24 Aprile 2012, 14.32
Salò Valsabbia Garda Valtenesi
Lettere

Una questione di principio

In merito al programmato destino del Liceo Classico di Salň pubblichiamoc una lettera di Romeo Seccamani.

 
Mi sento solidale con i genitori che stanno battagliando per i loro figli che hanno scelto di frequentare il liceo classico di Salò, ma si sono visti negare tale possibilità perché, secondo i parametri stabiliti dalle autorità scolastiche, manca il numero di iscrizioni sufficienti per formare una prima classe.
Anche se non sono al corrente di come tale istituto scolastico funzioni e di come siano insegnate le materie umanistiche, mi sento un convinto assertore, almeno in linea di principio, che il liceo classico di Salò sia mantenuto e fatto funzionare al meglio.
 
Trovo che non sia certamente sintomo di progresso limitare alle popolazioni dislocate in aree disagiate del territorio l’opportunità di accedere alla formazione classica, in ossequio alla logica di un pragmatismo tecnocratico dei numeri, poiché ostacolare l’accesso all’insegnamento umanistico favorisce il declino generale in atto in tale indirizzo, poi perché questo ostacolo asseconda il concentramento demografico in aree metropolitane e lo spostamento dalle zone montane.
 
Sarebbe invece compito di una società moderna mantenere il più possibile un’equilibrata distribuzione demografica sul territorio e investire risorse adeguate e impegnarsi a formare individui più dotati di virtù umane, per scommettere su un futuro più solido e meno incerto e confuso.
 
Se questo è l’orizzonte che ci prefiggiamo, dobbiamo convincerci che se non si rafforzano nell’animo dell’uomo la cognizione della propria singolare storia, nel sentirsi parte di una precisa, declinata entità spaziale di un territorio e la cognizione di ciò che hanno significato e possono ancora significare, nel suo animo, l’arte e la religiosità, si esaurisce l’alimento dell’immaginazione quale generatore della necessaria creatività e intraprendenza per guardare a un orizzonte in cui la tecnologia dovrebbe rimanere il frutto e non l’albero del progresso.
 
Romeo Seccamani


Commenti:
ID19127 - 24/04/2012 21:10:26 - (Giacomino) - Concordo convintamente

con gli argomenti di Romeo Seccamani. Non di sola tecnologia vivrà il futuro.

ID19169 - 26/04/2012 15:20:30 - (davidebond) - matematica e poesia

Mi sento perfettamente in linea con il pensiero espresso dal sig. Seccamani. Aggiungo solo che ancora nell'ottocento i matematici (i grandi, almeno) avevano una solida e grande base umanistica. L'inglese deMorgan citava in greco antico, d'Alembert non fu solo un analista geniale, ma contribuì non poco alla filosofia illuminista. Ma penso anche agli interessi filosofici di Goedel. Separare la matematica così crudemente come si fa oggi è un errore. La matematica è anche arte e poesia. Gli algebristi della logica non mancarono mai di farlo notare. Di fatto, quello che passa per "matematica" a livello popolare è una concezione ingenua e scorretta. La matematica è piena di problemi filosofici a partire dalla sua fondazione e identità. Non a caso, il primo filosofo della storia era matematico. Ma potrei anche citare la scuola pitagorica, l'accedemia platonica. Descartes era filosofo e matematico, così Leibniz, Newton

ID19170 - 26/04/2012 15:26:00 - (davidebond) - continua

e molti altri. Rimando per questo alla prima parte di un mio recente articolo "Structural Features in Ernst Schroeder's Work" pubblicato per l'LLP dell'università Copernico di Torun (Polonia). Purtroppo, anche nei licei scientifici,la matematica viene insegnata come se fosse uno strumento pragmatico. In realtà, la matematica è educativa perché aiuta a pensare. In questo, si prefigge, a livello didattico, lo stesso scopo del greco, del latino o della filosofia. Trovo triste separare queste discipline con il risultato di creare non scienziati, ma tecnocrati al servizio di una società che vuole solo prestazioni e si disinteressa di tutto ciò che le può ostacolare. La nostra società ha bisogno di sognare, di fantasticare ad occhi aperti, di pensare, non solo di "fare". Questo è uno dei risultati dei fascismi italiani e tedeschi che misero a lato ogni forma di ideologia per puntare all'azione nuda e cruda (ma anche

ID19171 - 26/04/2012 15:33:44 - (davidebond) - fine

cieca). Riguardo alla poesia nella scienza, non posso che non citare Tarski che nel 1941 scriveva: "il calcolo dei relativi ha un fascino ed una bellezza intrinseci che lo rendono una fonte di piacere [delight] intellettuale per tutti coloro che lo conoscono". Oppure, Loewenheim: "Io sono della convizione che nella scienza come nella tecnica il mezzo più adatto allo scopo sia anche il più bello". Questa divisione tra azione e pensiero è un portato della riforma gentiliana della scuola di cui ancora oggi subiamo le conseguenze.

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