11 Novembre 2012, 08.00
Valsabbia Vestone
Lettere

Pulizia etnica

«Caro Direttore, chiedo spazio sul suo giornale per parlare del dramma che sta attraversando il Tibet e la sua popolazione.


Da giorni a Rongwo, nel Tibet Orientale, le strade sono invase da migliaia di manifestanti tibetani che, sfidando la repressione della polizia cinese, espongono i ritratti del Dalai Lama e chiedono a gran voce la libertà (rangwang) e l’indipendenza (rangzen) per il proprio Paese.
Queste manifestazioni avvengono negli stessi giorni in cui, a Pechino, si celebra il XVIII Congresso nazionale del Partito comunista cinese.
 
In Tibet, in soli due giorni – il 7 e l’8 novembre – si sono bruciate vive sei persone: tre a Ngaba, due a Rebkong e una a Driru.
L’ultimo a uccidersi con il fuoco è stato Kalsang Jinpa, un giovane nomade di 18 anni. Prima di lui si era bruciata viva Tamdin Tso, una nomade ventitreenne madre di un bambino di cinque anni.
 
Sono ormai 70 i tibetani che si sono dati fuoco per protestare contro il regime cinese che, da 62 anni, opprime il popolo tibetano.
Non si era mai verificato, nella storia del mondo, che la disperazione e la volontà di lotta di un popolo oppresso si esprimesse in una maniera così drammatica, eroica e, nello steso tempo, nonviolenta.
 
Il governo della Repubblica popolare cinese, come sempre, ha risposto con arresti indiscriminati e le torture.
Il regime cinese è arrivato al punto di impedire la vendita del cherosene in tutto il Tibet e di fornire ai poliziotti rampini ed estintori per permettere loro di intervenire nel caso di tentativi di autoimmolazione.
 
L’Associazione Italia-Tibet denuncia con forza e con sdegno il complice e assordante silenzio dei governi occidentali e della stampa cosiddetta “libera”, entrambi sempre più proni nei confronti dell’arrogante nomenclatura cinese da sempre insensibile e chiusa a qualsiasi tentativo di risoluzione del grave problema tibetano.
 
L’Associazione Italia-Tibet chiede ai nostri governanti, alle nostre istituzioni, agli organi di stampa, alle associazioni per i diritti umani, ai sindacati e a tutta la società civile di non lasciare solo il Tibet in questo drammatico momento.
Chiede a tutti di mandare un messaggio di forte denuncia e di accusa ai vecchi e ai nuovi dirigenti comunisti cinesi perché sappiano che i loro rapporti economici, politici e umani risultano essere incompatibili con il resto del mondo civile se continuerà la feroce repressione in atto in Tibet contro ogni forma di libertà.

Claudio Cardelli, presidente Associazione Italia-Tibet
 
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Con sede a Vestone, ma attiva in tutta la Valle Sabbia c'è l'associazione "Amici del Tibet", che organizza eventi e momenti di sensibilizzazione al dramma che da diversi anni sta interessando questo antico e pacifico popolo.
 


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