04 Novembre 2023, 08.00
Gavardo
Teatro

In ricordo di don Pierluigi Murgioni

di Cesare Fumana

Domenica sera al teatro Salone Pio XI la narrazione scenica curata da John Comini per il Teatro Gavardo sulla vita del missionario gavardese prigioniero per cinque anni del regime dittatoriale in Uruguay


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Quest’anno ricorre il trentesimo anniversario della morte di don Pierluigi Murgioni, sacerdote gavardese, missionario fidei donum in Uruguay, vittima di un regime dittatoriale per aver annunciato il Vangelo ed essersi speso per la gente del Paese sudamericano.

Questa domenica 5 novembre alle ore 20.30 nel teatro Salone Pio XI, il Teatro Gavardo lo ricorderà: grazie alla Parrocchia e a don Italo Gorni, gli attori Andrea Giustacchini e Paola Rizzi interpreteranno il testo di John Comini tratto dallo splendido libro di Anselmo Palini “Dalla mia cella posso vedere il mare” e da lettere e documenti di Pino Murgioni, fratello di don Pierluigi. La proiezione di fotografie accompagnerà la vita del sacerdote che in Uruguay nel 1972 fu incarcerato e sottoposto a terribili torture dai militari della dittatura, per aver proposto il messaggio evangelico di pace e di giustizia.

Ordinato sacerdote nel 1966 da Paolo VI, dopo un anno di servizio pastorale a Villaputzu, in Sardegna, la terra d’origine della sua famiglia, si recò per un anno in Spagna, a Madrid, sia per imparare la lingua, sia per frequentare dei corsi di preparazione in vista della missione in Uruguay, Paese cui era stato destinato.
Agli inizi di settembre del 1968 arriva in Uruguay, proprio mentre i vescovi latinoamericani nella loro Conferenza di Medellin facevano la scelta dei poveri.

Il 10 settembre 1968 don Murgioni giunge in Uruguay e inizia a svolgere il proprio servizio nella diocesi di Melo. Murgioni chiede di poter risiedere in un quartiere povero, il barrio santa Cruz, in una piccola casa presa in affitto; poi l’anno successivo accetta la proposta del vescovo di Melo, mons. Caceres, di trasferirsi a Treinta y Tres, la seconda città della diocesi, sprovvista di servizio pastorale.

Nel dicembre 1971 don Pierluigi torna in Italia per un periodo di vacanza, vi resterà fino al mese di marzo. La situazione in Uruguay peggiora sensibilmente, l’abitazione di don Pierluigi viene perquisita dai militari, diversi suoi collaboratori pastorali vengono fermati o arrestati. Quando è sulla via del ritorno, i suoi compagni in Uruguay gli fanno sapere di non scendere con la nave a Montevideo, ma di proseguire per l’Argentina, consiglio che il sacerdote bresciano non segue: non ritiene corretto mettersi in salvo quando diversi suoi collaboratori sono finiti in carcere.

Così l’8 maggio 1972 anche don Pierluigi viene arrestato a Treinta y Tres, con l’accusa di far parte del movimento rivoluzionario dei Tupamaros.
Arrestato e sottoposto a inaudite torture, viene rinchiuso in carcere per oltre cinque anni per la sola colpa di avere proposto con la parola e con l’esempio il messaggio evangelico di pace e di giustizia.

Per un certo periodo nel carcere di Punta Carretas è detenuto nello spesso piano in cui vi era l’attuale Presidente dell’Uruguay, José Mujica. Viene poi trasferito nel carcere di massima sicurezza di Libertad, un penitenziario costruito sopra alte colonne in modo da rendere impossibile qualsiasi tentativo di fuga.
Nei lunghi anni trascorsi in carcere don Pierluigi è un punto di riferimento per gli altri detenuti: tutti ammirano la sua coerenza, la sua forza nel resistere ai soprusi, la sua dignità.

Don Pierluigi - grazie al diretto interessamento di Paolo VI, del Governo Italiano e della Chiesa bresciana - viene rilasciato il 9 ottobre 1977 ed espulso dall’Uruguay. Nonostante i terribili anni trascorsi in prigionia, don Murgioni tornò in Italia ancora più convinto del fatto che quella del Vangelo e della nonviolenza fosse l’unica strada da percorrere.

Rientrato in diocesi di Brescia, don Murgioni fu curato a San Faustino, in città, poi a Ghedi, e infine parroco di Gaino e Cecina, due piccoli paesi vicini a Toscolano Maderno.

Mentre è parroco sul Garda, gli viene chiesto di curare la traduzione in italiano del Diario degli ultimi tre anni di vita di Oscar Romero (Diario che uscirà per l’editrice Meridiana di Bari, con la prefazione di mons. Luigi Bettazzi e la postfazione di padre David Maria Turoldo).
Nel 1992 vi sono le prime avvisaglie di problemi di salute e la situazione poi precipita velocemente. Tutto ciò è probabilmente la conseguenza di una lenta degenerazione degli organi più martoriati dalle torture subite nelle carceri uruguayane di Punta Carretas e di Libertad. Muore a soli cinquantun anni il 2 novembre 1993 a Gaino, dove è sepolto.

Alla serata di domenica 5 novembre parteciperà don Saverio Mori (compagno di missione di don Murgioni e anche lui imprigionato e torturato) oltre a don Cesare Polvara e a don Flavio Saleri che sono stati missionari fidei donum in Uruguay.



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