«San Bernardo le prende, san Michele le rende»

Un'attività che non siamo più abituati a vedere, e che, come il gregge, dalla quotidianità sta transitando alla rarità.

Una volta era comune vedere la mandria passare fra le strade del paese e salire verso la montagna.
Dai pascoli pianeggianti, ci si spostava verso gli alpeggi estivi per sfruttare al meglio le risorse naturali, diversificare l'alimentazione del bestiame e sfuggire al caldo.

Oggi in molte regioni, come in Abruzzo o in Trentino, dove vi sono molti pastori, ma anche a Bagolino quando i mandriani fanno rientro dalle malghe, è diventata una sagra, un'attrazione turistica.

In passato invece si trattava di un'attività come un'altra nelle mansioni del contadino, che pensava a come trasferire gli animali e si avvaleva dell'aiuto della comunità rurale: i nuovi arrivati, impauriti e giovani, sui trattori, i capi branco davanti e gli accompagnatori muniti di corde e bastoni all'inizio, in centro e alla fine della fila, assicurandosi che le bestie non si smarrissero.

Transumanza deriva dal latino e letteralmente significa “attraversare il suolo”.
Precisamente, avviene in due momenti dell'anno: per sfuggire al caldo estivo si compie la monticazione e per rientrare in pianura prima del lungo inverno si ritorna verso il basso con la demonticazione.

Un'attività molto redditizia per l'Italia del XV secolo che sfamava moltissime famiglie e veniva direttamente gestita da specifiche istituzioni, nel centro Italia, dalla Regia Dogana della Mena e dalla Doganella d'Abruzzo che rispondevano al regno di Napoli.

Una tradizione cantata e descritta dai sommi poeti italiani, primo fra tutti Virgilio e più di recente Gabriele D'Annunzio, che scrisse «Settembre andiamo, è tempo di migrare».
Non solo nell'alta letteratura, la transumanza era molto presente nella tradizione orale e si tramandava attraverso canzoni e proverbi, uno su tutti, di origine valdostana “Le vacche, San Bernardo le prende, San Michele le rende”.