Perchè diciamo «pota»?

Siamo conosciuti nell'Italia settentrionale (e non solo) per il nostro più famoso intercalare, il “pota”: e quanto ci infastidisce il fatto che lo paragonino al bergamasco.
È un errore che non si fa; il nostro di “pota” è diverso per pronuncia, cadenza e significato e guai a confonderli!

Tipico dei dialetti bergamasco e bresciano è il “pota”, o forse dovremmo dire la pota?
Pare infatti che derivi da un'espressione idiomatica antica, derivante dal ceppo delle lingue gallo italiche e diffusosi nella Lombardia orientale.
Si dice che la traduzione letterale si riferisca all'espressione volgare dell'organo genitale femminile e questo spiegherebbe, in parte, il collegamento con la variante fonetica “pöta”, che significa zitella, donna nubile.

Tra i significati della ricerca linguistica troviamo tre varianti del “pota”, tutte molto valide in effetti, per noi che sappiamo cosa vuol dire: nel primo caso, esprime senso di rassegnazione davanti all'inevitabile. In altre parole, implica l'impossibilità di intervenire su una situazione presente o passata.
Secondariamente, “pota” ha significato rafforzativo e sia solo, che all'inizio di una frase, sta ad enfatizzare l'ovvietà di ciò che segue, come a dire “è logico” o “per forza”.
Infine, viene usato come intercalare per prendere tempo, per indicare una pausa o l'atto del pensare prima di parlare, esattamente come diciamo “allora” o “insomma”.

Tante parole complesse per spiegare un significato così immediato, onomatopeico, corrente e vivo: si fa fatica a descriverne l'uso, è molto più immediato conoscere tutte le sfumature che racchiude questa parola bisillabica, tanto semplice, eppure così carica di accezioni e contenuti, ermeticamente intrecciati nel tessuto espressivo del nostro territorio.