20 Novembre 2007, 00.00
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Comunità Montane

Previste profonde modifiche per questi enti

La Finanziaria appena approvata dal Senato rivolta come un calzino l’attuale sistema istituzionale delle comunità montane, producendo una drastica riduzione del numero degli enti che possono farne parte.

L’ex sindaco Lucio Facchinetti aveva proclamato la secessione dalla Comunità montana. Il suo successore Silvano Corli s’era fatto un punto d’onore di farla rientrare, e ha mantenuto la promessa. Ma ora per il Comune di Lumezzane si profila l’allontamento definitivo, deciso questa volta dal Parlamento, previsto nella Finanziaria appena approvata dal Senato (ora alla Camera, e quindi oggetto certo di modifiche).

L’articolo 13 infatti rivolta come un calzino l’attuale sistema istituzionale delle comunità montane, producendo una drastica riduzione del numero degli enti che possono farne parte. Un primo effetto riguarda proprio Lumezzane poichè l’articolo in questione esclude dalle future comunità i centri con più di 15mila abitanti.

IL PROVVEDIMENTO introduce poi una serie di criteri altimetrici destinati a sforbiciare la composizione. «Tra tutte le modifiche è la più sbagliata - protesta Fabio Ferraglio, presidente della Comunità montana di Val Trompia - che per noi significa il rischio di perdere diversi Comuni, Concesio, Bovezzo, Nave, Villa Carcina, Brione, Caino e forse anche Sarezzo e Polaveno. Non ci sono dubbi che si tratta di un provvedimento dagli effetti pesanti». «In questo modo - insiste Ferraglio - si mette a rischio la gestione associata dei servizi che le comunità stanno già esercitando e nello stesso tempo si corre il rischio di assistere ad una proliferazione di enti per l’erogazione degli stessi servizi, perchè chi resterà fuori dovrà comunque in qualche modo garantirne l’erogazione». Resterà così la legge? «Spero di no, anche alla luce dell’ordine del giorno approvato in Senato che chiede alla Camera lo stralcio della materia». Ma il tono di voce è tutt’altro che convinto, anche perchè sul destino delle Comunità montane il legislatore aveva già proposto nella precedente Finanziaria una riorganizzazione degli enti montani e più in generale delle istituzioni locali, salvo poi battere in ritirata di fronte alla mobilitazione di Comuni e Province.

IN SINTONIA con Ferraglio è il presidente della confinante Valle Sabbia, Ermano Pasini, che rischia di perdere per strada due amministrazioni di peso come Gavardo e Villanuova: «È inconcepibile e assurdo questo criterio dell’altitudine che mette in crisi l’unica vera forma di solidarietà tra la gente di montagna. Lo Stato è contradditorio quando da una parte vuole favorire le unioni dei Comuni e poi taglia le Comunità montane. Noi siamo appena diventati un punto di riferimento per la gestione della partita catastale e lo Stato che fa, ci penalizza?». «Ridurre il numero degli enti dove si sono sviluppate le gestioni associate dei servizi - incalza il presidente della Comunità della Valtrompia - è un errore storico. Non disperiamo che questo provvedimento possa essere stralciato». La Finanziaria riduce inoltre il numero dei consiglieri delle Comunità montane, uno solo per ciascun Comune, a prescindere dalle grandezze. «Avevamo convenuto - spiega Ferraglio - su una riduzione di questo genere, ma non possiamo accettare il taglio dei Comuni, è questo il vero aspetto negativo».

MA ANCHE SUL NUMERO dei rappresentanti, Pasini nutre delle perplessità: «Ci dovrebbero spiegare come saranno tutelate le minoranze visto che ogni Comune potrà eleggere un solo rappresentante, tanto valeva a questo punto prevedere che nella Comunità montana sieda il sindaco o un suo delegato. Vogliamo fare una riforma degli enti locali? Bene, ma non nella Finanziaria, riuniamoci intorno ad un tavolo per affrontare l’intera partita di riforma della legislazione degli enti locali». Il coro delle critiche non registra stonature. Angelo Zanotti, presidente della Comunità montana del Sebino bresciano definisce il provvedimento «una follia che getta al vento esperienze e soldi; alla fine si colpisce l’anello debole della catena».

Nella sua comunità rischiano il «posto» Monticelli e Ome, da nove a sette Comuni, il minimo indispensabile secondo i criteri contenuti nella Finanziaria. Alessandro Bonomelli, a capo della Comunità montana della Valcamonica, potrebbe anche dichiararsi soddisfatto visto che il suo ente è l’unico ad avere tutte le carte in regole per sfuggire alla mannaia. Ma Bonomelli condivide dubbi e perplessità dei colleghi: «La montagna non può essere definita un problema, ma è un’opportunità. Un provvedimento simile slegato da una legge quadro rischia di produrre più danni che benefici». Bruno Faustini guida la Comunità montana Parco Alto Garda (nove Comuni, a rischio Salò e Gardone).

AMMETTE CHE non lo appassiona il dibattito sui nuovi confini, ma non esita a definire «un disastro» la norma. «La buona tradizione amministrativa delle nostre comunità non comprende una decisione del genere che rischia di generare la creazione di altri enti. Nel nostro caso, Comunità montana e Parco Alto Garda coincidono. Se muta la composizione della Comunità montana che cosa facciamo per il Parco, un altro organismo? Se si intende realizzare un risparmio non è questo il modo migliore. Consideriamo anche un altro aspetto: il legislatore quando decise la costituzione delle Comunità montane scelse di mettere insieme Comuni deboli e Comuni non proprio di montagna per condividere maggiori risorse. Se noi ora facciamo un’unione delle sole debolezze non creiamo nulla di buono». Il dibattito ora si sposta alla Camera, le Comunità confidano in un ripensamento, senza troppa convinzione: «Siamo l’anello debole, i più facili da colpire» è la giaculatoria degli amministratori.

di William Geroldi
da Bresciaoggi


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