Roberto Vecchioni

“Non è il posto che fa la persona, è la persona, al massimo, che fa il posto. Dovunque mi porti il vento, io, arrivo come ospite d'onore.” Orazio. Mi piace iniziare con questa frase, citata dallo stesso Vecchioni durante l'intervista a “Che tempo che fa”. Roberto Vecchioni decide di andare “all'inferno” – come lui stesso ha definito il Festival di Sanremo-, ma ci va da diavolo, e vince. Confeziona una canzone fatta su misura per quel pubblico, senza venire meno alla propria identità di cantautore, e convince tutti: pubblico e critica. Ogni guerra va combattuta con le armi appropriate. Ricordate quando andò al Festivalbar con “Voglio una donna”?, o quando al Premio Tenco duettò con Fabrizio De André in “Bocca di Rosa”? Canzoni diverse per luoghi differenti, ma canzoni dallo stesso Dna, intime e profonde, in pieno stile Vecchioni. Arrivare al grande pubblico con un brano di qualità non è uno “scendere di livello”, ma un grandissimo pregio. Il professore ci è riuscito, e ha da poco pubblicato l'Album dal titolo “Chiamami ancora amore”, contenente quattro inediti, due “cover” (ma meglio dire interpretazioni) e alcune rivisitazioni di suoi brani meno famosi. Roberto Vecchioni è molto di più e molto altro di Samarcanda e Luci a San Siro.

Ma veniamo al disco. Ad aprire è la Title Trak “Chiamami ancora amore” che conoscete bene. Fanno seguito due gioielli di musica e poesia: Mi porterò (2) “...quando i giorni passati s'annebbiano, ed il tempo si conta per attimi, caccio via con la mano dagli occhi la polvere; e mi prende quell'ansia dei marinai, quando il vento e la vela tradiscono, ma paura di perdermi non ne ho e dove andrò...” e La casa delle farfalle(3). Poi alcuni vecchi brani: Canzoni e cicogne, Dentro gli occhi (con Ornella Vanoni), Piccolo amore, Mi manchi, L'amore mio e Love song (con Federica Fornabaio). A chiudere il disco “Lontano lontano” di Luigi Tenco ed “Hotel Supramonte” di De Andrè. Un disco d'amore, che entra dentro piano piano, per poi esplodere ed inondare l'anima di poesia, quella leggera ed impercettibile, che sa far piangere ed emozionare un bambino come un adulto. Quelle parole che illuminano uno sputo di cielo, perché Vecchioni è un buon lanciatore di coltelli, sa dove e come tirare, e se anche sbaglia qualche lancio, quello successivo arriva dritto al bersaglio.
Sul palco del Tenco, così come su quello del Festival, il Professore resta in cattedra, senza la supponenza di chi sa già tutto, ma con l'esperienza di chi ha vissuto, scritto e suscitato emozioni, che vanno a comporre quel quadro di colori e note che è l'esperienza. Questo disco è il riassunto artistico ed umano del lato più intimo di Roberto Vecchioni, quello più vulnerabile e a volte più difficile da vere. Cinque note, e una lacrima di gioia per questo regalo che ha voluto concederci.

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