Giorni tristi: ci ha lasciati anche Giuseppe Lavo, per tutti gli amici Beppe. A lui vorrei dedicare queste povere, semplici parole
Ciao Beppe. Martedì mattina sono passato da casa tua, ho suonato il campanello un paio di volte ma non rispondeva nessuno. Avevo voglia di vederti ancora una volta, di ascoltare le tue riflessioni, i tuoi pensieri. Mentre me ne tornavo verso casa, ho guardato il cielo: era di un azzurro meraviglioso. Chissà perché, ho avuto un presentimento, ed ho pregato per te. Poi a pranzo mi ha mandato una mail l’amico Sandro Cavagnini: “L’amico Vittorio mi ha chiesto di avvisarti che stamattina è morto il suo parente Giuseppe Lavo. Ciao.” Noooo! Avevo appena dato l’addio agli amici Gabriele Bonvicini e Gianfranco Barbieri! Più tardi la dolce Daniela, moglie dell’amico e tuo fratello Giovanni Lavo, mi ha detto che eri stato portato alle palliative ed hai salutato Amabilia con un cenno della mano…
Ricordi, Beppe? Un anno fa, quando mi confidasti che avevi un tumore, ti ho abbracciato ed a fatica ho trattenuto le lacrime davanti a te. Ti dissi: “Non fare scherzi, capito? Ti voglio bene!” E tu: “Anch’io”. E adesso sto piangendo, anche se so che hai vissuto una vita piena, che il 5 febbraio hai festeggiato i tuoi 90 anni con la tua meravigliosa famiglia, che adesso sei da qualche parte dell’azzurro cielo.
Caro Beppe, ho avuto la fortuna di incontrarti qualche anno fa sulla Via Romana, la strada che collega Gavardo e Villanuova: accanto scorreva il nostro fiume Chiese. Tu mi hai coperto di complimenti per i miei articoli e gli spettacoli che scrivo. Mi raccontavi di te, delle tue mille esperienze, ma sempre con modestia, senza vanagloria. Così ho scoperto la tua profonda cultura, la tua squisita sensibilità, la tua sincerità.
Durante gli incontri casuali (a volte il caso ci regala momenti indimenticabili) mi raccontavi di essere stato fra i pionieri del Gruppo Grotte Gavardo, di amare la natura e ti arrabbiavi per le ingiustizie del mondo. Parlare con te era un immenso piacere: mi raccontavi dei tuoi nipoti (come Pietro MacDonald, bravo nello storytelling), di don Milani, delle lotte operaie, del mitico fotografo Cesare Goffi.
Amavi leggere e rileggere “I promessi sposi”, le poesie di Edgar Lee Masters e Cesare Pavese, ma anche gli autori cinesi e indiani. Tua nipote Amabilia Ventura (Mabi) mi raccontava che da ragazza eri stato tu a farle apprezzare Dostoevskij e l’incanto della natura.
Ti arrabbiavi per l’arroganza dei potenti che vogliono distruggere il nostro Chiese. “Il fiume è sacro!” esclamavi a gran voce. Quella voce, chiara, potente, sicura, che mi manca già da ora.
E poi ho potuto conoscere la tua meravigliosa moglie Romana Bislenghi e la tua casa, piena di libri: li tenevi anche in bagno, il posto prediletto dei pensatori!
Eri venuto a vedere lo spettacolo “Lettera a don Milani” del Teatro Gavardo: tu avevi letto molti libri del mitico Priore di Barbiana, e per me è stato un onore vederti seduto al Salone.
Ultimamente ti avevo incontrato al funerale di Silvia Lavo, mamma di Mabi (coscritta di mia sorella Valentina) e di Claudio, sorella maggiore di Maristella, Riccardo, tua, di Albino e del grande Beniamino (che tutti chiamiamo Giovanni o Gioàn).
Qualche mattina sono venuto a trovarti, sapevo che non stavi bene: ero emozionato, ma tu come sempre mi hai messo a mio agio, da vero amico. La tua dolcissima e premurosa moglie Romana in cucina ti preparava gustose pietanze, che tu però non avevi voglia di mangiare. Io sorridendo mi sforzavo di darti ragione, citando mia mamma che diceva “La miglior pietanza è l’appetito”.
Ma tu, caro Beppe, non avevi voglia di niente, forse avevi capito in cuor tuo che l’ora più buia si stava approssimando, forse avevi sentito che era giunto il momento dell’addio. Però quando è venuto a trovarti un tuo riccioluto nipote, esperto di suoni e richiesto anche per concerti di cantanti famosi, ti si sono illuminati gli occhi.
Di solito te ne stavi seduto sulla poltrona, tra i tuoi mille libri, le fotografie della tua meravigliosa vita, la luce che penetrava dalla finestra illuminava i quadri di Nino Giustacchini e di Silvio Venturelli. Ricordi? L’ultima volta che ci siamo visti abbiamo parlato di Dio. Mi dicesti: “Ci penso ogni giorno”.
Perché la tua fede nell’umanità, nella natura, era di una profondità assoluta. E avresti potuto dialogare con i più saggi mistici, con i teologi più raffinati, perché la tua era una spiritualità intensa, frutto di una ricerca costante. Uno come te, che ha letto e riletto molte volte “I promessi sposi” di Manzoni, che ha letto Cechov, don Milani, Tolstoj e chissà quanti altri autori alla ricerca di un senso della vita, non avrebbe potuto essere superficiale, adeguarsi al comune sentire. No, tu sei sempre stato per me un maestro di vita, un uomo che ricerca sempre il perché delle cose.
E quando mi raccontavi di aver letto Rigoni Stern, Calvino, Beppe Fenoglio, sentivo in te una singolare adesione a chi è vittima, a chi è povero, privato dei diritti, migrante, a ogni uomo con tutti i suoi errori e tutte le sue speranze di riscatto.
Tu e tua moglie avete condiviso mille camminate, mille situazioni della vita, sempre insieme, anni e anni di amore. A me avete trasmesso una lezione di vita.
Tua moglie, l’ultima volta che ci siamo visti, mi ha detto sulla porta: “Forse è l’ultima volta che vi vedete.” Ho fatto le scale con l’angoscia nel cuore. Ma speravo di rivederti oggi. E invece… Caro Beppe, ora che conosci il senso della vita, vorrei dirti quanto ti ho voluto bene, e ringraziarti per la saggezza che mi hai donato. Ciao, Beppe, amico mio!
John
“Lasciamo sempre qualcosa di noi, quando ce ne andiamo da un posto. Restiamo lì anche quando siamo andati via.” (Treno di notte per Lisbona)
Un grande abbraccio a Romana, ai figli Simona con David, Enrico e Marco, ai nipoti Thomas, Michele, Pietro, Isabella e Stefano con la mamma Andrea, al fratello Giovanni, alle cognate e al cognato.
Nelle foto:
1) Beppe Lavo (grazie per la foto a Vittorio Zanetti)
2 e 3) Il giorno delle nozze con Romana, nel 1961 (un testimone è il maestro Ongaro)
4) Beppe sulle sue amate montagne (grazie al fratello Giovanni per le foto)