12 Marzo 2012, 08.51
Provaglio VS Valsabbia
Cesane

Ricordiamoli!

di red.

Ma chi erano i dieci partigiani che prima decisero di partecipare alla resistenza e poi vennero barbaramente uccisi dai fascisti a Provaglio i 5 marzo del 1945?


Amilcare Baronchelli era nato a Carpenedolo, dove risiedeva, il 21 febbraio del 1922. Aveva quindi da poco compiuto i 23 anni ed era un impiegato.
Arnoldo Bellini era nato a San Felice del Benaco l’8 ottobre del 1921 e risiedeva a Roè Volciano, faceva l’operaio.
Luigi e Angelo Bruno Cocca erano nati a Villanuova, il primo era il più “vecchio” ed era nato il 7 agosto del 1923,  l’altro il 21 settembre del 1924, abitavano a Prandaglio e facevano gli operai.
Teodoro Copponi era nato a Gavardo il 7 marzo del 1926, non aveva ancora 19 anni ed era un calzolaio.
Non ancora 19 enne nemmeno Alfredo Poli, operaio vobarnese nato il 31 maggio del 1926.
Pierre Lanoy era belga, nato a Bruxelles il 27 gennaio del 1919.
Gaetano Resa era il 21 aprile del 1924 a Catalgirone e risiedeva a Catania.
Ferruccio Vignoni era nato a Brescia l’8 settembre del 1923 e risiedeva a Montichiari.
Domenico Signori era nato negli Usa, ad Altona il 5 gennaio del 1921 e faceva l’operaio a Roè Volciano.
 
Verso le 5 del mattino di domenica 4 marzo 1945 militari fascisti del 40° Battaglione Mobile della Guardia Nazionale Repubblicana individuano un gruppo di partigiani della Settima Brigata Matteotti a Provaglio Valsabbia, nella frazione Arveaco, ai piedi del Monte Besume.
Al ferimento immediato del partigiano che per primo scorge i militi fascisti segue uno scontro a fuoco al termine del quale i partigiani, amale armati, circondati e in inferiorità numerica si arrendono, lasciando suil campo un morto. Fortunatamente alcuni di loro riescono ad allontanarsi dagli altri, mettendosi in salvo.
 
Ai nove partigiani catturati viene promessa salva la vita, ma poi vengono legati, malmenati e vilipesi.
Portati prima a Barghe e poi a Casto, subiscono un processo burla che si conclude con la condanna a morte.
Dopo una notte trascorsa in cella a Idro vengono riportati a Barghe, la mattina del 5 marzo 1945. Dopo altre torture e sevizie vengono spinti a piedi nudi per la sassosa strada che li riporterà, per l’ultima volta, a Provaglio.
E’ infatti intenzione dei militi fascisti fucilare i 9 partigiani sul luogo dove è avvenuta la loro cattura, per giustificare, come da ordini ricevuti, la loro morte come avvenuta in combattimento.
 
Giunti a Cesane, sfiniti per le percosse ed i maltrattamenti, i partigiani si rifiutano di proseguire e si gettano a terra.
Senza più pazienza i fascisti li radunano lì, dove oggi c’è il cippo commemorativo e dove c’era una grossa pianta di salice, contro la quale i giovani vengono massacrati. Ad ognuno di loro viene sparato colpo di grazia.
Quel grosso salice, crivellato di colpi, venne in seguito sradicato e ancora oggi è conservato nel Museo della Resistenza di Forno d’Ono.
Dopo di che alcune donne riescono, a loro rischio, a pulire sommariamente quei corpi, i partigiani massacrati vengono gettati in una fossa comune nel cimitero di Cedessano, negando loro anche la pietà di un gesto cristiano come la benedizione che sempre viene conferita ai defunti.
 
Solo a guerra finita, i corpi dei 10 eroi di Provaglio vengono riesumati, e con una solenne cerimonia vengono loro tributati gli onori che meritavano.
 
 


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