Lavorare per una buona accoglienza

La crisi ucraina con la previsione dell’arrivo in Italia di migliaia di persone in fuga dal conflitto e bisognose di cure rilancia la sfida della costruzione di un sistema di accoglienza in grado di offrire risposte nell’emergenza ma anche di proiettarsi oltre di essa.

Assumendo il caso bresciano come riferimento, nel corso degli ultimi anni è andata aumentando, pur rimanendo minoritaria sul totale, la quota dei posti complessivi di accoglienza gestito tramite i servizi il Sistema di Accoglienza e Integrazione (SAI) che è arrivato a coinvolgere una trentina di enti locali, mentre la più ampia distribuzione dei richiedenti asilo/rifugiati si è basata su interventi attuati tramite i Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS) gestiti da un eterogeneo insieme di attori locali.

Si tratta di una base importante da cui partire nell’ottica di un potenziamento della rete, sbocco reso indispensabile dai flussi provenienti dall’Ucraina e da quelli (mai cessati) che giungono dal canale di Sicilia. Il nuovo scenario glocale rende essenziale effettuare un passo in avanti nel miglioramento della qualità dei servizi e del livello di qualificazione della risposta ai bisogni dei beneficiari (singole persone, famiglie, gruppi) e nell’affinamento della capacità di questi di interagire col contesto locale.

La presa in carico del primo aspetto è resa necessaria dal fatto che le persone provenienti da aree di conflitto necessitano di attenzione sia per gli aspetti “materiali” dell’alloggio e del vitto sia per l’offerta di forme di sostegno psicologico e relazionale. Il disagio generato dai traumi, dai lutti e dalle violenze conosciute e/o subite nel paese d’origine richiede interventi professionali adeguati che comportano la messa in rete delle risorse.

Su questo punto entra in gioco l’aspetto organizzativo che comporterà l’accelerazione del processo d’integrazione degli interventi di accoglienza di profughi, richiedenti asilo e destinatari di protezione all’interno del welfare locale. Il crescente utilizzo di servizi sociali e socio-sanitari di diverso tipo da parte degli ospiti dei centri di accoglienza andrà di pari passo con la necessità strategica di far diventare le stesse struttura di accoglienza delle componenti a pieno titolo del sistema di welfare locale.

Del resto, il welfare territoriale si scopre oggi sempre più basato sull’azione dell’ente pubblico ma anche sul coinvolgimento degli attori locali del terzo settore e di progettualità che valorizzano le risorse e le azioni attivabili localmente.

Appare evidente che l’accoglienza comporta la sfida di costruire il welfare attraverso relazioni con diverse realtà, secondo logiche d’intervento che dovranno essere sempre più cooperative e reticolari. La crescente vulnerabilità delle persone ospitate nelle strutture di accoglienza pone l’esigenza di rispondere ai loro bisogni attraverso una rete di servizi locali capace di prendersi carico dei problemi in maniera efficace e diffusa.

La nuova rete potrà inoltre generare opportunità in merito alle esigenze di inserimento lavorativo e di socializzazione per i più giovani che non tarderanno ad emergere. In quest’ottica le stesse strutture di accoglienza potranno costituire un valore aggiunto per il territorio e per i comuni, in quanto nuovi nodi di una rete dei servizi rivolta all’intera comunità locale.

(tratto dal Giornale di Brescia)

Invia ad un amico Visualizza per la stampa

Tag

Vedi anche