Il Carnevale che non c'è stato

Andare a Bagolino l’ultimo giorno di Carnevale, attraversare il paese ed incontrare per la strada non più di venti persone è un’esperienza indimenticabile.
Quasi - ma quasi - come quando il Carnevale si faceva e ti ritrovavi ad ammirare i colori sgargianti dei Balarì lanciati nelle ataviche danze accompagnate dai Sonadùr, oppure a temere il frugare sconcio anche se mai violento dei Mascher.

E’ stato detto da molti: nemmeno la guerra era riuscita a bloccare l’antico Carnevale bagosso. L’ha fatto il Covid-19, supportato dalle severe ordinanze comunali e prefettizie, restrittive quanto basta per evitare fraintendimenti e cariche di controlli annunciati.

Bagolino, e la sua frazione Ponte Caffaro dove la tradizione e la devozione al Carnevale sono identiche, ha dimostrato di aver ben compreso come sarebbe andata.
Così è capitato di vedere dei bimbi in maschera e non per questo causa di assembramento in molti centri valsabbini, ma lungo l’impluvio del Caffaro no: in giro per il paese, arrivati al martedì pomeriggio, non c’era un solo coriandolo abbandonato a terra.

Certo ha contribuito a soffocare sul nascere ogni velleità festaiola la decisione dei baristi tutti, presa in autonomia, di tener chiusi i locali a partire da domenica e fino a ieri sera.
«Senza la possibilità di servire alcolici, comunque al massimo fino alle 18, col rischio che durante i controlli dovessimo rispondere anche di ciò che accadeva fuori dall’uscio – ci ha detto uno di loro -, abbiamo preferito tirar giù la saracinesca».

Aperti invece i ristoranti e le trattorie (per i pranzi), che hanno lavorato bene soprattutto la domenica, ospitando gli appassionati della montagna che a frotte hanno raggiunto le nevi del Gaver e del Maniva.
Come se il Carnevale non esistesse però: bandite anche le musiche tradizionali in filodiffusione nei locali aperti o per la strada, per evitare di eccitare gli animi.

Evitato il peggio il sindaco Gianzeno Marca rilancia: «Dobbiamo far tesoro di quel che abbiamo dovuto sopportare quest’anno, anche per i prossimi anni, anche quando il Covid sarà un ricordo».

Il riferimento è all’abitudine di molti ragazzi, per lo più arrivati da fuori, che avevano preso Bagolino ed il suo Carnevale per una sorta di “porto franco” dove potersi dare impunemente agli eccessi.

«La situazione ci stava sfuggendo di mano e dovremo trovare il modo di contingentare le presenze, con una sorta accreditamento – afferma Marca -. Il nostro Carnevale deve tornare ad essere gioia e divertimento, ma senza sballo incontrollato».