Un’emozione ambivalente

Il senso di colpa è un’emozione complessa, non è innata e, dunque, non è presente precocemente nello sviluppo.

Per sperimentare senso di colpa è necessario che siano acquisite alcune abilità cognitive; in particolare sono essenziali tre contenuti cognitivi: 1) una valutazione negativa del proprio comportamento come dannoso; 2) l’assunzione di responsabilità nei confronti del danno arrecato che comprende l’assunzione di averla causata direttamente o di aver avuto il potere di evitare che accadesse. La responsabilità può non essere obiettiva e ci si può ritenere responsabili anche di semplici desideri; 3) abbassamento della autostima morale in seguito ad una condivisione delle norme e dei valori in base ai quali si stabilisce che un comportamento è colpevole.

Altri due costituenti spesso ricorrenti sono l’identificazione e il coinvolgimento empatico con lo vittima e la spinta a riparare il danno che si crede aver fatto.

Dalle componenti sopra descritte si comprende come un bambino piccolo per esempio di due anni, difficilmente possa sperimentare senso di colpa verso le proprie azioni.

Ogni emozione può essere vista come un’emozione avente una funzione adattiva (lo abbiamo visto negli articoli precedenti sull’ansia e sulla gelosia); in particolare, lo scopo che persegue il senso di colpa è quello dell’equità; la sua funzione è infatti quella di ristabilire l’equilibrio tra colpevole e vittime.

Infatti la disposizione all’azione del senso di colpa è nella direzione del ristabilire un equilibrio; colui che si sente in colpa può dunque: reinterpretare il ruolo dell’altro come causa dunque accusare l’altro gettando discredito su di lui; può scusarsi per rifiutare o ridurre la propria responsabilità per il torto; può giustificarsi per contestare la valutazione negativa dell’azione; può riparare cercando di subire a sua volta il danno per risarcire moralmente il colpevole o può riparare attivamente il danno per riportare il danneggiato alla situazione iniziale.

Questa funzione è importante per il mantenimento di relazioni significative. Se non provassimo senso di colpa nel ferire le persone che amiamo, non saremmo indotti a chiedere scusa e a ricercare una riappacificazione. Il senso di colpa inoltre porta a evitare di commettere azioni nocive quali il rubare o far del male a qualcuno; si può dunque intuire come sia pericoloso il mancato sviluppo della capacità di provare senso di colpa e che ripercussioni possa avere sulle relazioni interpersonali e sul comportamento “morale”. In persone con disturbi di personalità antisociale pare non ci sia questo vissuto e dunque non ci sono freni alla propria libertà di azione, anche a danno degli altri.

Ci sono individui, invece, in cui l’esperienza del senso di colpa diventa purtroppo molto dolorosa e diventa problematica; ci si può sentire in colpa ogni volta che si pensa più al proprio bene che a quello dell’altro, per aver ricevuto più di un’altra persona nonostante non si sia desiderata questa preferenza o per non aver fatto il possibile affinché non accadesse un evento negativo sul quale d’altra parte non si avrebbe avuto molto controllo.

In alcuni disturbi psichiatrici il senso di colpa è un vissuto molto presente; chi soffre di Depressione, per esempio, prova un costante senso di colpa verso tutto e tutti, compresa se stessa.

Un libro molto interessante, un po’ complicato per i non addetti, sul tema del senso di colpa è “Sensi di colpa” di C. Castelfranchi, Ed. Giunti.

Dott.ssa Federica Bignotti
Psicologa - psicoterapeuta
Centro Pianeta Casa - Villanuova S/C
rampenaga@tiscali.it

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