma sia in Nietzsche sia nella dottrina sociologica  dell'eterogenesi dei fini, il motivo per il quale si dice che non si ottiene è di carattere psicologico, che non può servire come fondamento, ma come conprova, sta di fatto che quando abbiamo ottenuto siamo insoddisfatti di quello che abbiamo ottenuto, l'essere insoddisfatti di ciò che abbiamo ottenuto vuol dire che non abbiamo propriamente ottenuto ciò che intendavamo ottenere.

Ma stiamo all'essenziale, colui che vince è il vincitore, è colui che si illude di aver ottenuto, il vinto è colui che a sua volta si illude, con la connotazione negativa dell'illudersi, è colui che si illude di aver perduto.

Sarebbe qui interessante far vedere che cosa fa si che questa illusione si produca, ma qui non complichiamo le cose.

Ritorno sulla prima battuta della risposta, dunque che cosa si deve fare, supponiamo che a questo punto si rimanga all'interno dell'errore, che quindi la risposta non venga data dal punto di vista del destino, ma da punto di vista della logica dell'occidente, all'interno della logica dell'occidente che cosa si deve fare?

Se al di là di ogni critica della filosofia della storia c'è un flusso oggettivo, allora che cosa si deve fare? non contrastarlo.

Perché se c'è quel flusso oggettivo, il contrastarlo significa insuccesso.

Ho detto se non c'è una filosofia della Storia, perché?

Perché anche la filosofia della Storia è una forma di episteme, per esempio quella di Marx che vede nella Storia un "movimento necessario ". Se non si tien ferma una filosofia della Storia, stando all'interno dell'Occidente, d'altra parte resta ferma la prima parte del mio discorso, se non avviene l'Apocalisse, allora c'è l'avvicinamento tra la voce che parla dell'inesistenza dei limiti e la voce della tecnica che ascoltando la prima voce diventa più potente delle tecniche che invece si fanno guidare dalla tradizione Occidentale.

Il dover far qualcosa in questa prospettiva, cioè in una prospettiva in cui c'è un flusso oggettivo, è praticare quell'etica suprema che oggi ha sostituito ogni altra etica.

Qual è l'etica del passato?

L'alleanza con la potenza suprema.

L'uomo etico, dicevo perché è etico?

Perchè si allea con quella potenza suprema che, si, non si mostra a  questo mondo, ma che attende tutti al varco e giudica e manda secondo chi avvinghia.

Ma dicevamo quella forma suprema tramonta, non è che il divino tramonti, ma il divino assume le sembianze della tecnica, il divino è la forma superiore di potenza.

Oggi, in seguito al processo che abbiamo detto, la forma superiore è la tecnica. Cos'è l'uomo etico che si chiede che cosa devo fare? è quello che si allea con la suprema forma di potenza. Quindi la virtù suprema qual è ? Quella di non praticare nella società comportamenti che riducono la potenza. Qual è il vizio supremo? Quello di praticare invece comportamenti che riducono la potenza.

Domandante: Pericoloso.

Severino: Pericoloso, certo.

Ma cosa vuol dire pericoloso.

Pericoloso per quelle forze che intendono sopravvivere di contro la potenza vincente.

E' pericoloso per il Cristianesimo, per la Democrazia, per la Filosofia tradizionale, per il Capitalismo, per l'Islam per tutte le grandi forze che intendono servirsi della tecnica per realizzare il loro mondo.

C'è un meccanismo per cui, anche qui se non accade l'Apocalisse, è inevitabile una rotazione per la quale le forze che intendono servirsi della tecnica sono destinate a diventare mezzi di cui la tecnica si serve e allora a questo punto il dover fare riceve la sua risposta, perché prima parlavo di assenza della grande politica, perché le forze politiche esistenti non sanno cosa devono fare, non sanno che la politicità utentica è l'alleanza con ciò che si presenta come la forza suprema.

Poi certo qui vengono fuori una serie di problemi, e l'umano in questa situazione?

E l'umano che non può d'altra parte esser pensato come non ingrediente della tecnica, l'umano è un ingrediente della tecnica.

Certo che la tecnica è il pericolo dell'uomo tradizionale, ma tutti quegli atteggiamenti che parlano di disumanità della tecnica si dimenticano che l'uomo è sempre stato inteso come un essere tecnico, sempre, perché? Perché come è inteso l'uomo, anche l'uomo mistico, l'uomo è sempre stato inteso come un centro cosciente  di forza capace di organizzare mezzi in vista della produzione di fini.

Ma se dicessimo il Cristo o San Francesco?

Anche loro, anzi,  il mistico crede di possedere la super tecnica, l'uomo religioso crede di possedere la supertecnica, non solamente quella che gli prolunga la vita, ma  quella che gli consente di guadagnare i cieli.

Allora se l'uomo anche mistico, e ovviamente anche il più pragmatico, è definito come centro di forza capace di organizzare mezzi in vista della produzione di scopi, questa è la definizione della tecnica, la tecnica quindi non è un'alienazione dell'umano, è l'alienazione di quel senso dell'uomo che le varie forze della tradizione hanno conferito all'uomo: l'uomo cristiano, l'uomo razionale, l'uomo democratico, l'uomo socialista, l'uomo comunista..

