23 Gennaio 2024, 09.57
Paitone
Giornata della Memoria

Torna l'antisemitismo. Ma è quello vero?

di Franco Tarsi

La proiezione del film su Eichmann in programma a Paitone offre diversi spunti per riflettere sull'antisemitismo di allora, ma anche su quello che riemerge oggi sulla scia della guerra tra Israele e Hamas


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Aveva ragione la senatrice Liliana Segre a mettere in guardia contro la presenza, neanche tanto sotterranea, di un antisemitismo permanente. Segnali e manifestazioni sono ricomparsi virulenti nell’autunno scorso e proseguono tuttora. D’altra parte credo che nessuno, tanto meno di religione ebraica, si sia mai illuso che il morbo fosse definitivamente sparito. Però questa volta non si è trattato di un rigurgito, diciamo fisiologico e diciamo pure stupido per l’assenza di qualsiasi ‘giustificazione’. Questa volta è successo qualcosa che ha riattizzato l’antisemitismo, un antisemitismo che si è infiltrato subdolamente nelle manifestazioni di piazza promosse per una ‘giustificabile’ protesta per la linea politica e militare adottata da uno Stato sovrano che, per accidente, si chiama Israele.

Quel qualcosa, lo sappiamo tutti, è l’attacco di Hamas (‘movimento islamico di resistenza’) con una pioggia di razzi nella parte meridionale del paese, con l’assalto ai kibbutz, con l’irruzione nel rave party e la cattura degli ostaggi. Un attacco che mirava apparentemente a sollevare la
reazione del mondo musulmano (e non solo), ma che si è rivelato sconsiderato, perché l’appoggio dei paesi arabi è arrivato, ma si è fermato prudentemente alle parole (che non costano nulla) ma non si è tradotto nello sperato allargamento del conflitto (che sarebbe costato caro, quello sì, ai fiancheggiatori).

La reazione di Israele con gli obiettivi annunciati (distruzione di Hamas) era prevedibile e comprensibile, prevedibile ma non accettabile l’estensione degli ‘effetti collaterali’, seguiti all’invasione di Gaza con mezzi blindati, ai raid aerei nella striscia e anche nel Libano (per il lancio di razzi di Hezbollah (Partito di Dio, organizzazione paramilitare islamista sciita e antisionismo libanese). Il tutto sintetizzato in numeri sconvolgenti.

A cento giorni dall’inizio del conflitto sono morti 164 militari israeliani (oltre alle 1.200 vittime, quasi tutte nell’attacco iniziale di Hamas del 7 ottobre); dalla parte palestinese i morti a Gaza avrebbero superato quota 24.000 secondo il Ministero della salute di Gaza (di cui, sostiene Hamas, 10.000 bambini e oltre 6.000 donne) e i feriti quota 55.000. Oltre 1,9 milioni di palestinesi sfollati o senza casa dopo la distruzione di 52.000 unità abitative.

Resta difficile credere che l’obiettivo vero sia “procedere (soltanto) fino alla distruzione di Hamas”, secondo le parole del premier israeliano Benyamin Netanyahu, visto che nel totale dei morti palestinesi una gran parte è rappresentata da civili, adulti e bambini: ed era inevitabile considerando la sproporzione qualitativa e quantitativa delle forze messe in campo dagli israeliani. L’obiettivo più verosimile appare svuotare Gaza di case e persone e farla finita con quel ‘corpo estraneo’ (enclave palestinese in territorio occupato da Israele fino al 2005) dichiaratamente ricettacolo e produttore di terroristi, cioè creatore di insicurezza permanente per Israele.

E’ a questo punto che si impone una riflessione, anzi più di una. La prima è che celebrando la Giornata della Memoria (27 gennaio, istituita dall’Onu l’1 novembre 2005 a commemorazione delle vittime della Shoah, con riferimento alla liberazione del campo di concentramento di Auschwitz
dalle truppe dell’Armata Rossa il 27 gennaio del 1945) ci si dovrebbe concentrare sulle sofferenze ebraiche e sulla mostruosità di una macchina di sterminio mai vista nella storia.

Così è stato finora, ma al momento del ventesimo ricordo ‘ufficiale’ della Shoah (compresa l‘istituzione) l’insorgere di pericolosi segnali di insofferenza antiebraica a corollario della guerra scatenata da Hamas e tuttora in corso senza sbocchi prevedibili, ha spostato l’attenzione (se non l’interesse) sul conflitto, le sue cause e le ragioni delle parti.

La seconda, come dicevamo nell’introduzione, è se si possa chiamare antisemitismo la protesta popolare internazionale: gli stessi Stati Uniti, principali sostenitori di Israele, hanno affermato, tramite il Segretario di stato, Blinken, che i civili a Gaza stanno pagando un prezzo troppo alto e che “l’escalation non è nell’interesse di nessuno”; dal canto suo l’organizzazione non governativa ‘Human right watch’ si è detta favorevole
all’iniziativa del Sudafrica, che davanti alla Corte internazionale di giustizia dell’Aia ha accusato Israele di genocidio.

Quello che è avvenuto il 7 ottobre giustifica un’azione militare così radicale nei confronti della popolazione palestinese di Gaza? D’altro canto gli israeliani - ha detto Blinken - hanno diritto alla sicurezza ed è legittimo che si assicurino che il “7 ottobre non possa più verificarsi”. Giustissimo: Israele, minacciato di cancellazione dalle carte geografiche dall’Iran, deve sicuramente difendere il proprio diritto di sopravvivenza, ma - e questa è la terza domanda - è veramente convincente che sia da Hamas e dai palestinesi di Gaza che arrivi questo rischio e non, piuttosto, dal peggioramento dell’atmosfera internazionale e dalla possibilità (anzi dalla probabilità) che si riaffacci prepotente l’antisemitismo, quello vero e profondo, non legato ad un fatto contingente come una guerra?

Ad un mese dall’esplosione di violenza di matrice Hamas, la senatrice a vita Liliana Segre, il 7 novembre scorso, in collegamento con la Commissione straordinaria Intolleranza, razzismo, antisemitismo, di cui è presidente, ha sollecitato “un‘ azione decisa delle istituzioni e un impegno
convergente di tutte le forze politiche” contro “le manifestazioni di antisemitismo in Italia e in Europa”. A questo punto, però, ci si può chiedere - quarta domanda - ‘ma Israele, da parte sua, che cosa intende fare in proposito?’ La linea militare seguita finora di una guerra che si concluda
‘soltanto’ con la “distruzione totale di Hamas” non sta certo riscuotendo l’approvazione internazionale, visto che coi miliziani vengono uccisi civili a decine di migliaia.

Forse è il caso che si cerchi (naturalmente se lo si vuole cercare) un altro modo. Nell’interesse di tutti. A cominciare da Israele.

Per celebrare la Giornata della memoria, il 27 gennaio 2024, nella Sala polivalente della cultura, il Comune di Paitone proietterà, alle 20.45, il film ‘Eichmann’, dedicato alla ‘confessione’ di Adolf Eichmann, principale organizzatore della ‘Soluzione finale della questione ebraica’ (6 milioni di
morti). Nella parte del solerte ma anche intraprendente esecutore delle direttive naziste, l’attore tedesco Thomas Kretschmann. Da non perdere.



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