Una giornata in laboratorio

Suona la campanella. Entriamo nel laboratorio di elettronica, ci sediamo tra i vari banchi – quello che ci è più comodo – e ci prepariamo per la lezione. Una volta tutti pronti, il professore comincia a spiegare.

Inizialmente ci illustra, in modo pressoché riassuntivo, ciò che andremo ad affrontare nelle prossime ore e in seguito, prende il gesso e incomincia a scrivere alla lavagna.
Dopo un paio di minuti compaiono un circuito – rappresentato in schema elettrico – e i valori dei vari componenti che andremo ad utilizzare.

Io e i miei compagni prendiamo nota del tutto riportando quelle scritte sui rispettivi quaderni e ci avviamo verso i banchi di lavoro.
Appostati ciascuno sul proprio sgabello, ci assegniamo i compiti: chi deve prendere gli strumenti, chi i componenti, chi creerà il circuito sulla breadboard, chi dirigerà e verificherà che alla fine funzioni il tutto.

Fatto questo, procediamo con il lavoro...
Un filo qua, un filo là, una ricontrollatina allo schema sul proprio quaderno e voilà! Il circuito è fatto! Purtroppo è adesso che arriva la parte più difficile: testare, verificare che il circuito costruito funzioni come il professore ci aveva illustrato.

Servendoci degli strumenti di laboratorio, controlliamo l’opera realizzata e come succede quasi sempre, andiamo a scoprire che c’è qualche errore. E qui, imprecazioni di gruppo...
Con i miei compagni di gruppo-lavoro, ci guardiamo negli occhi, ci tiriamo su le maniche – qualcuno a volte si arrende e abbandona – e iniziamo la ricerca dell’ intoppo.

In questo momento avviene la parte “divertente”: rivedere passo passo la creazione del circuito.
Iniziamo a ricontrollare tutti i collegamenti fatti e speriamo – perché non ci rimane altro – di trovare l’errore fatto (Se dopo estenuanti ore di ricerca non troveremo nulla, ricorreremo all’ultima spiaggia: chiedere aiuto al professore).

Suona la campanella... E’ ora di cambiare classe.

Enrico Fatiga

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