09 Agosto 2007, 00.00
Mura
Libri

L’antica Pieve di Savallo

di Sergio Re

In un primo momento il titolo fascinoso mi aveva fatto sognare un libro che sviscerasse la storia dell’antica pieve e mi colse un moto di delusione quando, prima di affrontarne la lettura, scoprii che l’antico promesso non era poi tale...

La storia del savallese attraverso le mura, le opere d’arte e i documenti della sua pieve

In un primo momento il titolo fascinoso mi aveva fatto sognare un libro che sviscerasse la storia dell’antica pieve, un’opera insomma sulla chiesa che non c’è più e una ricerca che facesse emergere le più antiche pieghe della sua comunità. Mi colse quindi un moto di delusione quando - sfogliandone velocemente le pagine prima di affrontare la lettura - scoprii che l’antico promesso dal titolo non era poi così antico, mentre l’impostazione e la ricchezza dell’apparato iconografico sembravano preannunciare niente più che una guida della chiesa settecentesca di Mura riservata forse ad un frettoloso turista che, passando da queste parti, avvertisse il desiderio di infilare il na-so tra le pareti di questa chiesa imponente.

Ma la prima impressione come si sa è sempre erronea e la fretta una cattiva consigliera. La lettura, di pagina in pagina sempre più coinvolgente, ha riservato molte sorprese e ha rivelato la ricchezza di una profonda ricerca che dalle opere riesce lentamente a far emergere i punti fondanti della storia della comunità.
L’analisi dei documenti d’archivio e il lavoro paziente di ricostruzione ha infatti riportato alla luce i sacrifici della cittadinanza, l’ambizione delle Scuole protese ad arricchire gli arredi degli altari e a diffondere le proprie devozioni, le aspirazioni delle più influenti famiglie locali, che spesso non si sentivano appagate dal semplice intervento degli artigiani valsabbini e orientavano le proprie scelte verso prestazioni più rinomate e infine l’opera paziente della lunga serie di arcipreti che da sempre hanno curato le mura della chiesa, gli arredi e soprattutto il solido edificio comunitario, i cui mattoni sono gli uomini e le donne che rendono illustre una chiesa con la loro fede e con le loro opere.

Né – questo va proprio detto – l’autore indulge a faziosità di campanile, anzi spesso – nello sforzo di mantenersi obiettivo – sembra persino troppo severo nel giudizio verso piccole ingenuità o cadute di tono dei meno scaltrititi artisti locali. Per comprendere a fondo questo spirito così severo, bisognerebbe forse prima di affrontare la lettura del libro, scorrere le due paginette di ringraziamenti che lo concludono, nelle quali è trasfuso tutto il senso di responsabilità che ha animato la ricerca e che ci dànno una chiara misura dello stile paziente, quasi certosino, soffuso nell’architettura letteraria di tutto il libro.

Le ricchezze della Pieve sono squadernate ai nostri occhi con l’ausilio di un apparato iconografi-co eccezionale (in questo senso magari sarebbe stata di grande aiuto anche una cartina del savallese e forse una pianta della chiesa con la sacrestia (è legittimo sperare in una seconda edizione?), ma si tratta di peccati veniali soprattutto pensando che lo strumento non sembra ambire ad una diffusione che scavalchi l’ambito di chi già conosce l’edificio e la topografia locale.

Da queste pagine allora emergono reliquiari, altari, pale, paliotti, ancone, affreschi, tele, stucchi, intagli che s’intrecciano in un’orditura baroccheggiante con autori e committenti o con semplici ipotesi, dove i registri parrocchiali non soddisfino le esigenze dell’indagine. Un lavoro minuzioso come si è detto che non si ferma alla elencazione, ma penetra a fondo alla ricerca delle origini delle devozioni locali, delle vicende storiche che fanno da sfondo alla realizzazione dei manufatti, del-le decorazioni e delle ambizioni dei committenti.
Per i più esigenti poi il volume si conclude con una ricca appendice documentaria che raccoglie attestati, strumenti e scritture che nei secoli si sono accumulati negli archivi della pieve. Ne esce una visione stereoscopica della storia locale, non solo legata al funzionamento ecclesiastico, ma aperta sulla popolazione.

Dalle visite pastorali emergono usi e costumi, preoccupazioni, difficoltà, financo le liti tra diversi parrocchiani e l’esistenza di ben due Monti di Pietà, strumenti fondamentali nella storia economica delle nostre comunità che la municipalità e a volte – come in questo caso – illuminati cittadini attivavano a sollievo delle difficoltà dei meno fortunati per il superamento di momenti congiunturali. Per la verità i due monti avevano caratteristiche diverse, uno era un vero e proprio strumento per il prestito a pegno, l’altro era un Monte dei Grani, finalizzato soprattutto a prestare la semente fino al tempo del raccolto a quanti momentaneamente incontrassero – in caso di carestie o a fronte di altri imbarazzi – difficoltà a procurarsene.

Dalla precisione dei pievani nel corso dei secoli possiamo poi apprendere non solo il nome dei vari cappellani della pieve, ma anche quello degli insegnanti scolastici, delle levatrici (sempre «sufficientemente istrutte nella forma del Battesimo in caso di necessità»), gli orari delle funzioni sacre e della dottrina, alla quale però nel 1853 l’arciprete Bacchetti confessa che i «Parrocchiani vengono con quella premura, che si andrebbe al patibolo, e troppo si trattengono al di fuori della Chiesa».

Insomma, una umanità ben raccolta attorno alla chiesa, solerte nel rigovernarne le necessità, ma come sempre e come dappertutto un po’ rilassata quando non è pressata da im-pellenti necessità.
Né l’appendice documentaria si conclude attorno al piccolo campanile di Mura, ma investe la storia dell’intero savallese, dalla emancipazione delle sue parrocchie agli sforzi che la gente nel tempo ha messo in atto per costruire la propria indipendenza. Un libro insomma che non si ferma ai confini di Mura e che per molti – in questo tratto di terra dalle origini antiche – può divenire prezioso strumento di informazione.



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