Certo che la tecnica è "pericolosa" per questo "tipo" di uomo, ma è pericolosa per la concezione ideologica dell'uomo, ma al di sotto, di questi differenziati modi di concepire l'uomo, c'è quel comun denominatore che è quello indicato prima, l'uomo è il centro di forza capace di organizzare i mezzi in vista della produzione dei fini.
Che qualcuno dicesse, tu ti stai dimenticando della matematicità della tecnica,  allora terminiamo con una domanda: se domani la preghiera fosse più capace che non la tecnica matematica di spostare le montagne, se pregando l'uomo riuscisse ad ottenere i propri scopi più di quanto non li ottenga esercitando il sapere scientifico matematico, quale sarebbe la vera tecnica? quella di chi continuasse a praticare la matematica o di chi pregasse?

Perché, ormai, una volta cancellata l'episteme, allora ciò che conta è la capacità di trasformare il mondo».

Per questo dico che la tecnica non ha nemmeno un carattere matematico, attualmente si, ma non definitivamente.



Commenti:
ID46390 - 04/07/2014 13:09:47 - (Dru) - Glossario mini

"Cancellata l'Episteme" significa cancellate le Verità (epistastai = stare sopra) nate in seno alla filosofia Greca che vedono nella immutabilità del superente l'assicurazione del molteplice."Cancellata" significa dell'Episteme quel tramonto per necessità in seno alle moderne filosofie di ogni Episteme, muore l'immutabilità o l'immutabile (relativismo, quello vero), l'evidenza o unica Verità è il mondo che muta.

ID46392 - 04/07/2014 13:15:19 - (Dru) - è l'nevitabilità del tramonto dell'Episteme il motivo del dominio della Tecnica

Una volta che l'Episteme risulti contraddittoria, e nelle nuove filosofie (il sottosuolo di ogni nostro agire) questo risultato viene portato a galla in tutta la sua radicalità, la Tecnica prende il sopravvento.

ID46394 - 04/07/2014 14:41:00 - (Leretico) - il problema etico

L'etica nasce nell'ambito della volontà e quindi della fede. Se l'alleanza con Dio può essere paragonata all'alleanza con la Tecnica, vuol dire che il senso totale dell'episteme, dell'immutabile è completamente perduto. Invece, noto che la tradizione, l'episteme dell'Occidente, quello del diritto naturale, quello che si oppone agli olocausti di innocenti, quello non sparisce. Contro la Tecnica esso è certo perdente, ma non per sempre e mai del tutto. Allora, sapendo che anche la Tecnica, come paradiso, è destinato a fallire, a tramontare perché non dotato della capacità di "stare" incontrovertibilmente, qual è il vero uomo etico? In ultima analisi, non certo chi si allea con la Tecnica, ma chi invece si allea con la Verità che riesce a "stare" senza tema di controvertibilità.

ID46413 - 04/07/2014 18:03:54 - (Dru) - Caro Leretico dici cose interessanti, ma dici cose del senso nichilistico di "cosa".

Eppure ho premesso che il vincente e il perdente nel senso greco di "cosa" ottiene grazie al presupposto di quel "senso". Voglio dire, leggi tra o sopra le righe. Nel tuo scritto non noti quell'oscillare dell'Epanfoterizein platonico ? quel "nasce", quel "si oppone" e quegli "sparire del tutto" che scrivi sono opposti a quel "completamente perduto" di enti che dall'essere divengono niente. L'immutabile è perduto e non riesce a stare proprio perchè qualcosa vince qualcos'altro o crede di poterlo fare in senso nichilistico. "Quel" tremendo "fallire" a cosa si riferisce ? Fose a "qualcosa" di "riuscito"?

ID46414 - 04/07/2014 18:10:43 - (Dru) - L'etica è il massimo della volontà di potenza.

È credere di poter allearsi con la massima potenza per potersi salvare, ma noi siamo da sempre salvi.

ID46417 - 04/07/2014 18:19:34 - (Dru) - Non c'è (= è nulla) un' etica che ci può salvare

Come non c'è nulla (= è nulla, il massimo della contraddizione) che possa farlo, ma non perché siamo da sempre perduti, che se lo fossimo non potremmo mai salvarci, ma perché siamo da sempre salvi, perché se lo siamo non possiamo perderci.

ID46436 - 04/07/2014 20:00:13 - (Dru) - Ma noi siamo salvi...

..in quanto nel Vero e siamo persi in quanto nel Falso. E dato che noi viviamo il Vero (è questo il noto), in quanto anche vivere il Falso è vivere come Vero il Falso, e così è in in quanto negato e così negato il Falso è Vero , che non può apparire che così, non è forse allora il caso di dire che questa è la Super Etica?

ID46437 - 04/07/2014 20:11:19 - (Dru) - Allora tutte le cose sono Dio

O meglio, tutte le cose, e quindi anche noi stessi, e quindi anche "io", sono "sommamente più" di quel Dio che invano cercheremmo di conquistare, di quel Dio creatore, di quel Dio Omicida per cui "rei ex nihilo sui et subiecti". Sommamente di più perché quel Dio omicida si fa uccidere, proprio nel grembo del significato che lo ha costituito, mentre ciò che siamo, il destino, non ha al di fuori di sé che il nulla che certamente non lo può minacciare.

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