Le varietà del verbo nuotare

Ancora una volta facciamo affidamento ai nostri ricordi fonici e orali, data l'assenza di un monolingue dialettale.

I nostri dialetti assomigliano a lingue antiche, dai suoni gutturali, come il tedesco, l'arabo o l'unno, ma suonano ancora più strani quando paragonati tra loro.
Parliamo del verbo nuotare e delle sue varie traduzioni, che ricordano tutti gli idiomi del mondo, fuorché l'italiano.
In questo caso il campanilismo dialettale diviene addirittura gretto, ma si scherza, s'intende.

In Valle Sabbia nuotare si dice nuà, o almeno così ho sempre sentito.
Suona come l'elfico e ricorda in effetti i suoni dell'acqua: la vocale aperta finale fa eco, come i cerchi concentrici di un sasso lanciato nello stagno.

I vicini della Valtrompia invece dicono ugà.
Un monosillabo che ricorda più un sistema di comunicazione primitivo che lo spostamento dell'acqua.
Pochi chilometri di distanza, una grande differenza lessicale e musicale. Nuà e Ugà sembra il titolo di una delle prime pellicole distribuite in Mongolia o in qualche nazione dell'Asia sud orientale.

In entrambi i casi comunque si tratta di due declinazioni dialettali non molto soddisfacenti, ma si sa, l'attività del nuoto non si confà particolarmente a noi valligiani.
Gli stagni, le pozze e i torrenti si attraversano in poche bracciate.