01 Agosto 2009, 12.43
O
Indifferenza

Un morto fuori posto

Ci sono i luoghi per morire e altri dove è sconveniente farlo. Si muore sempre di una malattia. Dell'indifferenza nei confronti della morte scrive Vittorino Andreoli

Un morto in spiaggia, tra gente che si gode il sole e mostra di essere finalmente in vacanza, è semplicemente uno fuori posto.
Uno che non sa capire le situazioni, che non ha la sensibilità per stare nella società del tempo presente, stressata dalla crisi economica, dalla paura della perdita dello status sociale difficilmente raggiunto ed ora in pericolo.
 
E se si incontra un uomo così, morto, lo si cancella come se non ci fosse e lo si copre con un asciugamano e si continua a vivere e a fare vacanza. In queste ricorrenze, sempre meno frequenti, interessano semmai i corpi capaci di fare sognare un incontro galante.
Si guardano le barche a vela che passano nel golfo di Napoli e si immagina il piacere di sentire il vento che spinge le vele, la bellezza del potersi mostrare al timone.
 
Che cosa si pretende, che si chiami la polizia che vuole nome e cognome, o che si cerchi di dare una mano a chi pare non stia a galla?
Per carità magari ti incriminano per omicidio o nel migliore dei casi per soccorso inadeguato.
Meglio finire la barzelletta che si era incominciato o raccontare il viaggio che si è programmato tra due settimane.
 
Il morto non c’è. E poi la morte è banale.
Se ne vedono continuamente alla televisione, su Internet, nelle cronache dei giornali: non fanno notizia.
Ci sono i luoghi per morire e si muore sempre per una malattia. Niente di strano, quotidianità, banalità.
La morte è un evento a cui non pensare. Si dimentica la propria, figuriamoci se si può essere colpiti dalla morte di altri. Ad ognuno il suo, viene da dire.
È passato il tempo del destino, degli dei, del mistero. Viviamo la vita digitale e la morte la si conosce cliccando su Google. Non riguarda nemmeno più le religioni che devono farsi cantori della gioia non più del memento mori.
Finalmente la morte è morta e questo annuncio andrebbe subito dopo quello di Nietzsche sulla morte degli dei. Esiste l’uomo, l’uomo di superficie, della forza, della vita, non l’uomo della interiorità con i problemi del senso e del significato di essere nel mondo.
È tempo di empirismo e conta solo avere un corpo prestante e un po’ di denaro e per questo servono il sole e buone amicizie, quelle giuste. La morale, il senso del peccato, il sentimento di colpa, sono temi della archeologia dell’uomo e si deve andare molto indietro a quando la morte provocava il lutto ed era preceduta dalla agonia.
Quando non si doveva correre, ma si stava sotto un albero a perdere il tempo e pensare persino ai rimorsi, a come prodigarsi per le disgrazie del prossimo.
 
Il prossimo, un termine che nemmeno Google segnala più, dépassé.
Occorre essere pragmatici soprattutto quando la vita diventa faticosa e stressante.
Occorre dimenticare le tristezze, persino i debiti e vivere perché questo è il vero imperativo. Di disgrazie ci si occupa semmai facendo volontariato, ma lo si fa solo i giorni lavorativi e per due ore al giorno. Sufficit.
Per questo «lasciamo che i morti seppelliscano i propri morti» e lasciamo ai vivi la soddisfazione di godersi una giornata di sole sul lungomare Caracciolo nella Napoli in cui per fortuna non ci sono più immondezze.
Roba anche questa per l’inverno non per il tempo di vacanze.
 
Vittorino Andreoli dal Corriere.it


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